Buon Natale della crescita economica
Ieri il rito dei regali. Prima di quello la ressa per gli
acquisti di Natale, le code nelle Cattedrali della distribuzione organizzata
che hanno occupato le periferie delle grandi città. Il PIL che deve crescere e, con lui, il grafico che si impenna in un continuo aumento dei consumi. Non ci
dicono altro, non c’è una narrazione diversa da parte dei giornalisti, politici
ed economisti. Produrre e consumare. Non esiste altro. Nei bar, nei Social
network tutti a spiegare che bisogna fare investimenti per ottenere una
crescita dell’economia. Sono tutti sicuri di se, non hanno dubbi nemmeno i
giornalisti che hanno fatto una campagna violenta per affermare con certezza
che il governo italiano aveva messo in campo una manovra economica senza
investimenti per la crescita. E a queste certezze si sono piegati i governanti
di ieri e di oggi che appaiono marionette che si muovono in funzione di queste
certezze. Io voglio riflettere su tutto ciò, e per farlo, ho letto le parole che seguono:
“La società dei consumi riesce a rendere permanente la non
soddisfazione. Uno dei modi per ottenere tale effetto è denigrare e svalutare i
prodotti di consumo poco dopo averli lanciati, con la massima enfasi possibile,
nell’universo dei desideri dei consumatori. Ma un altro sistema, ancora più
efficace, agisce lontano dalla ribalta, e consiste nel soddisfare ogni
necessità/desiderio/bisogno in modo tale da non poter fare altro che dar vita a
nuove necessità/desideri/ bisogni.”
Zigmunt Bauman, Vita Liquida, Laterza, Bari, 2008, p.84
Quello che mette in luce Zigmunt Bauman fa emergere in me una
domanda.
A cosa serve il consumismo e l’economia di mercato? Come
vogliamo vivere? Vogliamo preservare “conservare” l'armonia nella convivenza sul patrimonio che
emerge nella collaborazione, vogliamo preservare “conservare” la creazione di
un progetto comune basato sul rispetto reciproco?
La domanda inizia con "a cosa" per una ragione
molto semplice. Perché se uno chiede, il consumismo e l’economia di mercato
attuale serve agli italiani? Uno sta ponendo la domanda partendo dal
presupposto che tutti capiscano cosa la domanda pone. Ma è vero? La nozione di
servire è una nozione relazionale; qualcosa è utile per qualcosa in relazione a
un desiderio, niente serve se stesso.
Fondamentalmente la domanda è: cosa
vogliamo dal consumismo e dall’economia di mercato?
Penso che non si possa
considerare alcuna questione sull'attività umana in termini di valore, utilità
o cosa si può ottenere da essa, se non si chiede cosa si vuole. Chiedersi se
serve il consumismo e l’economia di mercato richiede di rispondere a domande
come: come vogliamo il consumismo e l’economia di mercato? Cosa sono consumismo
ed economia di mercato? Cosa vogliamo dal consumismo e dall’economia di mercato?
E, in definitiva, la grande domanda: quale paese vogliamo?
Queste domande sono per tutti quelli che se le stanno
facendo la possibilità di riflettere sulla necessità che abbiamo di spogliarci di
ogni "certezza". Per superare i problemi che stanno facendo emergere
proteste in tutto il Mondo non si deve far altro che lavorare in modo
collaborativo, lasciandosi alle spalle il tradizionale concetto di leadership.
Quando si parla di gestione del cambiamento la riflessione
che dobbiamo fare è che dobbiamo partire dalle emozioni che guidano le nostre
azioni che sono l'incertezza e la voglia di controllare.
La certezza di fare qualche cosa porta alla volontà che
quella cosa venga fatta, e per ottenere da altre persone che si faccia quella cosa,
mettiamo in atto emozioni che portano all'autorità o alla leadership. Queste
emozioni cercano la resa della volontà degli altri per soddisfare i nostri
desideri ma, nello stesso tempo, possiamo osservare l’emergere negli altri del dolore
e del risentimento.
Se invece vogliamo che il compito sia svolto con impeccabilità
con la disponibilità di vedere e correggere gli errori, è importante agire
dall'emozione della co-ispirazione, affinché la collaborazione appaia nel benessere
dell'autonomia che comporta riflessione e azione.
Il biologo cileno Humbeto Maturana ritiene che "Il
nemico della riflessione è la certezza". Per guardare dove sono, devo
lasciare andare la mia certezza. Quando riflettiamo ci ritroveremo sempre in un
ambiente sensoriale, operativo e relazionale inaspettato in cui possiamo
scegliere ciò che vogliamo e vivere l'esperienza della libertà. Ma ciò è
possibile solo se lasciamo andare le nostre certezze ".
Maturana apre uno spazio di pensiero sistemico, che è
orientato all'ampliamento della comprensione della natura biologico-culturale
degli esseri umani. Esamina i regimi di autorità su cui sono state costruite le
organizzazioni fino ad ora per la ricerca dell'armonia tra gli obiettivi delle
aziende e il benessere delle persone che vi partecipano, una delle sue
affermazioni è che "La qualità del lavoro e la sua efficacia non dipendono
da un'autorità, ma dalla disposizione delle persone che lo eseguono".
Lo scopo fondamentale delle parole che precedono è quello di
creare uno spazio in cui quelli che desiderano parteciparvi realizzino contenuti,
conversazioni e riflessioni, finalizzate a valorizzare e sviluppare le capacità
nella loro qualità di persone che cercano costantemente di realizzare trasformazioni sostenibili
nel tempo, e che sono consapevoli che la persona è il centro di tutte le
faccende di una Comunità sia essa la Famiglia, il Comune, la Provincia, la
Regione, lo Stato o l’Universo Mondo.
Il consumismo e la richiesta di una crescita infinita dell’economia
è un problema etico, è un problema di responsabilità umana, e quindi è un
problema spirituale. È un problema che ha a che fare con il mondo in cui
vogliamo vivere, in cui vogliamo che i nostri figli vivano, è un problema del
nostro senso etico.
Antonio Bruno Ferro
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