Quell’emozione del sapere che vince la noia di Antonio ERRICO
Quell’emozione del sapere che vince la noia
di Antonio ERRICO
La nostalgia è un sentimento di una delicatezza estrema.
Qualche volta è una spina pungente e senza condono dice Giorgio Caproni;
qualche volta è un sollievo che il passato ci concede. È il tempo che si muove
dentro di noi in una battaglia all’ultimo respiro fra la memoria e l’oblio.
È il pensiero che ritorna e ripercorre le strade percorse e
in qualche modo restituisce gli sguardi che abbiamo rivolto alle creature che
erano in nostra compagnia e ai paesaggi che si aprivano intorno. Si può avere
nostalgia di molte cose e molte storie, dunque. È difficile, forse impossibile,
che non si abbia nostalgia di nulla. Almeno di un’emozione si deve avere
nostalgia.
Si può avere nostalgia di tutto, dunque. Anche del sapere.
Può essere giusto o sbagliato, ma accade anche che si abbia nostalgia di forme
e contenuti di un sapere passato, di certe cose che abbiamo conosciuto e che
non sono più nel modo in cui le conoscemmo, finanche di certe cose che non
abbiamo mai avuto possibilità di conoscere. Perché esiste anche una nostalgia
di quello che non è stato. Così dice Carmelo Bene nell’incipit di Sono apparso
alla Madonna: V’è una nostalgia delle cose che non ebbero mai un cominciamento.
Può essere giusto o sbagliato, ma esiste anche una nostalgia
del sapere. Forse, una volta, gli uomini hanno avuto nostalgia della loro
conoscenza di una Terra piatta. Forse questa conoscenza rendeva le cose molto
più facili, rendeva il pensiero molto più lineare. Poi arrivò qualcuno a dire
che non era vero. Così si sgretolò una delle più grandi certezze dell’umanità.
Si dovette cominciare a pensare in un modo completamente diverso da quello in
cui si era pensato fino a quel momento. Ma se quella conoscenza di una Terra
piatta fosse durata, non avremmo mai potuto neppure immaginare tante condizioni
che adesso ci sembrano assolutamente naturali.
Eppure gli uomini hanno avuto nostalgia di quella conoscenza
e rammarico per una conoscenza diversa, che la smentiva. Si può avere nostalgia
di un sapere passato, superato, archiviato. Può essere giusto o sbagliato.
Però, senza alcun dubbio sarebbe è - sbagliato non avere passione per il nuovo
sapere, oppure per le espressioni nuove di un sapere antico, per il suo
manifestarsi attraverso formule, combinazioni, costituzioni, lessico, sintassi
nuovi. È sbagliato non essere curiosi, forse anche attratti dai nuovi linguaggi
con cui si raccontano le storie, non lasciarsi coinvolgere dalle trasformazioni
dei sistemi e dei simboli culturali, non accostarsi anche cautamente, anche con
sospetto, con un po’ di diffidenza, con l’intenzione di verificare, anche con
un po’ di nostalgia a una teoria inedita, una inedita prassi, un metodo mai
usato prima, anche quando sembra che l’inedito scombini gli equilibri, che
metta a soqquadro gli assetti e l’ordine dei discorsi.
Ogni conoscenza nuova è energia nell’universo della cultura
e quindi dell’esistenza.
Basterebbe soltanto questa considerazione per motivare la
necessità di un appassionamento nei confronti di tutto quello che sopraggiunge
nelle strutture e nelle categorie della cultura e delle sue espressioni.
D’altra parte, appassionarsi è forse l’unica maniera per non
averne paura, o per non restare fermi a guardare senza capire, o per non
restarsene rinchiusi in un castello dove nessuno può venire a bussare per
raccontare com’è il tempo fuori, che cosa accade di bello e di brutto nel mondo
intorno.
Appassionarsi ad una conoscenza diversa o diversamente
proposta è un modo per non avvertire l’invecchiamento del proprio pensiero, per
non annoiarsi del proprio pensiero. Perché accade anche che i nostri pensieri
ci vengano a noia: pensare le stesse cose per tutta la vita, negli stessi
termini per tutta la vita, guardarle con i soliti occhiali, sotto la stessa
luce, vedere i soliti colori, può anche annoiare.
Appassionarsi di quello che c’è da imparare significa non
avere mai noia di quello che si è imparato, perché inevitabilmente l’appreso si
trasforma diventando nuovo oppure rinnovato. Emozionando ancora.
La conoscenza è anche un’emozione; forse soprattutto
un’emozione. Non dura mai a lungo un’emozione, per cui quella conoscenza che ci
ha emozionato la prima volta, può anche emozionarci una seconda, ma non di più.
Poi l’emozione ha bisogno dell’impulso di un’altra conoscenza.
Non c’è nessuno che una volta in un’aula di scuola non abbia
sentito un’emozione quando ha letto per intero la sua prima parola, quando la decifrazione
dei segni messi uno accanto all’altro ha prodotto un significato che ha
riconosciuto. Poi ha letto la seconda, la terza, ha letto dieci, cento, un
milione di parole, e forse certe volte ha sentito anche un’emozione. Ma non come
quella della prima volta, non così intensa da far venire il rossore sulle guance.
Era la stessa, invece, quando per la prima volta ha messo insieme i numeri e
mettendoli insieme ha scoperto un numero che non conosceva. È la diversità
della conoscenza che emoziona. L’età non cambia la sostanza.
Antonio Errico
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