Vincere! E vinceremo! Ma per fare cosa? SCRIVILO SUI MURI

 

Vincere! E vinceremo! Ma per fare cosa? SCRIVILO SUI MURI

PIERO IGNAZI, professore ordinario di Politica comparata dell'Università di Bologna, ha scritto un articolo pubblicato dal quotidiano DOMANI oggi 14 settembre 2023 in cui fa un ragionamento che dimostra l’assoluta infondatezza delle critiche alla dirigenza del Partito Democratico che, secondo appunto queste critiche, starebbe agendo in modo sbagliato perché non terrebbe nella giusta considerazione i tanti capi e capetti, ognuno con la sua visione e con la sua strategia. Il prof. Ignazi così conclude il suo ragionamento:

“La cosiddetta vocazione maggioritaria del Pd, intesa banalmente come la possibilità di diventare un grande partito, si può concretizzare solo con un profilo più netto, più deciso, non con la rincorsa a (numericamente) irrilevanti elettori centristi.”

Ho visto il film di Nanni Moretti. Ho riflettuto molto sulla frase finale scritta con lettere di colore bianco su sfondo rosso con la quale Moretti, noto ex comunista o per meglio dire noto comunista, perché mi sembra che sia ancora dell’avviso che si possa ottenere la realizzazione di quell’utopia, chiude il suo film dal titolo emblematico “IL SOLE DELL’AVVENIRE”.

La frase è la seguente:

“Da quel giorno il Partito comunista italiano si liberò dell'egemonia sovietica, realizzando in Italia l'utopia comunista di Karl Marx e Friedrich Engels, che ancora oggi ci rende tanto felici.”

A Nanni Moretti voglio scrivere una frase col cuore, nella speranza che la legga e comprenda, perché dopo aver visto il suo film sono consapevole dei sentimenti che nutre, e saperlo in quello stato mi ha profondamente rattristato, la frase è quella che segue:

Il passato è passato.

Non poteva essere niente di diverso.

Altrimenti lo sarebbe stato

Invece al Prof. Ignazi il cui ragionamento è finalizzato a dire a tutti “non disturbate il manovratore” perché HA TROVATO UN PERCORSO PER VINCERE LA GUERRA DELLE ELEZIONI E DISARCIONARE LA DESTRA DAL POTERE PER PRENDERNE IL POSTO, faccio la domanda che è sottointesa in tutto il film di Nanni Moretti. Una volta che il Partito Democratico conquisterà IL POTERE, Nanni Moretti in quanto comunista, ed io con lui in quanto uomo che non ha alcuna ideologia e che riflette, potremo scrivere su tutti i muri della città:

Da quel giorno il Partito democratico italiano si liberò dell'egemonia DELLA DESTRA, realizzando in Italia l'utopia comunista di Karl Marx e Friedrich Engels, che ancora oggi ci rende tanto felici.

Buona riflessione

La vocazione maggioritaria è una bufala usata solo per attaccare Schlein
L’espressione venne adottata negli anni di costruzione del Pd per indicare una prospettiva: conquistare la maggioranza dei consensi in un sistema elettorale maggioritario
PIERO IGNAZI
politologo
Il Pd di Elly Schlein viene tacciato
di non coltivare una “vocazione
maggioritaria”. Una accusa che
si fonda su una espressione
priva di senso. L’adozione di
questo termine sic et simpliciter
rivela una ricezione orecchiata e mal
compresa delle dinamiche
politico-elettorali di paesi con sistemi
elettorali maggioritari come gli Stati
Uniti e la Gran Bretagna. Questa
espressione venne adottata negli anni
di costruzione del Pd solo a scopo
esemplificativo, per indicare quale
prospettiva aveva il nuovo partito:
quella di conquistare la maggioranza
dei consensi in un sistema elettorale di
tipo maggioritario. Il problema era, e
rimane, come raggiungere tale
obiettivo. Che è tutt’altra questione.
Espunto dal contesto di allora,
l’espressione oggi perde di significato,
mentre a leggere le cronache politiche
sembra che vi siano partiti sia a
vocazione maggioritaria, sia a
vocazione minoritaria. Il ché suona
perlomeno bizzarro, per la semplice
ragione che ogni partito vuole essere
maggioritario, cioè grande e di
successo. Non esiste nei sistemi
democratici alcuna formazione che
non cerchi di aumentare il proprio
consenso. Una leadership che si
muovesse in senso contrario si
candiderebbe al suicidio perché,
sconfitta alla prova delle urne,
verrebbe disarcionata. Alcuni, memori
di lontane ere geologiche, forse
pensano ai partiti rivoluzionari
novecenteschi che dovevano coltivare
la purezza ideologica anche a scapito
di successi alle elezioni (della
democrazia borghese) perché
preparavano la spallata rivoluzionaria.
Ma queste sono pagine ingiallite della
storia senza alcun aggancio con la
realtà odierna.
L’inconsistenza analitica
dell’espressione vocazione
maggioritaria non frena però il suo
ripetuto uso e abuso. L’unico senso che
si può dare a tale termine fa
riferimento a una tendenza che i
partiti di massa hanno sperimentato
in tutta Europa dalla fine degli anni
Sessanta: la diminuzione del tasso di
ideologia e l’abbandono del
riferimento privilegiato ad una
componente sociale precisa (in
particolare la classe operaia o la
comunità dei fedeli) per diventare
partiti “pigliatutti”. Un processo,
protrattosi per decenni, che è stato
indotto due fattori socio-economici e
culturali di lungo periodo: il consenso
keynesiano postbellico per cui le
politiche economiche e il sistema di
welfare erano accettati da tutti, sia a
sinistra che a destra, e l’iniziale
processo di secolarizzazione.
Corollario politico-elettorale di quel
momento storico era la convergenza
dell’elettorato al centro e di
conseguenza la tendenza dei partiti a
convergere anch’essi per conquistare
l’elettore mediano. Quel mondo è
andato in pezzi da molto tempo, da
quando, tra l’altro, i partiti
moderati-borghesi si sono
radicalizzati verso destra e, in più,
sono sorte formazioni
radical-populiste ancora più a destra.
Per contrastare questa tendenza i
partiti della tradizione socialista in
senso lato si sono spostati anch’essi
verso il centro. In questo passaggio
però hanno perso l’anima, la loro
ragion d’essere, e con esse, i voti. La
crisi della sinistra in Europa è tutta
qui. Insistere ancora su uno
spostamento verso il centro perché
solo così un partito tornerebbe a
conquistare voti, esprime una
sorprendente arretratezza analitica. In
un contesto di sempre maggiore
polarizzazione politico-ideologica – in
Italia come nelle democrazie
occidentali - vince chi marca il proprio
territorio, chi definisce precise linee di
intervento, non chi annacqua la
propria identità (ammesso che ne
abbia una…). La cosiddetta vocazione
maggioritaria del Pd, intesa
banalmente come la possibilità di
diventare un grande partito, si può
concretizzare solo con un profilo più
netto, più deciso, non con la rincorsa a
(numericamente) irrilevanti elettori
centristi.
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