LA CONGREGAZIONE DI CARITA DI SAN CESARIO DI LECCE
LA CONGREGAZIONE DI CARITA DI SAN CESARIO DI LECCE
Congregazione di carità di San Cesario di Lecce poi Ente comunale di assistenza di San
Cesario di Lecce
Sede San Cesario di Lecce
profilo istituzionale Congregazione di carità (1862-1937) poi Ente comunale di
assistenza (ECA) (1937-)
Enti comunali di assistenza
(1623-1978) [ARCHIVIO DI STATO DI LECCE]
Proprio in quegli anni
(a San Cesario di Lecce 1862 n.d.r.) la
Congregazione di Carità, pressata da richieste sempre più numerose, aveva ulteriormente ristretto i titoli per
l’accesso alla pubblica beneficenza.
Così, invece di avventurarsi in coraggiose politiche
innovative e di riordino, la Congregazione preferiva controllare e utilizzare le consistenti
risorse economiche dei lasciti, ricorrendo all’elaborazione di ancora più
rigide griglie d’accesso alla beneficenza pubblica, in favore dei poveri.
Ciò le consentiva un forte controllo sociale che era
finalizzato al perpetuamento del potere della classe politica dominante di cui
la Congregazione di Carità era espressione.
Grave testimone dell’estrema povertà di quegli anni, diventa
ad esempio, la revisione del regolamento dei sorteggi per le vedove e le
zitelle. In base ad esso si stilava un elenco di venti vedove che dava la
priorità alle “vecchie, le storpie, le
ammalate e a quelle con famiglia numerosa”. Da esse dovevano essere tuttavia
immediatamente ed “espressamente escluse quelle che avessero figli maggiori di
anni 15 atti al lavoro e dai quali potessero essere alimentate”.
Analogamente veniva formato un elenco di venti zitelle in
ciò preferendo le maggiorenni e le più bisognose. Tuttavia, chiunque fosse
stata tanto sventurata da non essere “favorita dalla sorte per tre estrazioni
consecutive” perdeva ogni diritto al sorteggio, venendo cancellata dal
registro.
Titolo indispensabile per essere ammessi alla beneficenza e
all’assistenza era la nascita e la residenza nel comune di San Cesario, con
possibilità di deroga soltanto alle “esposte nate e battezzate altrove, purché
tenute a balia in questo paese” e purché “non vi fossero orfane da
sorteggiare”.
Al termine dei sorteggi, che avvenivano pubblicamente nella
Chiesa Matrice, si procedeva anche alla distribuzione delle elemosine - in
denaro, in viveri o in medicinali - agli iscritti negli elenchi dei poveri.
Brano tratto da La Storia della Società a cura di Ottorino
Forcignanò
Commenti
Posta un commento