Una vecchia intervista fatta a Salvatore Santo Comandante dei Vigili Urbani di San Cesario di Lecce


Un pezzo della storia di un paese continua a vivere nelle persone che in tali luoghi hanno agito, quotidianianamente, giorno dopo giorno, a lungo. E’ il caso del signor Salvatore Santo che ha iniziato la sua carriera di Comandante dei Vigili Urbani a San Cesario, nella metà degli anni Cinquanta, per concluderla con l’affacciarsi degli anni Novanta.
Mi accoglie nella sua casa con cordialità e quella misurata riservatezza frutto della sua esperienza e del ruolo ricoperto. Da quindici anni è costretto su una sedia a rotelle.
Signor Santo, com’era fare il vigile urbano di un piccolo comune cinquant’anni fa?
Fui assunto per fare il vigile in aggiunta all’unica unità che allora svolgeva servizio a San Cesario. A quel tempo i Vigili erano catalogati in Campestri e Rurali, in seguito le due figure furono unificate nel Corpo dei Vigili Urbani. I tempi sono cambiati, allora non era ancora predominante in questo lavoro l’aspetto della viabilità stradale, ma tutto il resto era a carico nostro. Le uniche autorità del Paese erano tre: il parroco, il Comandante dei Carabinieri e quello dei Vigili Urbani.
E lei come viveva questo ruolo?
Ho dedicato una vita al mio lavoro, cercando sempre di svolgerlo con scrupolo e correttezza. I rapporti con gli amministratori sono stati alterni, a volte positivi altre meno.
Com’era allora la vita cittadina?
Data la vicinanza alla città di Lecce, si viveva di attività prettamente impiegatizie, il resto della popolazione si adattava con mestieri di artigiano o venditore ambulante, con i proventi degli orti e dei cosiddetti “sciardini”. Esistevano anche numerosi esercizi commerciali, una cinquantina credo... Ricordo che l’aspetto più caratteristico del nostro paese era il numero dei forni privati che sorgevano in ogni rione: era un piacere sentirne i profumi e assistere all’uscita delle lunghe tavole in legno che accoglievano il pane caldo. La vita del Paese si svolgeva in modo tranquillo.
Cos’è cambiato maggiormente, secondo lei, nel nostro modo di vivere?
Credo che il paese oggi non sia paragonabile a quello dei miei tempi. è cambiato tutto, sotto tutti i punti di vista: negli stili di vita, nei valori, nelle abitudini, nelle attività economiche. C’è un aspetto che sicuramente è andato sempre più deteriorandosi nel tempo..ed è il senso civico, il rispetto delle autorità e delle Istituzioni. Oggi questo viene sempre di più a mancare, un esempio è la maleducazione stradale.
Cosa pensa a proposito del fatto che i Vigili urbani, a differenza delle altre Forze dell’Ordine, possano prestare servizio nello stesso luogo di residenza? Non crede che così vengano meno le condizioni per svolgere al meglio il loro lavoro?
Sono d’accordo con lei, nel modo più assoluto. Per mia esperienza posso dire che non è ottimale che un Vigile urbano svolga il suo lavoro nel luogo in cui vive, dove intrattiene relazioni personali, proprio per le implicazioni che questo comporta, per il ruolo di tutore della norma che svolge.
La sua disabilità lo ha costretto ad affrontare il mondo e la vita da un punto di vista diverso da quello a cui era abituato...
Sì, a questo proposito mi preme dire che non si tratta tanto di abbattere le barriere architettoniche, di cui tanto si parla e che pure esistono, quanto di acquisire tutti una cultura della disabilità. Mi spiego: se voglio usufruire del posto auto riservato ai disabili spesso non posso farlo perchè è occupato da chi non ne ha il diritto; se voglio entrare in Chiesa a volte non lo posso fare perchè si trova una macchina che mi impedisce il passaggio. Manca il riconoscimento della disabilità nei comportamenti quotidiani di ciascuno.
Ci può raccontare un fatto da ricordare... magari divertente?
La gente del paese un tempo era molto superstiziosa. Ad esempio si credeva alla presenza della “malumbra”, una specie di spirito di donna dall’aspetto sinistro che poteva aggirarsi tra i vivi.
Ricordo che una volta, su segnalazione di una guardia notturna, fui costretto ad appostarmi di notte, con un altro vigile, nei pressi del cimitero, dove una “malumbra” appunto, vista provenire dal centro del paese, si introduceva. In effetti ne aveva davvero l’aspetto, ma quando la fermammo scoprimmo che si trattava di una povera donna che di notte si recava al cimitero vestita a lutto per visitare un caro defunto. Potrei raccontarne tante altre di storie...

Sarebbe bello ascoltarne ancora, se non altro per riassaporare quel pizzico di ingenuità e di semplicità che faceva parte dei nostri nonni e che oggi ci fa sorridere ma che forse un po’ rimpiangiamo...

Fonte: http://blog.libero.it/largutelupalazzu/4804487.html

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