Attribuita a Gaetano Patalano La Madonna del Carro (1699) per San Cesario di Lecce
Attribuita a Gaetano Patalano La Madonna del Carro (1699) per
San Cesario di Lecce
di Isabella Di Liddo
Gaetano Patalano, Madonna del Carro (documentata, 1699). | Lecce, Museo provinciale "Sigismondo Castromediano" |
L’analisi della circolazione della scultura in legno
policroma in età barocca tra Napoli, Puglia e Spagna sta evidenziando sempre
più l’intenso scambio di opere d’arte nel Mediterraneo occidentale (Il presente
contributo è parte del volume I. Di Liddo, La circolazione della scultura lignea
barocca nel Mediterraneo: Napoli, la Puglia e la Spagna. Una indagine comparata
sul ruolo delle botteghe: Nicola Salzillo, De Luca Editori d’Arte, Roma, 2008).
Luoghi di scambio e di approdo delle sculture sono i porti di
Napoli, della Puglia (Gallipoli), di Genova, di Cagliari e della Spagna (Alicante,
Valencia, Cartagena e Cadice) [ I. Di Liddo, Nicola Salzillo entre Nápoles y
España. Un entramado de relaciones entre talleres, in C. Belda Navarro (a cura di),
Salzillo,testigo de un siglo, catalogo exposición (2 marzo-31 luglio 2007,
museo Salzillo, iglesia de Jesus, iglesia de S. Andres, Murcia), Murcia, 2007,
pp. 154-169; I.Di Liddo, La cappella maggiore della cattedrale di Santiago de
Compostela: un esempio di influenza berniniana in Spagna, in F. Abbate (a cura
di), Interventi sulla «questione meridionale». Saggi di storia dell’arte, Ed.
Donzelli, Roma 2005 pp. 201-203; I. Di Liddo, Da Jacopo Gambino a José Gambino,
scultore a Santiago de Compostela (Spagna), in F. Abbate (a cura di) Ottant’anni
di un Maestro. Omaggio a Ferdinando Bologna, Ed. Paparo, Napoli 2006, pp.
435-443].
Nell’ottica di tali scambi emerge il ruolo importante di
alcune botteghe napoletane tra Sei-Settecento protagoniste nella produzione di
manufatti lignei di altissima qualità che venivano inviate in Spagna e in tutto
il Regno meridionale.
Particolarmente proficua è risultata la consultazione di
fedi di credito e di pagamento effettuata presso l’Archivio storico del Banco
di Napoli (Ringrazio il direttore dell’Archivio Storico del Banco di Napoli,
dott. Edoardo Nappi, e il dott. Elio Catello per la disponibilità e i suggerimenti
fornitomi durante i cinque mesi di studio presso l’Archivio a Napoli). La pubblicazione
delle polizze rivela l’apporto dato dalle botteghe napoletane allo sviluppo
della statuaria lignea tra Sei-Settecento a Napoli, in Spagna e nel
Mezzogiorno.
Alla fine del Seicento si distingue l’operosa bottega dei
fratelli Aniello e Michele Perrone con al seguito numerosi apprendisti, tra cui
si annoverano Nicola Salzillo, unico scultore della cerchia trasferitosi nella
città spagnola di Murcia, dove apre un’importante bottega (dal 1699 al 1727) e
Gaetano Patalano. Proprio al Patalano è stata recentemente assegnata la Madonna
del Carro in legno policroma oggipresente al Museo provinciale Castromediano di
Lecce, un tempo attribuita a Nicola Fumo.
Gaetano Patalano - Immacolata | (documentata 1692) | Lecce, Chiesa di Santa Chiara |
Considerato dal De Dominici il miglior allievo di Aniello
Perrone, la sua produzione vanta un corpus di opere ancora esiguo, a fronte
delle testimonianze che ci riferiscono delle numerose opere che egli fece
«unite a quelle di Pietro Suo fratello, e per varie chiese del Regno mandaron
loro lavori» (B. De Dominici, Vite de’ pittori, scultori ed architetti
napoletani, voll I-II, Napoli 1742-45, rist. an., Sala Bolognese, 1979, p.191).
In particolare in Puglia si conservano quattro sculture
documentate, tutte nella città di Lecce: un San Matteo e l’angelo (datato 1691)
in san Matteo, una Immacolata (documentata 1692) un San Gaetano Thiene (1692),
un San Pietro d’Alcantara (1692) nella chiesa di S. Chiara [R. Casciaro, La
scultura, in A. Cassiano (a cura di), Barocco a Lecce e nel Salento, cat. Mostra
(Lecce, museo provinciale 8 aprile-30 agosto 1995) Roma 1995, pp.143- 169; GG.
Borrelli, Gaetano Patalano, in Civiltà del Seicento a Napoli, cat. Mostra (Napoli,
Museo di Capodimonte 24 ottobre 1984-14 aprile 1985, museo Pignatelli 6
dicembre 1984-14 aprile 1985), Napoli 1984, pp. 223-225; GG. Borrelli, Sculture
in legno di età barocca in Basilicata, Napoli 2005, doc. 60, p.112). A questo esiguo corpus si aggiunge la Madonna del Carro, grazie al
ritrovamento di una polizza, datata 31 marzo 1699, reperita da chi scrive
presso l’Archivio Storico del Banco di Napoli: «A Francesco Marulli ducati
quaranta, e per lui a Gaetano Patalano, statuario, per farene una statua della Madonna
Santissima del Carro secondo il convenuto con D. Giovanni Battista Oricelli
della città di Lecce, in qualità del disegno, al medesimo trasmesso, e per lui
a Nicola Garofano» (Monte e Banco della Pietà, giornale copia polizze di cassa
1699, matr. 1069, 31 marzo).
L’opera proviene dalla chiesa matrice di San Cesario, vicino
Lecce, ed è stata collocata nel Museo Provinciale Castromediano di Lecce alcuni
anni dopo il restauro.
Dalla lettura della polizza emerge che il committente fu
Francesco Marulli che paga 40 ducati a Gaetano Patalano per la statua della
Madonna Santissima del Carro in qualità del disegno che lo stesso Gaetano aveva
inviato precedentemente a Giovan Battista Oricelli. Francesco Marulli, in
questo momento storico, è una delle personalità più importanti di San Cesario,
membro dell’antica e nobile famiglia dei Marulli, duchi del feudo di Frisa in
Abruzzo, detentori di numerosi titoli e dal 1681 Duchi di San Cesario (R. Poso,
I feudatari di San Cesario, in San Cesario Storia, arte e architettura, Galatina
1981, pp. 258-264).
I Marulli arrivano a San Cesario già dieci anni prima, nel
1671, quando Giuseppe compra la parte del feudo di San Cesario da Florenzia
Vaaz de Andrada, intraprendendo i lavori di ampliamento del palazzo ducale (la nuova
ala destra) con la realizzazione dei saloni e del nuovo cortile (R. Bozza,
Evoluzione e caratteri della forma urbana di San Cesario, in San Cesario Storia,
arte e architettura, Galatina1981, p. 9).
Questi anni sono fondamentali per la città di San Cesario:
infatti dal 1623 iniziano i lavori relativi alla costruzione della nuova Chiesa
Matrice (situata di fronte al Palazzo ducale e sorta sulla cappelletta di S.
Maria delle Grazie) col nuovo titolo di Santa Maria del Carro. Pertanto sin
dalla sua fondazione, la nuova chiesa matrice di S. Cesario fu dedicata alla
Madonna del Carro. A conferma di ciò, più tardi, nel 1641 Mons. Pappacoda,
negli Acta Primae visitationis oppidi sancti Cesari, riferisce che la chiesa
Matrice è “sub titolo Sanctae Mariae de Carru” e che alle spese della Cappella
provvede la Confraternita del SS. Sacramento. Riguardo alle suppellettili, il
Pappacoda riferisce che è presente un affresco dedicato alla Madonna del Carro
in cornice di legno e pietra elegantemente scolpito (F. DeLuca, La prima visita
pastorale in San Cesario, in San Cesario Storia, arte e architettura, Galatina
1981, p. 233).
Sono le fonti del Settecento che riferiscono della scultura
della Madonna del Carro nella Chiesa Matrice, infatti la presenza della
scultura in chiesa è segnalata nelle due Visite di Mons Alonzo Sozy Carafa, nel
1753 e nel 1763, e in una Platea del 1760.
Quest’ultima, conservata nell’Archivio Parrocchiale di San
Cesario, ricorda che il titolo S. Maria del Carro dato alla nuova Chiesa
Matrice fu voluto per «l’avvenuto miracolo di essa rimasto illeso un nostro
paesano, dal passargli da sopra un carro carico, all’invocazione di M. a SS.a
perlocchè la nuova Chiesa Madre eretta rimpetto al Palazzo Ducale fu sotto il
Titolo della Vergine del Carro, e se ne fece un simulacro che fu collocato sul
ciborio dell’altare maggiore» (F. DeLuca, La prima visita pastorale in San
Cesario, in San Cesario Storia, arte e architettura, Galatina 1981, p. 233).
Riguardo invece alla due Sante Visite di Mons. Alonzo Sozy
Carafa, una, quella del 1763, si limita segnalare la presenza di una statua in
legno della Vergine Maria col Bambino collocata sull’altare, l’altra del 1753,
molto più interessante perché ci fornisce una dettagliata descrizione: «istar
cursus variis simulacris angelo rum praedita, variasque cordulas seiceas cum
flosculi rubri coloris minibus detinentibus» (F. DeLuca, La prima visita pastorale
in San Cesario, in San Cesario Storia, arte e architettura, Galatina 1981, p.
220).
La monumentale scultura (alta metri 1,80) presenta la Madonna
seduta su un enorme carro, finemente intagliato, con una grande conchiglia che
le fa da schienale, mentre l’articolato movimento degli angeli, collocati ai
piedi della Madonna attorno ad una nuvola, simulano il traino del carro. Gli
angeli sostenevano tra le mani cordoni di seta rosso, oggi non più visibili.
La presenza di altre opere di Gaetano Patalano a Lecce, come
abbiamo visto, e la sua rinomata fama (De Dominici) costituiscono probabilmente
il tramite per il quale Francesco Marulli, per conto dell’Oricelli, decide di
commissionare la scultura al Patalano. La stessa Madonna del Carro richiama,
nel volto, fortemente ieratico, un modello stilistico dell’artista già
sperimentato a Lecce, come può emergere dal confronto con il volto
dell’Immacolata in S. Chiara.
Appare evidente che questo modello iconografico trovi riferimento
nel Trionfo di Galatea, e che questa straordinaria iconografia è forse destinata
qui, per la prima volta, ad un soggetto religioso. Ciò mostra il bagaglio
culturale del Patalano che spazia anche nei temi generalmente espressi nei
dipinti. Sottolineava già il De Dominici che i Patalano acquistarono «buon nome
appresso gli amatori delle belle arti del disegno»; pertanto l’esercizio del
disegno, com’è noto, costituiva l’anello di congiunzione con la pittura (L.
Gaeta, Pittori e scultori a Napoli tra ‘600 e ‘700: tracce di un’intesa, in
«Kronos». Studi per Gino Rizzo, n. 10, 2006, pp.139-156). Nella polizza,
infatti, viene ribadito che la scultura deve essere fedele al disegno che lo
stesso Gaetano aveva precedentemente inviato. Pertanto il confronto con il
Trionfo di Galatea di Luca Giordano appare plausibile e immediato. L’opera del Giordano,
eseguita per Firenze ( L. Martino, Scheda Paolo de Matteis, in Civiltà del
Seicento a Napoli, Napoli 1984, p. 246), costituisce un precedente iconografico
di numerosissimi Trionfi di Galatea prodotti da altri giordaneschi, tra cui Paolo
de Matteis.
Luca Giordano e Paolo de Matteis non appaiono estranei all’ambiente
di Gaetano Patalano, non solo perché i rapporti dovevano essere personali, in
quanto due figlie dello scultore Michele Perrone sposano, una, Paolo de Matteis,
e l’altra Giovan Battista Lama, quest’ultimo discepolo di Paolo de Matteis e
poi di Luca Giordano(B. De Dominici 1742-45, op.cit, p. 390).
Emergono anche attraverso i rapporti familiari di questi scultori
quegli intrecci artistici che ci permettono di rileggere la scultura lignea
napoletana in rapporto alla pittura.
Ritengo utile anche sottolineare che la Madonna del Carro,
oltre all’immediato confronto con le opere coeve di Luca Giordano e Paolo de
Matteis, rimanda nella sua classicità di impostazione alla Galatea di Raffaello
alla Farnesina. Colpisce l’analogo motivo gigantesco della conchiglia, qui però
ai piedi della dea (come cocchio marino) e soprattutto gli analoghi puttini
alla base del carro.
Se sulla Galatea di Raffaello sono evidenti i cordoni (per trascinare
il carro) legati ai delfini, analogamente possiamo cogliere il motivo dei pugni
socchiusi delle manine dei putti (sorreggenti la Madonna del Carro).
L’idea della conchiglia è un elemento classico che trasmigra
dal profano al sacro: legata tradizionalmente alla condizione acquatica, la
conchiglia diviene via via - passando dal mito antico alla concezione cristiana
- simbolo di nascita (generazione di Venere dalla spuma del mare), di maternità
(identificandosi col sesso femminile: si pensi all’ambivalenza del termine
latino concha) e infine di santificazione e di resurrezione (vedi l’uso paleocristiano
di inserire i ritratti entro le conchiglie, che rimanda alla assimilazione
della conchiglia alla tomba che rinchiuderebbe l’uomo nel tempo che va dalla
morte alla resurrezione) [M . Fagiolo, Simbolismo della conchiglia, in V.
Cazzato, M. Fagiolo, M.Pasculli Ferrara, Atlante del Barocco in Italia Terra di
Bari e Capitanata, de Luca editori d’Arte, Roma 1996, p. 421].
Un’interessante iconografia della Madonna entro la conchiglia
è presente nella lunetta del portale della chiesa di S. Domenico di Andria. Tale
iconografia sembra saldare la Grande Madre di Dio col mito di Venere (intesa
come divinità materna e assimilata alla natura Generante), e insieme visualizza
il simbolo della Madonna come conchiglia che custodisce nel suo seno la perla
del figlio di Dio: «Si allieti il mare del mondo, perché in lui è prodotta una conchiglia,
la quale concepirà nel seno il celeste raggio della divinità, e darà alla luce
Cristo, pietra preziosissima», scrive ad esempio San Giovanni Damasceno.
Importante, dunque, la formazione di Gaetano Patalano che trova (grazie al
ritrovamento del documento) pregevole esplicitazione nella Madonna del Carro,
opera che oggi si può aggiungere al piccolo corpus di opere certe. Lo stesso Fagiolo
segnala questa bella scultura «che nel segno degli Elementi scandisce il contrasto
fra la solennità della posa della Madre (quasi Cibale, dea della Terra) e
l’incedere del carro trionfale (la conchiglia appare in sintonia con i carri
acquatici di Nettuno e di Venere), portato in area dagli angeli non senza reminiscenza
di fuoco che aveva rapito Elia in cielo» [M. Fagiolo, Presentazione, in R.
Casciaro, A. Cassiano (a cura di), Sculture di età barocca tra Terra d’Otranto,
Napoli e Spagna, cat. Mostra (Lecce, chiesa di S. Francesco alla Scarpa 16 dicembre-28
maggio 2008), Roma 2007, p. 11]
Fonti:
- Isabella di Liddo, La circolazione della scultura lignea
barocca nel Mediterraneo. Napoli, la Puglia e la Spagna. Un'indagine comparata
sul ruolo delle botteghe: Nicola Salzillo, De Luca Editori, dicembre 2008.
- Sito internet
in La Rassegna
d'Ischia 5/2010
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