Il gioco coi boccioli di papavero comune o rosolaccio (Papaver rhoeas L.)


Il fatto è che nella memoria ci sono dati che riemergono nel momento stesso in cui qualcosa percepito dagli occhi, dalle orecchie, dal naso, dal gusto o dal tatto passando da neurone a neurone, sotto forma di elettricità, arrivano al mio cervello.

Questa volta è stato per quel rosso del papavero. L’avete visto quel rosso in questi giorni, gocce rosse nel verde del grano o dell’orzo, gocce rosse nel verde dell’avena selvatica e sotto gli oliveti.
Mi sono venute in mente le parole che scrissi sei anni fa, nel 2010 che sono quelle che seguono:
“E come non raccontarvi del Papavero pugliese (Papaver apulum Ten.) che si distingue per i petali scarlatto rosei con macula scura basale. […..]  grandi distese di papaveri rossi che si possono ancora notare in tutta la penisola e, tra questi, c'è anche il rosa del papavero pugliese.
[……..] Quegli stessi papaveri della mia infanzia a San Cesario di Lecce, quando li raccoglievamo ancora chiusi nelle brattee e poi, uno di fronte all'altro, mettevamo il bocciolo tra il dito pollice e medio e facevamo una pressione che faceva scorrere le brattee e poi, suspense(è un particolare sentimento di incertezza e ansietà verso i risultati di determinate azioni) …...apparivano i petali del bocciolo!


Il gioco consisteva nell'indovinare il colore del bocciolo di papavero prima liberarlo dalle brattee. Ricordo perfettamente che nella maggior parte dei casi i petali erano di colore rosso ma i boccioli potevano essere anche bianchi o rosa.
Chissà se i bambini del 2010 giocano a raccogliere boccioli di papaveri? Voi che dite? Lo fanno ancora? E se vi è venuta voglia di farlo, fatelo l'anno prossimo, fatelo con i vostri, perché è così che si conquista l'eternità, nella memoria dei gesti semplici che ci vengono insegnati!”
Io mi chiedo se in questi anni qualcuno l’abbia fatto. A ben pensarci quel gioco con i boccioli di papavero me l’ha insegnato una compagna di scuola. Una femminuccia. Mi ricordo bene chi fosse ma non lo dico perché non le ho chiesto il permesso. Io le chiesi cosa si vincesse, lei non capì. Glielo ripetei: “cosa vinco se indovino il colore?”.
Si aprì in un sorriso e mi rispose con semplicità: “Nulla di nulla”.
Solo una donna poteva dirmi la verità sorridendo e, soprattutto, senza spiegare. E sapete perché? Perché se non l’hai capito da solo, non lo capirai nemmeno se te lo spiega qualcun altro e, quindi, non me lo spiegò.
Sono comunque d’accordo con l’affermazione perentoria di Gesualdo Bufalino in  Bluff di parole del 1994 “Mi è impossibile amare una donna che non mi ami. Potrei esserle amico, ma niente di più. Ogni donna che non mi ama è un uomo”. E in quel caso era appunto una ragazzina che non mi amava.

Solo adesso so che si fanno le cose e basta. Puoi farlo? Ti fa piacere farlo? E allora fallo! E io lo faccio.




















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