L’USO DEL POTERE È ESCLUSIONE DEI VINTI E SOTTOMISSIONE DI TUTTI GLI ALTRI

 

L’USO DEL POTERE È ESCLUSIONE DEI VINTI E SOTTOMISSIONE DI TUTTI GLI ALTRI

Nadia Urbinati che è titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York, nel suo articolo pubblicato sul quotidiano DOMANI di oggi 16 giugno 2023, ha descritto IL POTERE. La frase scritta dalla Prof.ssa Urbinati che è mia opinione sintetizzi più di ogni altra la descrizione del potere è quella che segue:

<<quel “bunga bunga” che è diventato una categoria usata a identificare l'uso improprio del potere nella forma definita da Giovanni Sartori come “sultanato”>>

Premetto che sono completamente d’accordo con la Prof.ssa Urbinati su questa distinzione del potere. Soprattutto ci sono due parole utilizzate dalla Prof.ssa Urbinati che mi hanno fatto RIFLETTERE MOLTISSIMO che sono “USO IMPROPRIO”.

Quindi ne consegue che, secondo la Prof.ssa Urbinati Silvio Berlusconi ovvero il personaggio pubblico oggetto delle sue osservazioni, ha avuto un modo di esercitare il potere in contrasto con le qualità richieste da un impiego determinato ed opportuno.

L’altra osservazione che faccio sullo scritto della Prof.ssa Urbinati, è che manca il termine di paragone dal quale io possa distinguere invece una donna o un uomo che hanno esercitato IL POTERE con le qualità richieste da un impiego determinato ed opportuno.

Chi è la donna o l’uomo di potere italiano che al contrario di ciò che ha fatto lo scomparso Silvio Berlusconi ha esercitato il potere con le qualità richieste da un impiego determinato ed opportuno?

Mi spingo oltre e affronto l’ipotesi che nessuna delle donne e nessuno degli uomini che hanno esercitato il potere in ITALIA l’abbiano fatto con le qualità richieste da un impiego determinato ed opportuno.

In tale ipotesi chiedo alla Prof.ssa Urbinati quali sono secondo lei le qualità richieste ad una donna o un uomo che abbia conquistato il potere in conseguenza di una competizione per osservare un impiego determinato ed opportuno del potere da loro conquistato?

Le mie domande sono retoriche. Voglio dire che per gli studi che ho fatto e per le mie osservazioni, chi ha il potere dopo aver vinto una competizione, esclude gli altri contendenti e sottomette il resto della compagnia bella, QUESTO È L’USO DEL POTERE, questo è il determinato impiego del potere.

Che questo USO DEL POTERE sia opportuno dal punto di vista di chi l’ha conquistato è fuor di dubbio. Ma è altrettanto pacifico che a chi ha perso non piaccia essere escluso, e che a tutto il resto della popolazione non piace il fatto che debba sottomettersi A CHI HA CONQUISTATO IL POTERE.

Infine per completare, la domanda sorge spontanea:

"Qual è la via alternativa alla competizione?"

La risposta è “la collaborazione”. Per le mie osservazioni se sopprimi la competizione appare in modo spontaneo la collaborazione.

Naturalmente, la collaborazione tra tutti. Perché nel momento in cui io sopprimo la competizione, non sono più concentrato sull'essere migliore dell'altro. Posso guardare a quello che fa l'altro e imparare da lui o da lei e l'altro può guardare quello che sto facendo perché non è in competizione con me così come io non sono in competizione con lui.

Quindi cosa appare, cosa emerge se abbandono la competizione? Emerge la possibilità di fare qualcosa insieme. Emerge la collaborazione. In quale spazio? In qualunque cosa si intende fare perché corrisponde alla situazione in cui ci troviamo. Se sospendi la competizione, appare la collaborazione.

Dai miei studi e dalle mie osservazioni tutte le persone che hanno esercitato il potere l’hanno fatto escludendo i vinti e sottomettendo tutti gli altri. Per questo motivo L’USO DEL POTERE dello scomparso Silvio Berlusconi è IDENTICO ALL’USO DEL POTERE DI CHIUQUE altro lo abbia conquistato e di quelli che lo hanno conquistato e lo esercitano oggi.

Buona riflessione

CANTARE NEL CORO
L’ Info-autarchia su Berlusconi ci allontana dall'occidente
NADIA URBINATI politologo
'Italia sperimenta una nuova forma di autarchia 'Info autarchia. L’informazione su carta e radiotelevisiva ci ha per giorni propinato immagini e parole sul mito/eroe/santo/rivoluzionario Silvio Berlusconi. Colui che si è sacrificato per noi tutti scendendo in politica per salvarci dal comunismo. Con poche eccezioni, pochissime questa immagine irregimentata ha mostrato al mondo un paese isolato. L'Italia vista e rappresentata da dentro e l'Italia vista e rappresentata da fuori sono come due pianeti. L'Italia più vicina alla realtà è certamente la seconda. Non vi è quotidiano straniero, perlomeno nei paesi democratici o cosiddetti occidentali, che non ricordi di Berlusconi quel che da noi non si ricorda le ragioni che lo hanno catapultato sulla scena politica (prosaicamente il salvataggio della propria azienda): il servizio disonorevole che ha reso alla cosa pubblica, alla legge, al senso della decenza politica, il mercimonio delle funzioni pubbliche in cambio di favori sessuali: quel “bunga bunga” che è diventato una categoria usata a identificare l'uso improprio del potere nella forma definita da Giovanni Sartori come 'sultanato'. Il Berlusconi di casa nostra è un'altra persona. È l'eroe del liberalismo, il liquidatore del moralismo, colui che ci ha portato una boccata d'aria fresca liberandoci dalle ideologie partitiche, slegando il discorso pubblico dal giudizio etico per legarlo a quello estetico, come spiegò Alessandro Pizzorso. Tanto docile lettura compromette perfino l'interpretazione dell'omelia tenuta del vescovo di Milano — che ci ha ricordato il significato della Città di Dio di Agostino. rappresentando Berlusconi come una persona che ha conosciuto solo i valori della -città dell'uomo' e con essi si presenta al cospetto di Dio. Una brillante analisi impietosa di una vita non cristiana Ma pochi hanno compreso. Dunque, la politica come affare è un segno di emancipazione, le beghe giudiziarie sono state persecuzioni; l'onestà fiscale un'idiozia da fessi; il duopolio televisivo un vero “pluralismo”. Un mondo rovesciato, orwelliano. regalatoci da colui che doveva liberarci dal comunismo, e che ha posizionato il nostro paese tra gli ultimi nella classifica delle democrazie. A completamento giunge il coro istituzionale che traduce ogni opinione critica in “odio”. Attenzione: d'ora in poi chi dice “bau” invece di “miao” rischia di essere bullizzato come violento. Cantare nel coro: questa è la norma della info-autarchia. E il parlamento è un’indicazione simbolica, offerto, appunto, come corpo sacrificale. In un coro di silenzi, a comprova del potere dell'info-autarchia.

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