Canto in lingua leccese

 

Canto in lingua leccese


Uomini come Bruno Petrachi rappresentano la nostra leccesità. Non si tratta di salentinità, si tratta di essere leccesi dalla punta dei piedi alla punta dei capelli.

Lecce è Lecce e tuttu lu restu ete te paise. Chi non se l’è sentito dire quando andavamo a scuola quel “sinti te paise” che ci sorprendeva e che ci risultava incomprensibile.

Ebbene per capire la leccesità bisogna ascoltare Bruno Petrachi che la interpreta con i sentimenti, le passioni e gli ardori del leccese.

Non si può che rimanere sbalorditi di fronte alle espressioni che descrivono i sentimenti che ci accomunano e che ci rendono così come siamo.

Ci trovano belli perché “simu leccesi core presciatu” come scriveva Menotti Corallo che era sconosciuto ai più sino a quando Bruno Petrachi non ha cantato “Arcu te pratu” in tutte le piazze della provincia, ma soprattutto a CHIAZZA SANTU RONZU, il mercato del vino e dell’olio, il centro commerciale di una Lecce che non c’è più.

Dicevo a un ammiratore come me di Bruno Petrachi che lui rappresenta COSE TROPPO GRANDI PER NOI e soprattutto troppo grandi per chi non percepisce la sua partecipazione convinta alla leccesità, come chi si sente “TE PAISE” nel senso di una difficoltà a coordinarsi con la leccesità, con la grandiosità di una città che nulla ha a che fare con il suo circondario se non per una somiglianza della lingua.

Chi come me, per vicinanza geografica e per amicizie, ha vissuto più a Lecce che “ALLU PAISE”, si sente leccese e vive la difficoltà di coordinamento con quelli che sono affetti da un provincialismo estremista, “ca stannu sulu allu paise” e che sperano nel coordinamento con le persone che vivono “sulu allu paise”.

Ecco questi ultimi Bruno Petrachi non lo frequentano, probabilmente non sanno proprio chi sia. Io ci sono incappato per avventura e per curiosità. Oggi ho cantato “TE OGGHIU BENE” e mi sono emozionato.

Bruno Petrachi è un uomo che è LECCE, così come lo era Franco Jurlano che non per niente era amico suo. Ecco Bruno e Franco sono LECCE, quello che conquista la serie A, che coinvolge “QUIDDRHI TE PAISE” pur restando LECCE – LECCE, come accadeva quando si avvicinavano e chiedevano. “Ma tie dde ddu sinti?” e io rispondevo “jeu su de Lecce!” e lui incalzava: “Ma Lecce – Lecce?” ed io “si Lecce – Lecce” e dentro di me mi consolavo dicendomi”ca tantu san Cisariu a 5 chilometri stae e nnui sciamu a Lecce cu cattamu qualunque cosa”.

E tie, te ddu sinti?

Buona riflessione

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