PESCE D’APRILE

 

PESCE D’APRILE

«Ai trasformatori il potere serve perché è il principale strumento della politica. Per i trasformisti è la politica a essere strumento del potere». Antonio Funiciello, Leader per forza (Rizzoli):

Quando uno è stato nelle sagrestie, a contatto con il potere che vive ed impera da oltre 2mila anni, con i preti che se lo passano di mano, con i preti che il potere se lo coccolano e lo conservano per quando saranno costretti ad abbandonarlo, dicevo il chierichetto, il ragazzetto della parrocchietta, non vede altro che il potere e poi il potere e poi ancora IL POTERE.

Marco Damilano è un giornalista che vede solo IL POTERE e pensa che “QUELLI DI SINISTRA BUONI”, non quelli di sinistra che sono spudoratamente sacerdoti del potere, quelli di sinistra che dicono di avere I VALORI E GLI IDEALI, sono belli, intelligenti ed onesti, mentre tutti gli altri SONO BRUTTI SPORCHI E CATTIVI.

E non s’è convinto nemmeno dopo 30 di potere della sinistra che non è questione di uomini né di ideologia. MARCO DAMILANO NON E’ CONSAPEVOLE CHE LA QUESTIONE E’ SQUISITAMENTE CULTURALE.

Adesso QUESTO GIORNALISTA INSIEME A TUTTI I DISPERATI SACERDOTI E PRELATI DELLA SINISTRA scarica addosso alla povera Elly Schlein una serie di RICORDI DEL PASSATO CHE COME DICEVA GINO BARTALI GLI E’ TUTTO SBAGLIATO GLI E’ TUTTO DA RIFARE.

Ma la povera Signora Elly Schlein perché dovrebbe riuscire nell’impresa che tutti gli altri hanno fallito? Perché Marco Damilano non la fa lui l’impresa?

Non è questione di ideologia, non è nemmeno questione di nomi e cognomi e meno che mai è questione anagrafica. IL FALLIMENTO, ANCHE QUELLO CHE IO PREVEDO prima o poi, vivrà in modo drammatico la Signora Elly Schlein, è sicuro, certo ed inevitabile, perché in questa nostra cultura c’è solo il processo della competizione per la conquista e/o conservazione del potere, con l’esercizio del dominio escludendo GLI SCONFITTI e sottomettendo tutto il resto della compagnia bella.

E a noi questo processo della nostra cultura patriarcale NON CI PIACE.

Buona riflessione

IL PIÙ CRUDELE DEI MESI
Ora serve una Rinascita
Trent'anni dopo l'aprile dei referendum e delle monetine contro Craxi. Dieci anni dopo quello dei 101 di Prodi e della scommessa (vinta)sulla dissoluzione della politica. Doppio anniversario da cui ripartire, per ricostruire
MARCO DAMILANO
E’senza dubbio il più crudele dei mesi, nel-la storia repubblica-na c'è un aprile che i ricorre. Il 18 aprile 1948, con il voto mas-siccio per la Democrazia cristia-na. fu il vero momento fondativo della Repubblica. un passaggio epocale, avvertito dagli sconfitti del Fronte popolare. come il Vitto-rio Sereni della poesia dedicata a Umberto Saba: «E un giorno, un giorno o due dopo il 18 Aprile,flo vidi errare da una piazza all'altra/ dall'uno all'altro caffè di Milano /inseguito dalla radio. /Porca-vo-ciferando-porca. Lo guardava/ stupefatta la gente/ Lo diceva all'I-talia /Di schianto, come a una donna /che ignara o no a morte ci ha ferito». E un altro 18 aprile gli italiani andarono a votare per cambiare quel sistema. Il 18 aprile 1993 votarono in 35 mi-lioni, il 77 per cento degli aventi diritto, i Sì furono quasi 29 milio-ni, l'82,7. Così un referendum abro-gò la legge elettorale proporziona-le per il Senato, in vigore per quasi cinquant'anni. Molto più che un semplice cambio di legge elettora-le quel voto doveva rappresenta-re la fine del sistema politico fon-dato sull'appartenenza ai partiti e l'inizio di una democrazia del maggioritario e del bipolarismo, la scelta diretta di governi e rap-presentanti da parte degli eletto-ri. Come sempre nei referendum, il senso del voto andava oltre il merito della questione. Più che per scegliere l'uninominale o il doppio turno gli italiani votaro-no per voltare pagina «Trionfo dei Sì, nasce la nuova Italia«, titolò il Corriere della Sera il 20 aprile, all'indomani del risultato. Qualcosa di paragonabile al refe-rendum istituzionale del 2 giu-gno 1946, un cambio di regime «Si deve tornare con la mente al pe-riodo tra il 1945 e il 1946 per trova-re giorni di importanza analoga a quelli che stiamo vivendo)), scrive-va il direttore Paolo Mieli. «Giorni in cui un popolo consapevole sce-glie i propri destini, dà un segnale inequivocabile di svolta, rinnova-mento e ricostruzione e indica in maniera articolata la strada da percorrere a quella che si propo-ne come classe dirigente del pae-se». Ancora più enfatico, se possi-bile, Eugenio Scalfari su Repubbli-ca: «Il "sì" è diventato da ieri l'ele-mento fondante d’una nuova na-zione, la fonte di legittimità d'u-na democrazia che aveva visto crollare quasi tutti i suoi ancorag-gi ideologici e politici. Il popolo ha capito che il modo di ricomin-ciare da capo era il "sì" e ha deciso con massiccia energia, con una lungimiranza che era mancata fi-no all'altro ieri ai signori delle tes-sere, ovunque collocati nei sem-pre meno significanti schiera-menti partitici».
Il crollo «una rivoluzione senza ghigliotti-na», si scrisse. La nascita della Se-conda Repubblica Ma di ghigliot-tine non solo metaforiche, di con-cretissime forche sventolate in parlamento, ministri dimissiona-ri, arresti. suicidi eccellenti, atten-tati sanguinosi erano piene le cro-nache di quei giorni. Il voto refe-rendario arrivò nelle settimane in cui crollavano sotto i colpi del-le inchieste giudiziarie i leader che avevano dominato la scena per decenni. La caduta degli dei. Giulio An-dreotti indagato a Palermo per "at-tività mafiosa" (27 marzo). Betti-no Craxi salvato dalla Camera a voto segreto da quattro richieste di autorizzazioni a procedere per corruzione arrivate dal pool Mani pulite della Procura di Milano (29 aprile). ma travolto dalle moneti-ne lanciate il giorno dopo davan-ti all'hotel Raphael da un gruppo di manifestanti, ne parla in que-sto numero di Politica Bobo Craxi con Carmine Fotia. Il governatore di Banca d'Italia Carlo Azeglio Ciampi incaricato da Scalfaro di formare il nuovo governo dopo le dimissioni di Amato: il primo pre-sidente del Consiglio non parla-mentare e non iscritto a un parti-to della storia repubblicana (26 aprile). Nello stesso giorno, il refe-rendum per abrogare il finanzia-mento pubblico ai partiti ottenne un risultato plebiscitaria 31 mi-lioni di sì il 90,3 per certa La viola-zione della legge sul finanziamen-to pubblico era il reato principe di Tangentopol i. la leva utilizzata dal pool Mani pulite per azionare le inchieste contro i vertici nazio-nali dei partiti, come nel caso del tesoriere della Dc Severino Citari-sti, un galantuomo inseguito da-gli avvisi di garanzia Nel 2013 l'o-perazione fu portata a termine. con l'abolizione totale del finan-ziamento pubblico voluta dal go-verno di Enrico Letta anche sotto forma di rimborsi elettorali, una formula che i casi dei tesorieri del-la Margherita Luigi Lusi e della Le-ga Francesco Belsito avevano reso i ndigeribi le.
Il mito del nuovo sono passati trent’anni. Quella creatura sinteticamente definita Seconda Repubblica è fallita, già dieci anni fa quando in un altro 18 aprile il Pd di Pier Luigi Bersani che aveva "non-vinto" le elezioni del 24-25 febbraio,con il boom dei voti per il Movimento 5 stelle di Beppe Grillo, il 25 percento, riuscì ad affossare i principali candida-ti per la presidenza della Repub-blica Prima Franco Marini, poi. in modo ancora più grave, Romano Prodi, con la congiura dei 101 fran-chi tiratori. Dalla reazione a quell'operazione suicida è comin-ciato, attraverso una lunga semi-na. il percorso politico di Elly Schlein, che nel 2013 fece il suo esordio sulla scena con OccupyPd per protestare contro i 101 pugna-latori di Prodi. Cè dunque in que-sto aprile un doppio anniversa-rio, i trent'anni dal 1993, i dieci an-ni dal 2013. Tenuti insieme dal mi-to del nuovo, ambiguo, che ha re-so fallimentare la transizione. Nell'aprile 1993 i riformatori del sistema mancarono la grande oc-casione il passaggio a un sistema politico fondato non più sull'ap-partenenza ma sulla responsabili-tà, con una nuova classe politica e nuovi partiti. Un fallimento dovu-to alla resistenza del vecchio, in varie forme, e alla nascita di un vecchio travestito da nuovo, com'è stato il berlusconismo e in-sieme il continuismo degli eredi del Pd dopo Achille Occhetto, ma anche alla debolezza e alla fragili-tà politica e culturale dei riformi-sti. L'obiettivo era passare dal vec-chio ordine, la repubblica dei par-titi, al nuovo, la democrazia dei cittadini: far partecipare i cittadi-ni alla costruzione di una demo-crazia deliberante, affidare la scel-ta dei rappresentanti, del gover-no e del premier agli elettori e non più alle segreterie di partito, strappare la scelta dei leader alle ristrette oligarchie dei capicor-rente e restituirle a platee più am-pie possibili (con le primarie, per esempio) in modo libero e compe-titiva Nel 2013 questo progetto è naufragato in modo definitiva Il nuovo ha preso le sembianze del tutti a casa di Beppe Grillo e del Movimento 5 stelle. Lo smantella-mento della forma politica, come sognato da Gianroberto Casaleg-gio. Un disegno sopravvissuto al-la sua scomparsa e anche al suc-cesso e al tramonto elettorale dei Cinque stelle. Perché il cuore dell'organizzazione non erano le for-tune elettorali di un simbolo, ma nel sistema un proces-so di auto-distruzione. di paralisi, di mancanza di credibilità che ali-mentasse un circuito di sfiducia e di allontamento dalla politica Da questo punto di vista l'obiettivo è stato centrata per molti elettori la politica è un deserto, la demo-crazia è un tradimento. I nuovi soggetti politici non sono mai na-ti. Hanno disperso energie e spe-ranze. Fino ad arrivare a oggi.
Il rischio e la speranza
Vale la pena ricordare che il Movi-mento sociale di Gianfranco Fini votò nel 1993 contro il referen-dum sul maggioritario che porta-va il nome di Mario Segni, appena uscito dalla Dc I figli del neo-fasci-smo temevano di essere spazzati via dal sistema maggioritario, nell'i mpossibil i tà di fare alleanze con i partiti dell'arco costituzio-nale. Invece neppure un anno do-po si ritrovarono al governo, con Silvio Berlusconi. t una delle ere-dità più durature di quella stagio-ne, l'unica sopravvissuta l'ascesa della destra post-fascista al gover-no, arrivata trent'anni dopo a pa-lazzo Chigi e stabilmente primo partito nel governo, nonostante le svolte mancate, i silenzi sull'an-ti-fascismo, l'assenza di rilettura della storia del paese che porta la destra fin qui. al 25 aprile 2023, con le falsità ideologiche rilancia-te dalla poltrona di seconda cari-ca dello stato del presidente del Se-nato Ignazio La Russa Dalla bana-lità del male alla banalità del pote-re e del sotto-potere. Per la prima volta nel congresso appena terminato, la questione istituzionale è rimasta assente
dal dibattito interno al Pd. La mag-gioranza di governo agita. stru-mentalmente, la parola d'ordine del presidenzialismo, ma senza troppa precisione, né convinzio-ne Non si può ridurre la riforma della politica alla sola questione istituzionale, come hanno fatto gli ingegneri dei frankestein elet-torali di questi anni, dal Porcel lum del centrodestra al Rosatel-lum su cui il Pd guidato da Matteo Renzi arrivò a imporre al Parla-mento un voto di fiducia leggi elettorali prodotte in un laborato-rio di scienziati della politica e co-stituzionalisti senza più alcun contatto con la realtà, intenti a fo-tografare equilibri e rapporti di forza travolti poi dal voto. Ma non si può neanche immaginare una competizione senza le regole del-la gara, che mettano tutti nella condizione di vincere!! rischio, nei prossimi anni, è un nuovo bi-polarismo imperfetto, con la de-stra al governo, la sinistra all'op-posizione e il vuoto delle urne, con l'elettorato a casa, come è suc-cesso anche nelle ultime elezioni regionali in Friuli Venezia Giulia. Tutto si tiene, ora più che mai: un progetto politico fondato sull'i-dentità e non sulla dispersione delle identità, come hanno imma-ginato di fare tanti presunti rifor-misti, un'organizzazione nuova. digitale, espansiva, come scrive Marco Valbruzzi nella pagine che seguono, una leadership credibi-le e contemporanea. ne parla Do-natella Campus, attenta al prima-to dell'interiorità, indaga Gino mazzoli a proposito di somiglian-ze e diversità di Elly Schlein. Gior-gia Meloni e Greta Thunberg, tor-nando nei luoghi del disastro so-dale ed economico, culturale di questo paese, suggerisce Daniele Mencarelli in una lettera aperta alla segretaria del Pd. E una visio-ne del sistema che contempla nuove regole del gioco, per raffor-zare la politica e non indebolirla, come è successo in questi tre de-cenni. Per rafforzarla bisogna uscire dall'indistinto, dal trasfor-mismo, dalla politica in polvere e dalle nostalgie del passato. Lavo-rare a leader trasformatori e non trasformiste, come scrive Anto-nio Funiciello in Leader per forza (Rizzoli): «Ai trasformatori il pote-re serve perché è il principale stru-mento della politica Per i trasfor-misti è la politica a essere stru-mento del potere». Trent'anni so-no lo spazio di una generazione. È quasi l'orizzonte di vita di Elly Schlein, che nel 1993 aveva otto anni e frequentava le scuole ele-mentari e che nel 2013 ha comin-ciatola sua battaglia Oggi è neas-sario rimettere tutto insieme la visione, l'organizzazione, la cultu-ra politica, la leadership. Per evita-re che ci siano altre generazioni sprecate e tradite, serve una Ri-Ge-nerazione della politica, e della politica di sinistra. Una Rinascita Come nell'aprile più grande della nostra storia, il 25 aprile 1945.
L'autore
Marco Damilano, giornalista e saggista, è stato direttore dell'Espresso dal 2017 al 2022. Collabora con Domani e, da settembre 2022, conduce una striscia quotidiana di informazione in onda su Rai 3.
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