IL MANIFESTO DAMILANO SE RIMANE DIRETTO SOLO AD ALCUNI ITALIANI E’ DESTINATO AL FALLIMENTO

 

IL MANIFESTO DAMILANO SE RIMANE DIRETTO SOLO AD ALCUNI ITALIANI E’ DESTINATO AL FALLIMENTO

Marco Damilano nel suo articolo pubblicato dal quotidiano DOMANI di oggi sabato 18 giugno 2023, tratteggia la visione clericale del potere. La tratteggia INCLUDENDO i clericali e quelli che sono a braccetto con i clericali. Il messaggio di Damilano, che io condivido totalmente, affinché non abbia l’esito negativo che ebbero i citati MORO e PRODI non può essere destinato solo a una parte degli italiani poiché essendo universale non ha alcuna efficacia se riamane riservato esclusivamente ai clericali e ai loro amici.

Questo riservare l’anelito del “già e non ancora”, solo a una parte degli uomini e delle donne italiane, è mia opinione sia la causa della sua banalizzazione che poi ha la conseguenza del fallimento della proposta di Marco Damilano. Storicamente la mia affermazione è verificabile e mi riferisco al fallimento dell’esperienza del potere esercitato dai clericali dal 1944 al 1992.

Il manifesto DAMILANO DIVENTA PERFETTO SE DESTINATO A TUTTI GLI ITALIANI, al fine di renderlo UNIVERSALE, ovvero rivolto a tutti, senza esclusioni.

Non è vero che i clericali siano accoglienti e aperti a tutti, solo per il fatto di essere clericali. Il germe della competizione c’è anche tra i clericali, ed è questo germe, che poi è la nostra cultura patriarcale, che rende IMPOSSIBILE l’attuazione del MANIFESTO DAMILANO.

C’è una buona notizia. Siccome la competizione è di origine culturale, può essere abbandonata. Una volta che si desideri di abbandonare la competizione, in modo assolutamente spontaneo e senza sforzo, emerge la collaborazione con tutti.

Buona riflessione

UNA NUOVA CANZONE POPOLARE
L'Italia discreta e seria che il centrosinistra deve ritrovare
MARCO DAMILANO
Aveva come obiettivo la costruzione di un’Italia limpida e discreta un'Italia seria, molto seria. Romano Prodi ha scelto queste parole per la moglie Flavia durante i funerali nella chiesa di San Giovanni in Monte a Bologna. Cerano i figli, i nipoti che stringevano il Professore. Chiara che somiglia a Flavia i parenti, gli amici, le figure con cui il Professore ha condiviso le responsabilità pubbliche, a partire da Mario Draghi, direttore generale del Tesoro nel primo governo Prodi. I preti: il cardinale Matteo Zuppi, don Luigi Goffi del gruppo Abele, don Dante Carraro del Cuamm Medici per l'Africa. E c’era tanto popolo. Nell'insieme. un frammento di un'Italia illesa nel suo impegno quotidiano, silenzioso, invisibile, in questi anni di «vanagloria, come l'ha definita Zuppi. Nella sua bella vita Flavia Prodi non ha mai dovuto dirsi anti qualcosa o peggio anti qualcuno, per dire chi era. Ha ricucito gli strappi, come fanno tanti italiani e italiane senza potere, con radicalismo mite. Nei suoi momenti migliori il centrosinistra non è stato anti. Non era anti il centrosinistra di Moro e Nenni negli anni Sessanta. E non lo era il governo dell'Ulivo di Prodi negli anni Novanta, come invece fu l’Unione nel 2006. Era un'idea di un paese più moderno, più europeo più attento alle fragilità. Non elitaria ma popolare. Quell'esperienza fu colpevolmente consumata, tra guerre intestine, nell’impossibilità di un progetto di riforme, di un orizzonte più ampio. L'antiberlusconismo arriva dopo, come un alibi, quando non sai più dire chi sei, speculare al berlusconismo. L’anti - berlusconismo per una parte della sinistra è diventata una identità per negazione, perché in positivo era smarrita. Parafrasando Gaber, qualcuno era anti berlusconiano perché non era riuscito a diventare berlusconiano. E l'anti-berlusconismo si è spesso capovolto in una oscura volontà di emulazione, specie tra i post-comunisti la ricchezza come nuovo sol dell'avvenire, il cinismo la perdita di contatto con la realtà. È stato un cambio di egemonia. La parola popolo è stata occupata dai populismi e dalla destra. Si sono persi cielo e terra. Cielo e terra insieme, cosi Prodi con pudore e dolcezza ha racchiuso la sua vita felice con Flavia. Cielo e terra insieme sono lo spazio del cattolicesimo del post concilio che è attaccamento alla realtà quotidiana e apertura all'infinito ma sono anche lo spazio della politica. << valutazione razionale del possibile e sofferenza per l'impossibile>>, come la definiva Pietro Scoppola. Quell'Italia discreta limpida molto seria è stata abbandonata è rimasta senza rappresentanza politica, senza un ideale e senza un progetto concreto senza cielo e senza terra. Quello spazio però resta, è enorme a saperlo ritrovare. Serve, di nuovo una Canzone popolare.

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