Il Dono della Relatività: Riflessioni sulla Gioia e il Rimpianto
Il Dono della Relatività: Riflessioni sulla Gioia e il Rimpianto
Nelle olimpiadi di Parigi 2024 Benny Pilato,un atleta perde una medaglia per un centesimo e proclama: «È il giorno più bello della mia vita». In un contesto dove il quarto posto è tradizionalmente visto come un fallimento, questa affermazione potrebbe sembrare paradossale. Analogamente, Antonio Bruno, con soli 22 voti alle elezioni comunali di Lecce, si esprime con entusiasmo dichiarando: «È il giorno più bello della mia vita». Questo contrasto tra aspettative sociali e soddisfazione personale offre un'importante lezione su come percepiamo il successo e il fallimento.
Humberto Maturana, con la sua teoria della conoscenza e della biologia della cognizione, ci invita a riflettere sul significato di tali dichiarazioni attraverso la lente della nostra comprensione cognitiva e sociale. Egli afferma: «La nostra esperienza non è una rappresentazione del mondo esterno, ma una costruzione del nostro sistema cognitivo» (Maturana, La realtà del tempo, 1999). In altre parole, la nostra interpretazione degli eventi non è una semplice riflessione di una realtà oggettiva, ma una costruzione intrinsecamente legata alle nostre esperienze e aspettative.
Nel caso degli atleti e dei politici, il quarto posto e il risultato elettorale sono valutati in base a un sistema di riferimento sociale e culturale. Tuttavia, l’esperienza vissuta dai protagonisti può essere radicalmente diversa. Se per la società il quarto posto rappresenta un’opportunità mancata e 22 voti appaiono insignificanti, per l’individuo che ha vissuto il percorso, il risultato può essere interpretato come una realizzazione significativa. Questo riflette una distinzione tra il valore intrinseco dell’esperienza e il valore attribuito socialmente.
Maturana suggerisce che «la cognizione è un processo di adattamento continuo e che la nostra esperienza è sempre una costruzione del nostro processo di adattamento» (Maturana e Varela, L’albero del conoscere, 1987). La gioia dichiarata dai protagonisti, quindi, non è in contrasto con il giudizio sociale, ma rappresenta una diversa modalità di adattamento e di percezione della propria esperienza. L’atto di celebrare anche un apparente insuccesso può essere visto come una forma di riconoscimento della propria crescita e dei propri sforzi.
Chi si concentra esclusivamente sul risultato finale e si lascia sopraffare dal rimpianto vive la propria esperienza attraverso un prisma di aspettative non soddisfatte, e come Maturana sottolinea, «vivere è partecipare all’azione che ci permette di essere e di divenire ciò che siamo» (Maturana e Varela, La realtà del tempo, 1999). La vera soddisfazione non risiede tanto nel raggiungimento di un obiettivo esterno, quanto nella capacità di celebrare la propria partecipazione e il proprio impegno.
La condizione di chi si abbandona all'invidia e al rimpianto, al contrario, è quella di chi rimane intrappolato in un ciclo di confronto e giudizio, incapace di apprezzare la propria unicità e il proprio valore intrinseco. Questo stato mentale non solo impedisce una comprensione autentica della propria esperienza, ma alimenta una perpetua insoddisfazione.
In conclusione, la lezione che possiamo trarre dalle dichiarazioni di Benny Pilato e Antonio Bruno è quella di riconoscere e celebrare il valore intrinseco di ogni esperienza, al di là delle valutazioni esterne. Come afferma Maturana, «la nostra esperienza è sempre una costruzione del nostro processo di adattamento», e la gioia autentica nasce dal riconoscimento del proprio percorso e della propria partecipazione, piuttosto che dal mero confronto con standard esterni. In questa luce, ogni risultato può essere visto come una celebrazione della nostra capacità di vivere e adattarci, qualunque sia il giudizio esterno.
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