Un'Estate di Bellezze

 Un'Estate di Bellezze



Anche se era il primo anno che ero ospite di quell'ombrellone al lido, avevo già instaurato una sorta di consuetudine con i vicini, nel senso che eravamo tutti avvezzi al rituale saluto del mattino: un cordiale buongiorno, a volte appena accennato, ma sempre sincero. La ripetizione di questi gesti, simile a una danza quotidiana, creava una forma di familiarità che si arricchiva di anno in anno.


Oggi, il caldo si era placato, e una dolce tramontanella mi aveva cullato in un sonno sereno. Ero immerso in un mondo di silenzio e riposo, finché un chiacchiericcio, allegro e festoso, mi ha risvegliato. Proveniva dall'ombrellone accanto al mio, dove una famiglia si era sistemata. Mamma, tre figlie e un figlio: una visione di bellezza e gioventù che, in quel contesto, sembrava quasi un miraggio.


La madre, una donna bruna di una bellezza quasi ipnotica, aveva condotto le sue figlie e il figlio in acqua, dove si erano lanciati su un materassino gonfiabile. Le onde, complice di quel pomeriggio, facevano volare il materassino in alto, e loro lottavano giocosi per rimanere distesi mentre il mare li sfidava. Erano un quadretto di felicità spensierata, che si rifletteva nella superficie increspata dell’acqua.


Quando erano tornati sotto l'ombrellone, la madre aveva chiesto ai suoi figli cosa volessero per la seconda colazione. Non passò molto tempo prima che una cameriera, con un vassoio dall'aria esotica e dal sapore medio-orientale, arrivasse a consegnare quanto ordinato. Il vassoio era un piccolo trionfo di colori e profumi, un invito irresistibile a un'estasi sensoriale che, in quel contesto, sembrava anch'esso un’opera d’arte.


Era difficile non essere catturati da tanta bellezza e gioventù. Eppure, mentre li osservavo, non potevo fare a meno di riflettere su quanto la loro perfezione apparente fosse simile a una finzione, una sorta di scrittura perfetta di una vita ideale che mi faceva sentire, per contrasto, la fragilità della mia esistenza. Quella bellezza, tanto pura e disarmante, sembrava emettere una luce che in qualche modo escludeva il resto del mondo, creando un angolo di perfezione che, per quanto affascinante, risultava inevitabilmente inaccessibile.


E così, mentre il sole calava lentamente e la tramontanella continuava a danzare sull’acqua, mi sentivo in qualche modo spettatore e partecipante di un dramma estivo che, sebbene avesse la forma della bellezza, nascondeva sotto la superficie il medesimo dolore di tutti i racconti umani: la consapevolezza che ogni ideale di perfezione è, infine, una finzione delicata e fragile, destinata a svanire con l’ultima luce del giorno.

Antonio Bruno





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