Giudicarsi e giudicare è un comportamento della nostra mente vera?

 


La mente condizionata è quella immessa dai genitori o da chi per loro avente autorità come loro. È facile da capire se si ha un pensiero che emerge dalla mente condizionata immessa perché all’opposto di quella condizionata la nostra vera mente è sempre nostra alleata. Ogni volta che dalla mente emerge un giudizio nei confronti di me stesso o di altri allora siamo di fronte alla mente condizionata immessa.

La questione secondo cui il giudizio verso se stessi rappresenta una "mente immessa" può essere interpretata alla luce della psicologia e delle neuroscienze, che esplorano come le esperienze precoci e l'interazione con figure autoritarie influenzino lo sviluppo del senso di sé e dei meccanismi di auto-valutazione.

1. Giudizio interno e condizionamento genitoriale

La psicologia dello sviluppo e la teoria dell'attaccamento supportano l'idea che il giudizio verso se stessi possa essere il risultato di condizionamenti esterni. Ad esempio:

  • Critiche genitoriali e interiorizzazione: I bambini che ricevono frequentemente giudizi negativi dai genitori o da figure autoritarie possono interiorizzare queste critiche, sviluppando una voce interna critica. Questa è definita in psicologia come "critico interiore" e rappresenta un adattamento ai messaggi ricevuti nell'infanzia.
    • Riferimento scientifico: Gilbert (2005), nella sua teoria della vergogna e autocompassione, descrive come il critico interiore si sviluppi in contesti di alta critica e controllo genitoriale.

2. Il ruolo della "mente immessa"

  • Il concetto di "mente immessa", come descritto da Gabriella Tupini, potrebbe essere visto come una metafora per la "introiezione", un processo identificato dalla psicoanalisi. Secondo Freud e successivamente Kohut, i bambini interiorizzano non solo regole sociali, ma anche il modo in cui vengono trattati emotivamente.
  • Quando una persona si giudica aspramente, potrebbe essere in atto una riproduzione di schemi appresi in età precoce. Questo tipo di giudizio non rappresenta un'autovalutazione consapevole e autentica, ma piuttosto una "registrazione" di messaggi appresi nel passato.

3. Auto-giudizio e mindfulness

Le ricerche sulla mindfulness e sull'accettazione suggeriscono che il giudizio verso se stessi spesso deriva da una modalità mentale "reattiva" e condizionata. Kabat-Zinn (1990), uno dei pionieri della mindfulness, descrive come pratiche di consapevolezza aiutino a disinnescare queste dinamiche:

  • Quando una persona giudica se stessa, sta attingendo a un "pilota automatico" mentale che riflette vecchie narrazioni interiorizzate. Liberarsene richiede sviluppare un'osservazione neutrale e non giudicante verso i propri pensieri.

Bibliografia

  • Gilbert, P. (2005). Compassion: Conceptualisations, research and use in psychotherapy. Routledge.
  • Kabat-Zinn, J. (1990). Full Catastrophe Living: Using the Wisdom of Your Body and Mind to Face Stress, Pain, and Illness. Random House.
  • Kohut, H. (1971). The Analysis of the Self. International Universities Press.
  • Bowlby, J. (1988). A Secure Base: Parent-Child Attachment and Healthy Human Development. Basic Books.

In conclusione, il giudizio verso se stessi può essere interpretato come una manifestazione della "mente immessa", legata all'interiorizzazione di esperienze e condizionamenti esterni. La scienza conferma che questi processi sono radicati nell'infanzia e possono essere ristrutturati attraverso approcci come la mindfulness e l'auto-compassione.

L'idea che "la propria mente tutto accoglie e tutto vede legittimo" può essere approfondita alla luce di alcune teorie psicologiche e neuroscientifiche sul funzionamento della mente, in particolare quelle legate alla percezione, all'accettazione, e ai meccanismi di integrazione delle esperienze.


1. La mente come osservatore imparziale

  • Accettazione radicale: La mindfulness e le pratiche contemplative, come proposte da Jon Kabat-Zinn e Tara Brach, si basano sull'idea che la mente ha la capacità di osservare ogni fenomeno, interno o esterno, senza giudicarlo. Questo stato di presenza consapevole implica che ogni esperienza sia "accettata così com'è", senza attribuirvi etichette di giusto o sbagliato.
    • Prospettiva scientifica: Studi neuroscientifici dimostrano che praticare l'accettazione non giudicante riduce l'attivazione dell'amigdala (struttura legata alla risposta emotiva e allo stress), favorendo una maggiore regolazione emotiva. (Farb et al., 2007)

2. Legittimità e percezione della realtà

  • La frase "tutto vede legittimo" può essere interpretata nel contesto della mente come un sistema che accoglie tutti i dati sensoriali e cognitivi senza intrinsecamente giudicarli. Tuttavia:
    • Costruzione della realtà: Secondo la psicologia cognitiva, la mente umana non è solo un osservatore passivo, ma un costruttore attivo della realtà. Attraverso filtri cognitivi (come credenze, valori e schemi appresi), alcune esperienze possono essere considerate più "legittime" di altre, in base alla nostra cultura, educazione o condizionamento.
    • Teoria dell'integrazione cognitiva: Piaget e Vygotsky hanno descritto come la mente cerchi di integrare nuove informazioni con schemi preesistenti, accogliendo ciò che è compatibile e respingendo ciò che non lo è, a meno che non si verifichi un processo di ristrutturazione cognitiva.

3. Neuroscienza e "accogliere tutto"

  • Neuroplasticità: Le neuroscienze confermano che la mente è altamente plastica e può accogliere una vasta gamma di esperienze, adattandosi a esse. Questo supporta l'idea che, in uno stato naturale e non condizionato, la mente abbia la capacità di accettare ogni esperienza senza rifiuto.
  • Tuttavia, questa capacità di accoglienza è spesso influenzata da schemi preimpostati, come quelli dettati dall'educazione o dal trauma.

Criticità del concetto di "legittimare tutto"

La visione che la mente consideri tutto "legittimo" richiede alcune precisazioni:

  • La legittimità, come valore, è spesso un costrutto sociale e culturale. La mente naturale può non giudicare, ma una mente condizionata (come descritto da Gabriella Tupini) giudica e filtra la realtà.
  • In uno stato meditativo o altamente consapevole, la mente può effettivamente accettare tutto, ma questo richiede un allenamento per superare le barriere cognitive apprese.

Conclusione

La frase "la propria mente tutto accoglie e tutto vede legittimo" è coerente con teorie psicologiche e neuroscientifiche che enfatizzano l'accettazione non giudicante e la neuroplasticità. Tuttavia, nel contesto di una mente condizionata, questo stato non è spontaneo e richiede un lavoro consapevole per raggiungere una piena accoglienza. La letteratura sulla mindfulness e sull'autocompassione fornisce strumenti per allenare la mente a tornare a questa modalità naturale di accettazione.


Bibliografia

  • Kabat-Zinn, J. (1990). Full Catastrophe Living. Random House.
  • Farb, N. A. S., et al. (2007). "Attending to the present: Mindfulness meditation reveals distinct neural modes of self-reference." Social Cognitive and Affective Neuroscience.
  • Piaget, J. (1952). The Origins of Intelligence in Children. International Universities Press.
  • Brach, T. (2003). Radical Acceptance: Embracing Your Life With the Heart of a Buddha. Bantam.

 

 

 

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