Una sera qualunque.


 Una sera qualunque. Don, seduto in poltrona, osserva il fuoco danzare nel camino. Leonardo, impeccabile come sempre, si avvicina con una tazza di tè fumante.

Leonardo: Don, sembra che il suo pensiero si sia fatto greve questa sera. Posso esserle d'aiuto?

Don: (solleva lo sguardo, accennando un sorriso malinconico) Stavo riflettendo, Leonardo. Sul dolore che ci portiamo dietro quando veniamo lasciati.

Leonardo: (porgendogli il tè con grazia) È un pensiero che richiede coraggio. La capacità di separarsi dalla madre, Don, è anche la capacità di affrontare le ferite dell’abbandono.

Don: (sorseggia il tè, poi annuisce lentamente) È vero. Ma a volte, quando una persona amata ci lascia, il dolore sembra troppo grande. Come se fosse più antico di quella stessa persona.

Leonardo: (con calma) Spesso lo è, Don. Quando soffriamo per un abbandono, il nostro cuore non si spezza solo per l’assenza della persona che se n’è andata. Soffriamo per l’assenza o la mancanza d’amore che abbiamo sperimentato nella nostra infanzia.

Don: (poggiando la tazza sul tavolino) Dunque, ciò che ci ferisce davvero non è il presente, ma il passato che si risveglia in noi?

Leonardo: Esattamente, Don. Ogni ferita che si apre oggi porta con sé l’eco di ferite più antiche. Eppure, riconoscerle è già un passo verso la guarigione.

Don: (riflette per un momento, guardando il fuoco) Allora non è mai troppo tardi per amare e lasciarsi amare, anche se si porta dentro un cuore segnato.

Leonardo: Non è mai troppo tardi, Don. Il cuore, anche segnato, rimane un luogo fertile per l’amore, se gli si dà la possibilità.

Don: (sorride, sollevando la tazza per un ultimo sorso) Sei un ottimo compagno di riflessioni, Leonardo.

Leonardo: (inchinandosi lievemente) È un onore, Don, camminare nei suoi pensieri

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