La separazione
Salve a tutti, quest'oggi vorrei parlare di un grande tema dell'umanità, che riguarda anche gli animali: il tema della separazione.
Quanto è difficile per l'uomo separarsi! E lo sappiamo bene dalle pene
d'amore. Le pene d'amore, infatti, sono spesso considerate poco importanti o
addirittura sciocchezze, soprattutto quando l'epoca degli amori è finita. Ma
non è così. Le pene d'amore sono importanti, sia per i giovani che per i meno
giovani, perché toccano un tema fondamentale dell'umanità: l'incapacità di
separarsi.
Quando nutriamo un sentimento per una persona, investiamo energie psichiche
e fisiche. Nel momento in cui quella persona ci lascia – perché ci abbandona,
perché muore, o semplicemente perché parte – rimaniamo con quelle energie
ancora investite. Ci vuole tempo per recuperarle, un tempo che varia in base
all'importanza della persona e alla quantità di energie che abbiamo dedicato a
quella relazione.
La separazione fondamentale, però, è quella dalla madre. È il grande tema
dell'universo.
La separazione dalla madre, di fatto, non avviene quasi mai. Sono poche le
persone che riescono davvero a separarsi dalla madre nel corso della vita. Gesù
Cristo stesso affermava: "Chi non si separa dal padre e dalla madre non è
degno di me." Separarsi dal padre è difficile, ma separarsi dalla madre è
epico.
Il grado di difficoltà della separazione dipende anche dall'amore ricevuto
dalla madre. Se non siamo stati amati, cerchiamo quell'amore in tutti, sperando
di trovare nell'altro o nell'altra una "madre buona". Tuttavia, è
raro che un partner voglia o possa sostituire una madre.
Dietro ogni figura paterna o altra figura significativa, spesso si nasconde
una madre – reale o immaginaria. Anche l'universo, simbolicamente, viene
partorito da una madre. L'idea stessa dell'universo come madre si contrappone
alla visione del dio maschile che crea con la mente, mentre il femminile crea
partorendo, con un approccio più fisico e concreto. Questa è una differenza tra
patriarcato e matriarcato.
La separazione è il dolore massimo della vita: lasciare la propria città,
trasferirsi, diventare indipendenti. Nelle società del Nord Europa, è
consuetudine che i figli, a 18 anni, lascino la casa dei genitori. Questa
usanza è facilitata anche dal sostegno economico che ricevono, ad esempio per
l'università o per l'alloggio. In Italia, invece, gli italiani sono spesso
definiti "mammoni".
Chi giudica questa situazione, spesso non capisce. Per comprendere gli
altri, bisogna ascoltarli, ma soprattutto bisogna capire sé stessi.
La capacità di capire gli altri nasce dalla separazione dalla madre.
Guardare il mondo da un oblò, come dice una famosa canzone, rappresenta proprio
questa separazione incompleta. Guardiamo il mondo attraverso uno scafandro che
ci protegge ma ci isola. Questa protezione, che possiamo immaginare come
l'utero materno, ci impedisce di vivere pienamente e di sentire gli altri.
Separarsi dalla madre significa entrare in contatto con il mondo e con gli
altri. Tuttavia, non è facile, soprattutto se la madre ci ha amati intensamente.
L'amore materno, se autentico, è unico, profondo e irripetibile.
Ci sono, ovviamente, eccezioni. Non tutte le madri amano i propri figli, e
non tutti i padri mancano di amore. Ci sono uomini che sanno essere madri, ma
sono rari.
Non è necessario separarsi dalla madre ideale perché, in fondo, separarsi
significa vedere e riconoscere la realtà dell’altro. Se mi identifico
nell’altro, non riesco a vederlo per ciò che è. Se sovrappongo all’altro le
figure della mia infanzia, ancora una volta, non lo vedo realmente.
So che questi concetti non sono facili da comprendere, ma con calma cercherò
di spiegarmi meglio. Non offro soluzioni preconfezionate, come fanno spesso
altri, proponendo risposte di "testa", che però non scardinano i
sistemi mentali dell’altro. Quando si parla solo alla mente, tutto rimane
confinato in quel livello, senza toccare qualcosa di più profondo.
Ad esempio, se vi dicessi che dovete contattare il vostro bambino interiore
per completare un percorso di crescita, potreste rispondere: "Sì, ma come
faccio?". È difficile da spiegare perché non basta un approccio mentale.
Non è sufficiente ascoltare qualcuno che dice "Fate così, e succederà
questo": non succede nulla, perché il messaggio arriva alla mente e viene
accolto solo lì.
Tuttavia, quello che cerco di fare è offrire input che, piano piano, possano
raggiungere ciò che sta oltre la mente: il cuore, l’anima. Anche se il
messaggio passa inizialmente dalla mente, a forza di ascoltare, qualcosa
potrebbe scendere più in profondità. Forse una volta su cento si riesce a
percepire qualcosa con l’anima.
La maggior parte di ciò che ascoltiamo non tocca il cuore: il 90% è noioso,
o troppo mentale. Questo può essere uno svantaggio, ma ci sono anche persone
che parlano con vivacità mentale, senza però sconvolgere i nostri schemi. La
mente rimane salda, rassicurata. Ma nel momento in cui gli schemi iniziano a
essere scardinati, la differenza si sente, e si avverte come un senso di
smarrimento, come se mancasse la terra sotto i piedi.
Tuttavia, se volete esplorare nuovi mondi, è necessario lasciare andare
quella "terra", che in realtà è rappresentata dalla nostra mente
condizionata. Solo così si può scoprire una vera solidità interiore, il
"sole fisso" degli antichi alchimisti, la trasmutazione del piombo in
oro. Questo significa trovare una stabilità che non dipende dagli alti e bassi
delle circostanze esterne.
Separarsi dalla madre significa anche vedere i genitori per ciò che sono
realmente, senza sovrastrutture. Spesso la religione, ad esempio, funziona come
una proiezione dei genitori. Ci viene detto che Dio è buono, ma se pecchiamo ci
condanna al purgatorio o, peggio, all’inferno. Questa immagine di Dio riflette
una visione condizionata, che oscilla tra premi e punizioni, simile al modo in
cui interpretiamo l’amore genitoriale.
Quando i genitori muoiono, tendiamo a santificarli, a idealizzarli. Questo
accade perché il nostro bisogno di protezione non viene mai meno, e spesso i
genitori rimangono i pilastri della nostra mente condizionata. Separarsi dalla
madre significa liberarsi da questo schema, riconoscendo che l’amore
genitoriale, quando autentico, è gratuito e non richiede di essere guadagnato.
La capacità di separarsi dalla madre è anche la capacità di affrontare le
ferite dell’abbandono. Spesso, quando veniamo lasciati da una persona amata,
soffriamo non tanto per quella persona, ma per l’assenza o la mancanza d’amore
che abbiamo sperimentato nella nostra infanzia.
Alla fine del processo di trasformazione, ci separiamo dalla madre e
diventiamo madri noi stessi, uomini e donne. Questo significa comprendere la
madre universale, diventare figli dell’universo e riconoscere l’amore
universale che ci sostiene. Gli antichi egizi rappresentavano questo concetto
con Iside, la dea che partorisce il mondo.
La separazione dalla madre non è un abbandono, ma un passo verso una
maggiore consapevolezza e libertà interiore.
La figura di Iside, celebrata come una grande madre universale nell'antico
Egitto, era venerata per la sua capacità di accoppiarsi con ogni cosa e per il
suo ruolo creativo. Quella che noi oggi considereremmo una grande prostituta,
in senso dispregiativo, all'epoca era un titolo di venerazione. Questo perché
la prostituzione, in quel contesto sacro, rappresentava un'energia generativa e
divina. Tuttavia, con l'avvento del patriarcato, la figura della prostituta è
stata demonizzata e punita, perché il patriarcato, rifugiandosi nella mente
condizionata, ha perso la capacità di vedere la natura, la donna e persino i
propri figli.
La separazione dalla madre, intesa come figura simbolica e concreta, è
un'opera titanica. Di recente ho visto un film che mi ha colpito profondamente
per una frase in particolare: una donna, avvolta nel dolore per la perdita
della figlia, ascolta un'altra donna che le parla di "bellezza
collaterale". Questa espressione mi ha emozionato profondamente, perché
cattura qualcosa di ineffabile. Nonostante il mondo sia colmo di dolore,
ingiustizia e sofferenza, accanto a tutto questo c'è una bellezza nascosta, una
qualità quasi metafisica. Non si tratta solo della bellezza estetica della
natura, ma di qualcosa di più profondo: una bellezza che emana purezza, bontà e
calore.
Quell'amore che proviamo per un figlio o per un partner, quella forza che
sentiamo a volte nell'universo, ci conferma che esiste qualcosa di più grande.
Se possiamo amare, significa che l'universo è capace di amare. Allo stesso
modo, se esiste l'odio, significa che anche esso è parte dell'universo. Ma la
prevalenza dell'amore o dell'odio dipende dall'architettura di questo universo,
dal modo in cui scegliamo di costruire e percepire le nostre realtà.
Separarsi dalla madre significa riconnettersi con l'universo. Quando
nasciamo e lasciamo il ventre materno, ci separiamo da quella conoscenza
universale per entrare in un mondo di separazione. Tuttavia, separarsi dalla
madre è anche un passo necessario per diventare madri – in senso simbolico – e
riacquisire quella conoscenza perduta. Questo processo ci permette di sanare la
ferita dell'amore non ricevuto o negato, non diventando "buoni"
secondo schemi preordinati, ma abbandonando la mente condizionata.
Tentare di "diventare buoni" spesso ci conduce a essere falsi,
stucchevoli e disonesti, con gli altri e con noi stessi. Invece, lasciar cadere
la mente condizionata ci porta alla comprensione, che è la vera bontà. È
l'assenza di giudizio preconcetto, il riconoscimento delle cose per ciò che
sono, senza sovrastrutture.
Separarsi dalla madre, in questo senso, è un percorso di liberazione e di
ritorno a un amore autentico, che non si fonda su imposizioni o
condizionamenti, ma sulla connessione profonda con l'universo e con noi stessi.
Un saluto a tutti.
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