23 aprile 1983 il mito di Prometeo e Pandora nel paese più bello del Mondo


Un vecchio articolo de La Gazzetta del Mezzogiorno di Sabato 23 aprile 1983 racconta che gli studenti della scuola media Alessandro Manzoni di San Cesario rappresentarono il mito di Prometeo e Pandora (*).

Chi erano? Eccoli qui
Personaggi ed interpreti
L’uomo: Marco Montinaro
Prometeo: Gianni De Giorgi
Pandora Stefania Capone
Speranza: Paola De Blasi
Zeus: Stefano Perrone
Era: Daniela Rizzo
Artemide: Barbara Malizia
Afrodite: Romina Miglietta
Efesto: Massimo Rollo
Ermete: Giuseppe Liaci
Poseidone: Giuseppe Catalano
Ares: Maurizio Valletta
Demetra: Daniela Lettere
Atena: Rosj Faggiano
Apollo: Antonio Greco
Demetra: Laura Zilli
Eros: Luca Giannaccari
La domanda che faccio a questi ragazzi di allora e uomini e donne di oggi p se vogliono raccontare quello che ricordano, se desiderano farci avere qualche foto di allora. Prometto che tutto verrà pubblicato.
Antonio Bruno
(*) Prometeo, il cui nome significa «colui che riflette prima», era figlio del titano Giapeto e di Climene; ebbe come fratelli Epimeteo, «colui che riflette dopo il fatto», Atlante e Menezio.
Prometeo, pur appartenendo ai ribelli Titani, si schierò dalla parte di Zeus e convinse il fratello Epimeteo a fare altrettanto.
Atena, nata dalla testa di Zeus, fu assai gentile e benevola con Prometeo, gli insegnò arti utilissime come l’architettura, l’astronomia, la matematica, la medicina, la metallurgia e la navigazione.
Prometeo trasmise agli uomini, da lui stesso creati, quanto apprese dalla dea. Zeus, però, non approvava la benevolenza di Prometeo e considerava i doni del titano troppo pericolosi, perché in tal modo gli uomini sarebbero divenuti sempre più potenti e capaci.
Quanto a Prometeo, questi non aveva una grande fede nel senno di Zeus e, per metterlo alla prova, avendo ucciso un toro per un sacrificio, nascose nella pelle dell’animale la carne migliore e poi fece un mucchio più grosso con le ossa, col grasso e con le interiora, lasciando scegliere a Zeus quale dei due mucchi preferisse. Zeus scelse il mucchio più grosso e fu gabbato. Irato, Zeus tolse il fuoco agli uomini, condannandoli a mangiare la carne e gli altri cibi crudi. Prometeo, allora, con l’aiuto di Atena, entrò nell’Olimpo, sottrasse una fiaccola e la portò agli uomini, insegnando loro a mantenerla accesa. Zeus per vendicarsi di questo ulteriore affronto, ordinò a Efesto di forgiare una donna bellissima, la prima del genere umano, sulla quale i Venti alitarono lo spirito vitale. Tutte le dee dell’Olimpo le recarono doni meravigliosi. A questi doni, Zeus aggiunse un misterioso vaso chiuso che mai avrebbe dovuto essere aperto. La fanciulla fu chiamata Pandora, che in greco significa appunto che essa aveva ricevuto «tutti i doni».
Pandora fu mandata in dono al fratello di Prometeo, Epimeteo, che però la rifiutò. Zeus, più indignato che mai per l’affronto subito prima da uno poi dall’altro fratello, per punire Prometeo, lo fece incatenare mani e piedi al Caucaso e ordinò a un avvoltoio di divorargli ogni giorno il fegato, che però durante la notte ricresceva, così da rinnovare continuamente il tormento.
Epimeteo, dispiaciuto per la sorte del fratello, si rassegnò a sposare Pandora.
Pandora si rivelò tanto stupida quanto bella, perché sventatamente e per pura curiosità aprì il vaso donatole da Zeus, che mai avrebbe dovuto aprire. In quel vaso erano stati rinchiusi tutti i mali che possono tormentare l’uomo: la fatica, la malattia, la vecchiaia, la pazzia, la passione e la morte. Essi uscirono e immediatamente si sparsero fra gli uomini; solo la speranza, rimasta nel vaso tardivamente richiuso, da quel giorno sostenne gli uomini anche nei momenti di maggiore scoramento.
Con questa paradossale leggenda i Greci dimostravano l’origine della donna e giustificavano qualche giudizio poco riguardoso nei suoi confronti: in fondo essa era stata inviata da Zeus come punizione.
Fu Eracle a liberare dal tormento Prometeo, dopo che questi svelò che se Zeus avesse sposato Teti, la dea del mare, dalle loro nozze sarebbe nato un figlio che lo avrebbe cacciato dal trono, proprio come Zeus aveva fatto con Cronos e come Cronos in precedenza aveva fatto con Urano. Conosciuto il segreto, Zeus perdonò Prometeo e, per scongiurare definitivamente il pericolo che lo minacciava, si affrettò a sposare Hera, e fece sposare Teti a un mortale, Peleo.

Prometeo godé di un culto molto diffuso in Atene, tanto che la città gli dedicò delle feste pubbliche, le Prometheia, nelle quali si percorrevano le strade correndo con fiaccole accese per celebrare il più grande dono che Prometeo aveva fatto all’umanità: il fuoco.

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