L’ultima parola te “lu largu te lu palazzu”


Che bello vederla piena di gente, di bambini, di mamme, di famiglie, di giovani. La piazza è viva quest’estate, è viva e vegeta. E io la osservo in adorazione vedendola pulsare, come nulla fosse, vissuta sino in fondo dai cittadini di questa comunità.
Smentito! Che bello essere smentito dai fatti. Appena qualche mese fa rilevavo la vacuità(1) “te lu largu te lu palazzu”, in contrapposizione con la profondità delle presenze della mia adolescenza e giovinezza. Invece adesso constato che non è così, osservo i giovani, gli anziani, le famiglie e i bambini, tutti insieme nella splendida piazza del paese più bello del Mondo.
Stasera sono andato a prendere le patatine a mia figlia di ritorno da una liturgia, una bella liturgia.
Ho visto la piazza piena e ho esultato, ho gioito di questa vita, di questi volti, delle mille storie che, dismessi i Social Network e le Tv satellitari, scelgono di stare assieme, ancora una volta, alla luce della luna, della luna piena di stasera.
La penisola che si immerge a sud est nel grande lago salato ha un posto, microscopico, ma denso, intriso di significati, un posto che attrae le genti da ogni dove, un luogo che sembra fatto della sostanza dei sogni, una amicizia senza fine, una intesa risata, una birra gelata, una consumazione su questo basolato, davanti all’imponenza della storia, di un palazzo e di una chiesa, di una comunità segreta che si disvela all’assoluto.
Il paese più bello del Mondo, l’ho vissuto e lo vivo ancora, finché questa simpatica avventura avrà da dire l’ultima parola.
Antonio Bruno


(1)vacuità s. f. [dal lat. vacuĭtas -atis, der. di vacuus «vuoto»]. – Il fatto, la condizione di essere vuoto: la voce, rauca un poco, sonò strana nella v. sacra silente d’intorno (Boine). Più com. nel senso fig. di mancanza di consistenza, povertà assoluta di capacità intellettuale e di contenuti: basta che parli per mostrare la v. della sua mente; discorsi di una v. impressionante.

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