IL FIN LA MERAVIGLIA Appunti per ricordare la festa del paese più bello del Mondo
Festa di San Cesario luminarie anno 2005 foto di Maria Grazia Martina |
Di anno in anno
la festa
si rinnova nel suo splendore
in un’atmosfera di corale partecipazione
in una cornice sontuosa e spettacolare
devota, popolare e aristocratica.
***
La festa, prima che essere momento di aggregazione e di
celebrazione di ricorrenze sacre e profane, è occasione effimera, è spazio
privilegiato in cui si esprime il dominio sull’ immaginario.
La pratica di addobbare "le lieu de la fête" è un
filo rosso che attraversa pressoché invariato, se non negli aspetti
tecnologici, più epoche storiche e trova nel Seicento la sua massima
caratterizzazione: da motivo di curiosità creativa per stuoli di artisti e di
artigiani, ingaggiati da prestigiosi committenti, a motivo di predominio
ideologico, culturale e di ricchezza, la festa rinnova il suo fascino ora
aristocratico, ora folklorìstico, ora ludico, senza soluzione di continuità.
E’ celebre, a tal proposito, la teoria seicentesca espressa
del poeta Giambattista Marino (Napoli, 1569-1625) per il quale il fine ultimo
della poesia e, più in generale, dell’arte “è la meraviglia”.
In quest’assunto rientra a pieno titolo lo spazio della
festa, memorabili quelle romane, allestite dal Cavalier Gian Lorenzo Bernini
(Napoli, 1598-1680), “in cui la società si esprime a se stessa nella sua
globalità gerarchicamente articolata”.
L’intera comunità è protagonista!
Ciascuno crea il mondo della meraviglia per sentirsi attore
e spettatore, al tempo stesso, di magici ed effimeri giorni, fruiti in una
sinestesia di sensazioni, in un sincretismo pagano e cristiano, vissuto come
salutare antidoto alla quotidianità svilita dalla routine e dalle convenzioni.
Giorni in cui la comunità rivive emozioni, sentimenti
religiosi, stati d’animo di riflessione verso eventi che appartengono alla sua
storia.
Come ha osservato un eminente storico delle tradizioni
popolari G. B. Bronzini, “La festa come ogni dato culturale, non è mai
annualmente uguale a se stessa…, varia col mutare delle condizioni economiche e
sociali della comunità, migliora o peggiora d’anno in anno…Di qui la necessità
di…seguirla e viverla nella sua ragione umana e sociale… La festa non è mai la
stessa. In ciò consiste la storicità…”.
Maria Grazia Martina
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