Il Processo a San Cesario diacono e martire
Otto giorni dopo l'arresto di Cesario,
Lussurio, primo cittadino di Terracina, ed il pontefice Firmino
fecero venire il console Leonzio (Consularis Campaniae), che allora
si trovava nella città di Fondi, per iniziare il processo e
giudicare il giovane. Quando il console arrivò, le guardie portarono
nel Foro Emiliano il diacono Cesario, il quale era stato lasciato per
tre giorni senza cibo. L'accusa che gli fu mossa era di lesa maestà,
cui si aggiunsero quelle di vilipendio della religione di Stato, alto
tradimento ed interruzione di cerimonia sacra. Nel bel mezzo del
foro, Leonzio, attraverso l'araldo, iniziò l'interrogatorio dicendo:
"Qual è il tuo nome?" ed egli rispose: "Io sono
Cesario, peccatore e diacono anche se indegno." Il console
disse: "Sei libero o schiavo?" ed egli rispose: "Io
sono un servo del mio Signore Gesù Cristo". Il console disse:
"Sai tu ciò che hanno ordinato gli imperatori?" ed il
diacono rispose: "Non conosco i loro ordini". Leonzio
disse: "Hanno ordinato che si offrano dei sacrifici agli dei
immortali" ed egli rispose: "Sono molto infelici se hanno
dato tali ordini". Allora il console disse: "E per quale
ragione? Perché stanno cercando di ottenere così la salvezza dello
Stato?" ed egli rispose: "Quello che tu chiami la salvezza
dell' Impero è la vostra rovina". Il console disse: "In
ogni modo la religione è una fonte di salvezza per tutti" ed
egli rispose: "E quale bene procura dunque a quelli che voi
obbligate di dedicarsi alla morte senza averla meritata da alcun
crimine?". Il console Leonzio disse: "Fai quello che ti
consiglio e sacrifica agli dei, o la tua ostinazione sarà presto
punita" e Cesario rispose: "I tuoi tormenti non mi fanno
impressione, le pene eterne ne faranno tutt'altro su dite, poiché tu
non cesserai mai di avvertirle". 11 Console Leonzio disse:
"Andiamo al Tempio di Apollo". Come possiamo vedere, il
dialogo tra il giudice e l' imputato è semplice e lineare.
L'interrogatorio di Cesario non appare dei più duri, il magistrato
si limita semplicemente a constatare lo status di cristiano e il
rifiuto di adorare gli dei: niente discorsi, niente dettagli strani,
niente di quelle torture, per esempio, che i romani non hanno usato.
Durante il processo, nelle aree di
lingua latina, i cristiani venivano invitati dal presidente del
tribunale a giurare nel nome del "Genio di Cesare". Appare
chiaro come l'ignoto redattore della Passio abbia letto l'epistola di
Plinio il Giovane indirizzata a Traiano dove, per sommi capi, si
ripetono le modalità dell'interrogatorio di Cesario. Né sotto
Nerone né sotto Traiano esisteva il Consolare della Campania (questa
carica è della metà del II sec. d. C. e Terracina - almeno sino
alla metà del III sec. d. C. - non fece mai parte della Campania).
E' strano che, sotto Teodosio (379-395 d.C.), Terracina fosse
assegnata alla Campania e non al Lazio, ciò si spiega soltanto con
la maggior facilità di comunicazioni, in quel tempo, fra la città e
quella regione anziché con Roma, a causa del cattivo stato delle
paludi e della via Appia; la Campania ebbe perciò un consolare tra
il 333 e il 438 e il primo che si ricordi, nel 333, è Barbaro
Pompeiano. Gli stessi nomi dei magistrati, come Leontius,Luxurius e
Firminus sono inconsueti nel primo secolo, in Occidente, soprattutto
per uomini di un certo rango. Lo storico francese Tillemont ritrova
Lussurio e Leonzio nella Passio del martire Giacinto di Porlo, in
circostanze del tutto simili, ma anche con altre che impediscono -
come vorrebbe il Baronio - che il fatto sia collocato al tempo di
Traiano. E' interessante notare come i testi della Passio S. Caesarii
minima e della Passio S. Hyacinthi abbiano rapporti di dipendenza tra
loro, sia nella forma che nella struttura: l'incipit e TExplicit
coincidono; entrambe iniziano con l'interrogatorio di Leonzio, le
domande poste dal magistrato e le risposte dell'imputato sono simili
e la descrizione della morte di Lussurio, o Lussorio, conclude le
narrazioni. Il console Leonzio è menzionato quindi anche in altri
"Atti dei Martiri"- soprattutto della Campania - come
giudice che condanna a morte i cristiani che si rifiutano di
sacrificare agli dei, tra i quali ricordiamo: Montano, soldato di
Terracina, Giacinto di Porto, le vergini Archelaa, Tecla e Susanna
(martirizzate a Nola), i cittadini salernitani Fortunato, Caio ed
Ante (martirizzati presso la riva del fiume Irno), Agape, vergine di
Terni, Procolo, Efebo ed Apollonio, discepoli di Valentino, vescovo e
martire di Temi.
Brano tratto dal Libro illustrato sulla
vita di San Cesario, o Cesareo, diacono e martire di Terracina:
"CAESARIUS DIACONUS" / Testi e illustrazioni di Giovanni
Guida, 2015. (Studio della Passio Sancti Caesarii diac. et Iuliani
presb. Terracinae mart.)
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