La lezione migliore è l’assedio all’oggettività
È incredibile pensare al ritardo con cui i programmi
scolastici della scuola secondaria superiore accolgano i risultati più
interessanti della ricerca scientifica, filosofica ed epistemologica. Può anche
accadere che un contributo di sconvolgente bellezza e di enorme importanza non
venga nemmeno preso in considerazione.
Di solito si demanda all’università il compito di aggiornare
davvero lo studente sullo «stato dell’arte» nelle scienze, senza pensare che
questo avverrà al massimo per un piccolo segmento del sapere e per un tempo limitato,
e l’impatto sarà di scarsa portata perché le conoscenze saranno già troppo
strutturate nella mente degli allievi (che hanno invocato spesso un aggiornamento
della cultura scolastica, ottenendo nella scorsa legislatura che un tale
diritto fosse codificato nello Statuto delle Studentesse e degli Studenti).
Lo studio del cervello e della coscienza conduce fino alle
estreme conseguenze la discussione su concetti sufficientemente consolidati da
apparire come robusti paradigmi, tanto da produrre spesso la loro rifondazione.
Una volta intangibile, il concetto di scienza subisce radicali revisioni. «Solitamente»
— afferma Humberto Maturana» gli scienziati non riflettono sulle condizioni
costitutive della scienza»13.
Infatti la scienza non è un universale, invece è un
particolare dominio cognitivo che adotta la spiegazione (scientifica) come
criterio di validità delle proprie asserzioni. Per validità si intende
l’accettabilità delle asserzioni da parte di una comunità di osservatori (che
Maturana chiama «osservatori standard»). Le asserzioni della scienza sono
dunque consensuali per avere significato scientifico. La scienza non può allora
rivelare una realtà oggettiva indipendente, un mondo oggettivo a sé stante. Ne
consegue un profondo mutamento nell’ontologia dell’osservazione, con immense
conseguenze in innumerevoli domini cognitivi. Maturana ricorda che «il termine
percezione viene dall’espressione latina per-capere che significa afferrare, e
implica che percepire significhi afferrare le caratteristiche di un mondo indipendente
dall’osservatore». Al contrario — ribadisce lo scienziato cileno — l’esistenza
dipende dalla biologia dell’osservatore, dal modo tutto personale al quale esso
perviene alla conoscenza, che è la prassi della sua vita stessa, e al
linguaggio.
All’interno della sua conoscenza, del suo vivere, e del suo
linguaggio si possono formulare le spiegazioni, scientifiche oppure no, non
esiste un riferimento ultimo per la validazione di tutte le spiegazioni, una cosiddetta
realtà, una ding an sigh (la cosa in sé). Per lo stesso motivo si deve
accettare l’impossibilità empirica di distinguere tra illusione, allucinazione
e dato sensoriale. Insomma non esiste una immacolata percezione.
Dunque l’oggettività va messa tra parentesi, questa
operazione implica la presenza di multiversi, tanti quanti sono i domini di
verità, le distinzioni operate dagli osservatori. È solo un esempio del modo in
cui gli statuti ontologici siano influenzati dalle prospettive di un pensiero
che, partendo da più punti di osservazione, da decenni sta mettendo in seria
crisi la ragione classica che ha fatto coincidere quelle che erano solo
pratiche intellettuali, con il dominio stesso della realtà, se esiste.
Diego Altomonte, Il cervello nello zaino - Le neuroscienze e
le scienze cognitive nelle scuole superiori
OPPInformazioni, 93
(2004)
13 MATURANA H., Autocoscienza e realtà, Raffaello Cortina
Editore, Milano 1993. Maturana (1928), ciber-biologo e neurofisiologo cileno,
seguendo il percorso di Bateson, ha introdotto il concetto di autopoiesi,
pervenendo, insieme al compianto Francisco Varela, ad un modello di conoscenza
costruttivista. Uno degli aspetti più interessanti di questa visione è la
possibilità di una fondazione biologica delle scienze sociali.
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