Una mia esperienza di collaborazione partendo dalla divergenza
Bisogna che ci incontriamo e che l'incontro generi un
interessante dialogo tra i partecipanti. Penso che dobbiamo fare una cosa molto
interessante, parlare di come muoversi e comportarsi per fare democrazia: nella
convivenza, nel rispetto reciproco, nella collaborazione, nell'onestà,
nell'equità, nell'etica sociale, nella riflessione, questo è quello che possiamo
fare, ciò che è interessante e sempre gradito all'anima.
Ciò stigmatizza l'importanza di generare spazi per il
dialogo. Nelle conversazioni si genera felicità e speranza che tutto possa
cambiare a patto che chi partecipa lo voglia, ho potuto constatare che c'è un
enorme desiderio di conversare, di vivere nel rispetto reciproco, nell'onestà,
in collaborazione, vale a dire, c'è desiderio di tutto questo. Ma il desiderio
va di pari passo con l'azione, e ieri sera un mio amico passato da casa si
vedeva che desiderava continuare a palare e che da quelle parole era scaturita
una volontà di agire. Questo significa che è una porta che si apre a causa di
ciò che noi in Italia e nel mondo stiamo vivendo in tema di mancanza di
rispetto, tradizione e sull'onestà che abbiamo vissuto.
Questo è il risultato di un conversazione sulle 49 persone
che dal 23 dicembre sono sulla Sea Watch con questo mio amico. All’inizio lui
mi esponeva il suo malessere per come fosse stato affrontato il problema da parte dei governi italiani precedenti che, secondo la sua opinione, giustifica quello che sta facendo il governo attualmente in carica. Io da parte mia gli
esprimevo il malessere su come si stesse procedendo invece in questi giorni.
Abbiamo conversato e pur avendo punti di partenza così
diversi è accaduto che in un nuovo dominio cognitivo abbiamo raggiunto un coordinamento
comportamentale su un progetto comune che vedrebbe tutti concordi.
Si è arrivati alla conclusione che i governi precedenti avrebbero
dovuto fare ciò che noi abbiamo concordato si dovesse fare e che quello attuale
è ancora in tempo per farlo.
Chi si è proposto volontariamente al governo del nostro
Paese dovrebbe stabilmente promuovere politiche che determino in tutto il
Mondo, ossia a livello globale, la possibilità di poter vivere dignitosamente
nella propria terra, qualunque questa sia.
Ci sarebbe molto da scrivere. Ma non lo faccio perché non è
la soluzione di questo problema che voglio sottolineare. Io voglio invece
stigmatizzare ciò che ho sperimentato ieri, ovvero la possibilità di collaborare
grazie a una conversazione collaborativa che ha co – ispirato noi che abbiamo
partecipato ad agire per un progetto comune.
Da oggi io e il mio amico, negli ambienti che frequentiamo e
con le persone che conosciamo avremo una conversazione che ci porterà in questo
dominio cognitivo quando si parlerà delle persone che sono venute da lontano e
che stanno in mezzo a noi come clandestini e di quelli che vorrebbero venire in
Europa da tanti Paesi lontani.
Allora io l’ho sperimentato: collaborare si può! E la
collaborazione porta a vivere tutti meglio. Ho potuto toccare con mano quello
che afferma Maturana che difende il processo di conoscenza spiegandolo
dettagliatamente dall'approccio biologico: “L'importante non è la conoscenza,
ma il processo che porta a questa conoscenza e al quale sia le scuole che le
università non prestano la dovuta attenzione. È più apprezzato ciò che è noto
che non il processo di apprendimento.”
Un altro concetto interessante è quello della felicità.
Secondo Maturana, ogni persona ha un diverso concetto di felicità. La cosa
appropriata è non parlare, quindi di felicità, ma dell'infelicità che, secondo
lui, avviene per due motivi: più sono
alti l’attaccamento e le aspettative su se stessi tanto maggiore sarà
l’infelicità che si prova.
Io e questo mio amico alla fine della nostra conversazione
ci siamo salutati felici ed in Pace. Ecco non abbiamo dimostrato attaccamento né
aspettative su noi stessi, su quello che pensavamo prima di conversare, abbiamo
lasciato andare tutte le nostre convinzioni e si sono aperti spazi infiniti di
collaborazione.
Antonio Bruno Ferro
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