“Lavori in corso” Humberto Maturana e Ximena Dávila


Sabato 9 ottobre ISMO ha avuto l’onore di avere come relatori di “Lavori in corso” Humberto Maturana e Ximena Dávila, co-fondatori dell’Instituto Matriztico di Santiago del Cile, ospiti a questo ciclo di incontri di “Lavori in corso” - dal titolo “Con o senza” - per condividere con noi l’importante riflessione da loro sviluppata sui fondamenti dell’esistenza umana, sulla relazione costitutiva e ricorsiva che lega individuo e comunità (“Ogni essere vivente esiste in un mondo che nasce con lui” - Instituto Matriztico).

L’attività dell’Instituto Matriztico ruota intorno a diverse aree di ricerca e di intervento: la famiglia, la formazione, le organizzazioni, la società e il mondo naturale. Un punto centrale della loro riflessione riguarda l’autonomia riflessiva che caratterizza l’essere umano, la sua consapevolezza di poter partecipare ed essere autore del mondo che abita.
L’Instituto di Formazione Matriztico si occupa di creare spazi relazionali di apprendimento, di riflessione, attraverso l’esplorazione della “Biologia del Conoscere e dell’Amare”. La comprensione dei fondamenti degli esseri umani come esseri biologici e culturali genera – secondo gli autori - un’espansione degli spazi di autonomia riflessiva del soggetto, da loro concepito come sistema autopoietico.


Humberto Maturana, Professore presso l’Università del Cile (Dipartimento di Biologia), a partire dal suo studio sulla percezione, ha sviluppato un’importante riflessione intorno al fenomeno della conoscenza, inteso come un fenomeno biologico che denomina “biologia del conoscere e dell’amare”. A partire da questo lavoro, Maturana mostra che il non poter far riferimento a una realtà indipendente dall’osservatore non rappresenta un limite per comprendere l’ambito relazionale e cognitivo umano. Al contrario, riconoscere questa condizione costitutiva dell’essere vivente in generale e dell’essere umano in particolare, permette di intendere il fenomeno della conoscenza come la continua creazione di dominii di esistenza.

Maturana ha studiato Medicina in Cile e Biologia in Inghilterra e Stati Uniti, completando un dottorato in Biologia presso l’Università di Harvard. Attualmente lavora con Ximena Dávila allo sviluppo della visione della dinamica della Matrice Biologica della Esistenza Umana in diversi ambiti della convivenza sociale.





Ximena Dávila, allieva e collaboratrice del prof. Maturana, ha sviluppato con lui la visione della dinamica che intreccia la “Biologia del Conoscere” e la “Biologia dell’Amare”, denominata Matrice Biologica dell’Esistenza Umana (1998-1999). Ha studiato Orientamento in Relazioni Umane e Famiglia, con menzione in Relazioni Lavorative presso l’IPCC. Da più di otto anni approfondisce i lavori di Maturana, negli ultimi quattro anni come allieva diretta. La sua pratica professionale è centrata sulle Conversazioni Riflessive con Conseguenze Liberatorie, metodo che ha sviluppato a partire dalla “Biologia del Conoscere e la Biologia dell’Amare”, in relazioni di orientamento familiare e organizzativo.



L’intervento dei relatori prende le mosse dalla constatazione che la maggior parte delle malattie umane ha a che vedere con la negazione dell’amore e che la “medicina” più efficace è l’amore.
Il dolore e la sofferenza degli esseri umani – a detta dei relatori – hanno sempre un’origine culturale. Il dolore è generato dalla negazione della persona da parte della cultura in cui viviamo. La sofferenza è data dalla conservazione ricorsiva di un dolore relazionale generato da una cultura patriarcale o matriarcale, attraverso relazioni di dominio, controllo e sfiducia. Il dolore nasce dalla ripetizione coatta della configurazione emotiva che caratterizza la relazione originaria che accomuna ogni essere umano, quella tra infante e genitore.
Avendo un’origine culturale, il dolore è dissipabile, può scomparire; se si prende consapevolezza della matrice relazionale in cui si è immersi e che genera la sofferenza, è possibile riemergere. Maturana e Dávila sottolineano il fatto che le conversazioni possono essere uno strumento prezioso di disvelamento delle matrici relazionali da cui provengono gli interlocutori e in cui si trovano immersi.

L’Instituto Matriztico prende il suo nome dalla parola “matrice”, che in spagnolo ha il duplice significato di “utero” e di “trama relazionale”: si occupa di dare formazione e contribuire alla comprensione della trama relazionale in cui si generano, si conservano e si sviluppano gli esseri umani.
Il primo invito dei relatori è ad ascoltare, ad ascoltarsi e ad ascoltarci; nella nostra cultura – dicono - ascoltiamo con l’attesa che l’altro dica ciò che noi stessi stiamo dicendo o pensando, cioè non ascoltiamo l’altro, ma ascoltiamo noi stessi. La proposta di Maturana e Dávila è di ascoltare l’altro presentandoci all’incontro con la possibilità di vedere e riconoscere il suo valore.
Maturana ci ricorda che, in quanto esseri umani, siamo legati ad una dimensione molecolare. Viviamo in un continuo processo di cambiamento fisiologico e relazionale.

Abitiamo un momento storico in cui “possiamo fare qualsiasi cosa ci accada” e questo è al contempo terribile e meraviglioso; possiamo fare qualunque cosa accada entro il dominio operazionale che stiamo vivendo. “Dobbiamo però fare tutto quello che possiamo fare? Dobbiamo fare tutto quello che accade?” - ci interroga Maturana.
Quando insegniamo ai bambini, trasmettiamo loro che esistono cose che hanno senso rispetto ad una dinamica sociale e cose che non lo hanno. Questa riflessione pone un limite a ciò che si può fare e permette di introdurre il bambino a una dimensione etica della vita e dell’agire; il limite non è un limite operazionale, ma riflessivo, che ha a che fare con la responsabilità del singolo di fronte alla dimensione sociale che vive. Il singolo è responsabile di ciò che accade nella comunità.


L’etica e il comportamento umano hanno a che fare con le emozioni: ciò che guida il nostro vivere sono le emozioni, anche se spesso ci convinciamo di essere esclusivamente “esseri razionali”: in realtà, tutto il sistema cognitivo-razionale si basa su delle premesse emozionali. Tutto ciò che un essere vivente fa avviene all’interno di una dimensione relazionale, connotata da un mondo emotivo che lo accompagna.
Le emozioni che guidano il nostro co-abitare presente sono – secondo Maturana e Dávila - in maggior parte quelle di autorità e sottomissione, di sfiducia e di controllo, nonostante preferiamo vivere nella dimensione della fiducia e del rispetto reciproco. Ma che relazione c’è fra la nostra biologia e la cultura che ci permette di vivere in contesti di violenza e sofferenza?
Come esseri viventi, noi esseri umani siamo sempre costituiti dai fondamenti molecolari che ci caratterizzano. Nello stesso tempo, però, esistiamo come totalità in uno spazio relazionale, lo spazio del comportamento. Maturana sottolinea che ciò che accade nel dominio fisiologico non si può ricondurre al comportamento e viceversa: i fenomeni che accadono in un dominio vanno spiegati all’interno dello stesso dominio. La nostra dinamica fisiologica e relazionale è in continua trasformazione.

Il soggetto – in quanto dotato di linguaggio - dà vita, concepisce e costruisce la realtà. Infatti, nella nostra vita quotidiana non abbiamo nessun elemento che ci permetta di dire che esiste qualcosa di oggettivo esistente al di fuori di noi.
L’esistenza umana si dà nella convivenza e nel linguaggio. Siamo soliti riferirci al linguaggio come ad un sistema simbolico di comunicazione, come ad un modo di comunicare la realtà che ci sta intorno. Piuttosto che dare una definizione di linguaggio, Maturana propone di chiederci cosa facciamo nel nostro vivere quotidiano mentre stiamo usando il linguaggio. Quando si dà una coordinazione di coordinazioni di condotte e di comportamenti, un osservatore esterno può dire: “questo è il linguaggio. Queste persone stanno parlando, stanno conversando.” “Il linguaggio è un fluire di una convivenza all’interno di coordinazioni di coordinazioni di fatti consensuali”.

La dimensione relazionale fa da sfondo a tutte le nostre esperienze. Tutto ciò che viviamo, lo viviamo a partire da questo spazio relazionale, anche il linguaggio; conversare ha a che fare con una dinamica tra linguaggio ed emozione. Tutto ciò che accade nella vita si dà all’interno di reti di conversazione. Questo è lo sfondo biologico in cui si dà la nostra convivenza caratterizzata dal linguaggio e dalle emozioni, quindi una convivenza conversazionale, che ha un carattere speciale, cioè culturale.
La vita si realizza in un presente storico che caratterizza e connota le reti di conversazioni; il passato non c’è, non si vede e neanche il futuro c’è. Viviamo nel presente che fa da involucro alle nostre relazioni; se riusciamo a guardarlo in profondità, il presente ci rivela le trame relazionali (la matrice biologica dell’esistenza umana) che connotano la convivenza in cui ci muoviamo. “Ciò che si conserva definisce e genera ciò che si può cambiare” (Instituto Matriztico).



La cultura è una rete fitta, densa di conversazioni che specifica e conserva un modo particolare di vivere. Il bambino nasce all’interno di una cultura familiare da cui è generato e, a sua volta, la crea abitando la trama di relazioni che costituiscono il suo ambiente. Per acquisire consapevolezza della cultura che si abita, è necessario riflettere su di essa. Riflettere ha a che fare con l’allontanarsi da ciò che si sta vivendo, per osservarlo e comprenderlo.



I bambini apprendono la rete di conversazioni che caratterizza le relazioni fra loro e gli adulti di riferimento. L’educazione e la formazione sono trasformazioni della convivenza. Se desideriamo veramente uscire dal malessere e generare un cambiamento nella nostra vita, della nostra convivenza, dobbiamo cambiare le reti di conversazioni che la conservano nel nostro fare quotidiano; queste si cambiano mutando lo stato emozionale che guida il nostro convivere.

I relatori sottolineano che la condizione costitutiva dell’essere umano è amorosa e non aggressiva. Se ci troviamo a vivere dentro una rete di comunicazione caratterizzata dall’aggressività o dal rifiuto, se apprendiamo questa cultura di malessere tendiamo a conservarla senza rendercene conto. La possibilità di uscita consiste nell’atto riflessivo, che si dà attraverso l’emozione ed è portatore di creatività. La riflessione è possibile solo se si riescono a mettere tra parentesi le certezze a cui siamo attaccati.
La riflessione è un atto amoroso sulle circostanze in cui ci si trova, perché parte dall’accettazione della legittimità della domanda su di sè. “Per questo amare ha a che fare con il guardare; amare è guardare, guardare è amare” – sostengono gli autori. Se vedo l’altro attraverso un sguardo di critica, a partire dalle mie aspettative, sto esigendo qualcosa dall’altro, cioè non lo sto guardando e non lo sto amando. Guardare e amare sono possibili solo senza esigenze, senza aspettative, prescrizioni o critiche. Amare è unidirezionale. L’amore rende possibile la riflessione e quindi la conoscenza: è la possibilità di “stare con l’altro” e di stare senza di lui, di co-abitare uno spazio e un tempo. Il segreto dell’amore è accettare le legittimità dell’essere che ognuno di noi è, perché solo amando e rispettando la legittimità della nostra esistenza possiamo essere “presenti” all’altro e incontrarlo in modo autentico.


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