Sistemi auto-organizzatori in biologia
Sono in molti ormai a ritenere che le singole scoperte e i
vari progressi della scienza non costituiscano fenomeni isolati, ma siano bensì
i vari tasselli di un corpus unico all’interno del quale essi trovano posto
(Prigogine Y., Stengers I., 1981; Cini M., 1994). Nell’ultimo secolo, pertanto,
oltre a rilevare le caratteristiche intrinseche a ciascun componente, molti
scienziati e filosofi della scienza hanno operato perché venissero evidenziate
anche le proprietà legate all’insieme, proprietà grazie alle quali tutto il
sistema acquista nuovi significati e nuovo senso.
Mutamenti concettuali analoghi a quelli verificatisi in
fisica con le strutture dissipative, hanno luogo anche in altre discipline
quali la biologia molecolare, settore in cui i ricercatori, di fronte
all’enorme varietà di soluzioni organizzative, regolative ed adattive
risultanti dalla dinamica dell’organismo, si vedono costretti a cambiare il
tipo di domande che erano sino ad allora soliti fare nel quadro della ricerca
sulla funzionalità dell’organismo. Non più ricerca delle cause, dei perché, ma
analisi delle condizioni generali e della catena di eventi attraverso le quali
ciascuna particolare soluzione si è affermata.
L'autopoiesi
Particolare importanza, anche per le valide trasposizioni
concettuali in psicologia, riveste in quest’ambito il concetto di autopoiesi
(Maturana H., Varela F., 1985; Maturana H., Varela F., 1987), modalità
organizzativa che caratterizza e specifica l’essere vivente in quanto tale.
Un sistema si dice
‘autopoietico’ quando è in grado di mantenere la propria organizzazione
mediante i propri stessi mezzi e di costituirsi come distinto dall’ambiente
circostante mediante la propria stessa dinamica. Un sistema autopoietico è
perciò autonomo, ovverosia in grado di stabilire le proprie leggi e le proprie
specificità. Dichiarano gli autori:
“Non stiamo dicendo
che gli esseri viventi sono gli unici enti autonomi; certamente non lo sono. Ma
è evidente che una delle cose più immediate e tipiche di un essere vivente è la
sua autonomia. Secondo noi il modo, il meccanismo, che rende gli esseri viventi
dei sistemi autonomi è l’autopoiesi che li caratterizza come tali” (Maturana
H., Varela F., 1987, p. 57).
Ciò che contraddistingue un organismo come vivente, dunque,
non sono né la sua maggiore o minore complessità strutturale, né la sua
modalità di riproduzione, bensì la sua auto-organizzazione e la sua capacità di
conservarla.
Le unità
autopoietiche interagiscono tra loro e con l’ambiente. Tali interazioni, quando
acquisiscono un carattere ricorrente o molto stabile, vengono definite
accoppiamenti strutturali (Maturana H., Varela F., op. cit.), in quanto
innescano dei mutui cambiamenti nelle strutture delle unità interagenti.
L’accoppiamento strutturale è sempre reciproco: organismo ed ambiente subiscono
entrambi trasformazioni in conseguenza dell’interazione, secondo una modalità
circolare di reciproche perturbazioni.
Il determinismo strutturale
Va osservato che i cambiamenti prodotti dall’interazione fra
essere vivente e ambiente sono sì innescati dall’agente perturbante, ma sono
determinati dalla struttura del sistema perturbato. Ciò significa che al di là
della perturbazione, che viene provocata dall’accoppiamento strutturale, a
determinare il tipo di modificazione strutturale sarà la struttura stessa del
sistema perturbato, che reagirà in modo specifico in base alle proprie
peculiari proprietà. È quello che gli autori chiamano determinismo strutturale.
Si parla di
‘determinismo strutturale’ quando una perturbazione dell’ambiente non contiene
in sé la specificazione dei suoi effetti sull’essere vivente, ma è questo, con
la propria struttura, a determinare il suo stesso cambiamento in rapporto alla
perturbazione. L’interazione tra essere vivente ed ambiente “non è istruttiva perché
non determina quali saranno i suoi effetti” (Maturana H., Varela F., trad. it.
1987, p. 87).
“Come scienziati
possiamo trattare solo con unità strutturalmente determinate. Ci possiamo cioè
occupare solamente di sistemi nei quali tutti i cambiamenti sono determinati
dalla struttura dei sistemi stessi, qualunque essa sia, e in cui tali
cambiamenti strutturali si verificano come risultato della loro stessa dinamica
o perché scatenati dalle loro interazioni.” (Maturana H., Varela F., trad. it.
1987, p. 88).
Vengono individuati e distinti quattro domini, o ambiti,
specificati dalla struttura di un’unità (Ruiz A. B., trad. it. 1996):
1. dominio dei
cambiamenti di stato: vi si includono tutti quei cambiamenti strutturali
che un’unità è in grado di sopportare senza che la sua organizzazione cambi;
2. dominio dei
cambiamenti distruttivi: in esso sono inclusi tutti quei cambiamenti
strutturali che fanno perdere l’organizzazione all’unità;
3. dominio delle
perturbazioni: in esso vengono inserite le interazioni che innescano
cambiamenti di stato;
4. dominio delle
interazioni distruttive: vi si includono perturbazioni che provocano un
cambiamento distruttivo.
Quando una modificazione strutturale è tale da alterare
l’organizzazione, l’unità autopoietica si degraderà e cesserà di esistere.
Obiettivo necessario, quindi, del sistema è mantenere la propria organizzazione
apportando delle modifiche strutturali compatibili, in risposta alle sollecitazioni
provocate dall’interazione con l’ambiente.
In quest’ottica, secondo gli autori (Maturana H., Varela F.,
trad. it. 1985), va inserito il concetto
di ‘adattamento’, che è visto come forma
di compatibilità tra gli organismi e il loro ambiente. Quando tale
compatibilità non viene mantenuta, con la conseguente perdita della propria
autopoiesi da parte del sistema, questo si disintegra. Ha cioè perso il suo
adattamento.
Da questo punto di vista non esistono organismi più adattati
di altri, od organismi meno adattati di altri. Ci sono semplicemente organismi
adattati, poiché l’adattamento è un fenomeno che, per garantire la
sopravvivenza dell’organismo nel proprio ambiente, richiede un “perfetto”
funzionamento in tutti i suoi aspetti.
Bibliografia
Antiseri D. (1987), Thomas S. Kuhn e la struttura delle
rivoluzioni scientifiche, Gava G. (a cura di), Un’introduzione
all’epistemologia contemporanea, Cleup, Padova, pp.
Bateson G. (1976), Verso un’ecologia della mente, Adelphy,
Milano.
Bateson G. (1984), Mente e natura, Adelphy, Milano.
Bertalanffy von, L. (1971), Teoria generale dei sistemi –
fondamenti, sviluppo, applicazioni, Istituto Editoriale Internazionale, Milano.
Bunge M., Halbwachs F., Kuhn T. S., Piaget J., Rosenfeld L.,
(traduzione di A. e G. Conte) (1974), Le teorie della causalità, Giulio Einaudi
Editore, Torino.
Cini M. (1994), Un paradiso perduto, Feltrinelli, Milano.
Kuhn T. S. (1988), La struttura delle rivoluzioni
scientifiche, Einaudi, Torino.
Maturana H., Varela F. (1985), Autopoiesi e cognizione,
Marsilio, Venezia.
Maturana H., Varela F. (1987), L’albero della conoscenza,
Garzanti, Milano.
Prigogine Y., Stengers I. (1981), La nuova alleanza, Piccola
Biblioteca Einaudi, Torino.
Ruiz A. B. (1996), I contributi di Humberto Maturana alla
scienza della complessità e alla psicologia, Journal of Constructivist
Psychology, 9:4 (oct. – nov.).
Varela F. (1988), Il circolo creativo: abbozzo di una storia
naturale della circolarità, Watzlawick P., La realtà inventata, Feltrinelli,
Milano.
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