La teoria sistemica, un modello scientifico meta-disciplinare e trasversale
1.2. La teoria sistemica, un modello scientifico
meta-disciplinare e trasversale
Nella prospettiva di definire un approccio scientifico alla
«complessità», in grado di comprendere i concetti di cambiamento, di crescita e
di sviluppo, il biologo Ludwig von Bertalanffy (1901-1972) formula, negli anni
Quaranta, la «sua teoria generale dei sistemi». Muovendo da un approccio antico
— quello, appunto, legato a concettualizzazioni «sistematiche» della realtà —
Bertalanffy mette a punto un nuovo paradigma che nei decenni successivi
raccoglie l'interesse di discipline diverse convogliandole in un movimento
scientifico vasto e articolato. La teoria sistemica, in tal modo, superando i
confini delle scienze della vita, viene assunta a modello generale di interpretazione
della mente, della coscienza, della società e della cultura'. Il concetto di
«sistema», in tale nuova prospettiva, esce dalla dimensione onnicomprendente,
tipica dei tradizionali approcci olistici, in cui tale concetto nmanda ad una
architettura complessiva, una struttura ordinata e stabile di parti ngidamente
gerarchizzate. La struttura, al contrario, si presenta come una configurazione
di relazioni fra le parti di tipo probabilistico: essa si realizza nel tempo,
all'incrocio imprevedibile e irreversibile (quindi non ripristinabile in altri
«tempi» e in altri «spazi») di una molteplicità incalcolabile di variabili
contingenti. Gli sviluppi successivi del pensiero sistemico hanno ulteriormente
riconfigurato il modello proposto da Bertalanffy. Nella seconda metà del
Novecento, infatti, esso si offre come modello trasversale di lettura e di
interpretazione, in grado di pensare la complessità e di porla quale nozione
epistemico-gnoseologica di carattere generale. Il pensiero sistemico transita,
pertanto, da paradigma cognitivo interno alle scienze fisiche, matematiche e
biologiche (che interpreta la crisi degli schemi scientifici classici del
determinismo e della reversibilità e sostiene l'ascesa dei nuovi concetti di
non-equilibrio, instabilità e tempo non-lineare), a modello filosofico dei
caratteri plurali dell'intera realtà fisica, biologica, mentale, sociale e
culturale. L'attuale teoria dei sistemi fa propria la distinzione — già
individuata dagli studiosi di Cibernetica — fra «schema di organizzazione di un
sistema» e «struttura fisica del sistema» stesso. Lo schema di organizzazione
che caratterizza tutti i sistemi viventi è lo schema a rete, al cui
approfondimento il biologo cileno Humberto Maturana ha dedicato la formulazione
del concetto di autopoiesi. I sistemi viventi sono sistemi autopoietici in
quanto la loro organizzazione interna è una «rete che produce continuamente se
stessa», nel senso che ciascuna componente della rete è coinvolta nella
trasformazione e nella produzione delle altre componenti della rete stessa. A
livello del suo schema di organizzazione (a livello, cioè, della sua
autopoiesi), dunque, il sistema vivente può dirsi «chiuso» e «autonomo». Il suo
ordine e il suo comportamento non sono determinati da influssi ambientali ma derivano
da processi autonomi di auto-organizzazione. A livello della sua struttura (a
livello, cioè, delle componenti fisiche del sistema), il sistema vivente è,
invece, «aperto». Esso interagisce continuamente con l'ambiente, scambiando con
esso materia ed energia e trasformandosi, di conseguenza, sulla base di
processi metabolici e di sviluppo. Grazie alla coerente integrazione di
«chiusura» e «apertura» all'ambiente e, cioè, alla particolare coesistenza di
«permanenza» e «cambiamento», ciascun sistema vivente ha modo di conservare la
propria «unità identitaria», nonostante vada incontro a continui mutamenti
fisici per effetto dell'azione dell'ambiente esterno. In tale prospettiva,
Maturana, insieme a Francisco Varela, ha ulteriormente approfondito il problema,
rilevando come, nel corso dell'ontogenesi, ciascun sistema vivente, venendo a
contatto e interagendo con altri sistemi, va incontro a «perturbazioni», ossia
a sollecitazioni che lo spingono a scegliere e innescare cambiamenti strutturali
compatibili con le proprie possibilità organizzative{. Tale concezione muta la
visione dell'influenza che l'ambiente esercita sul sistema. Essa non è
un'influenza che opera in termini di input istruttivi, cioè di lineare
causalità stimolo-risposta, ma procede, bensì, in termini di «perturbazioni»
che coinvolgono, insieme, il sistema e l'ambiente in complessi processi di
co-evoluzione (cioè di reciproca determinazione). In tal senso, l'idea di
«chiusura orgamzzazionale», avanzata dalla teoria dei sistemi, si è rivelata
ricca di implicazioni tanto nel campo delle scienze neurologiche quanto nel
campo epistemologico e filosofico. Un sistema, sia esso l'organismo dotato di
un sistema nervoso oppure un «paradigma» scientifico, è caratterizzato da un
dominio cognitivo (definito, appunto, dall'ambito della sua «chiusura
organizzazionale»). È sulla base di tale dominio cognitivo che il sistema
seleziona gli stimoli dell'ambiente scegliendo quelli significativi e
determinandone il significato stesso. Dal momento che lo sviluppo del sistema
nervoso e della conoscenza derivano dal modo autonomo in cui il sistema
«costruisce» le proprie strutture, rispondendo alle «perturbazioni»
dell'ambiente sulla base del proprio, singolare «paesaggio dinamico» (Varela),
ossia del dominio di interazioni previste per il mantenimento della propria
integrità, non è possibile giudicare i suoi processi in relazione a una norma
esterna e assoluta (una «rappresentazione» del mondo esterno «corretta»). I
processi conoscitivi, al contrario, vanno interpretati in quanto «frutto
costruttivo», unico e personale, del particolare modo in cui, in un particolare
tempo e in un particolare spazio fisico, storico ed esistenziale, il sistema
cognitivo utilizza gli stimoli ambientali. Allo stesso modo, viene meno l'idea
di poter giudicare teorie o concezioni scientifiche in relazione a un punto di
vista assoluto (quello di una conoscenza onnicomprensiva e perfetta),
neutralizzando e annullando le differenze e le contrapposizioni fra i
molteplici punti di vista diversi che, nella storia della conoscenza umana, si
propongono all'attenzione delle comunità scientifiche. Si fa necessario, al
contrario, considerare le molteplici contraddittorie visioni del inondo come
irriducibili, non gerarchizzabili e, tutte, prese nella medesima rete di
interazioni costruttive. Sono irriducibili e co-costruttive le visioni del
mondo relative a diverse culture, a diversi paradigmi scientifici, a diverse
tradizioni di senso comune. Sono irriducibili e co-costruttive anche le diverse
visioni del mondo che coesistono nell'ambito di una stessa cultura, di uno
stesso paradigma scientifico, di una stessa tradizione dí senso comune oltreché
le visioni del inondo relative ai diversi singoli individui e, ancora, le
visioni del mondo relative ai diversi tipi di intelligenza che coesistono
all'interno di uno stesso singolo individuo. Tutto questo ha delineato, nel
corso degli ultimi decenni, le condizioni per procedere a una reinterpretazione
della razionalità scientifica e della razionalità tout court. La molteplicità e
la reciproca vicarianza dei punti di vista da cui è possibile conoscere il
mondo mette definitivamente in scacco l'ideale regolativo della scienza
classica, ossia il raggiungimento di un punto di vista scientifico unico, omogeneo
e assoluto. La conoscenza, al contrario, si propone nei termini di una
costruttività mai conclusa, che si sviluppa nella rete dei molteplici, opposti
e complementari punti di vista occorrenti.
brano tratto da: Franca Pinto Minerva, Franco Frabboni, Introduzione alla
pedagogia generale
Commenti
Posta un commento