Humberto Maturana, Autopoiesi
Autopoiesi
Il concetto di autopoiesi (dal greco “auto” (sé) e “poiesis”
(creazione)), elaborato da Maturana, venne utilizzato per indicare che la
caratteristica fondamentale dei sistemi viventi è una struttura organizzata al
fine di mantenere e rigenerare nel tempo la propria unità e la propria
autonomia rispetto alle variazioni dell’ambiente, tramite propri processi
costituenti che contribuiscono alla ri-generazione e al mantenimento del
sistema.
Gli esseri viventi sono considerati sistemi
(operazionalmente) chiusi, ossia reti circolari di produzione di componenti,
che sono processi prodotti attraverso le loro interazioni con la stessa rete
che li ha prodotti e che specifica i loro limiti, mantenendo al contempo aperto
e regolato lo scambio di materia e di energia con l’esterno. Così gli esseri viventi sono un particolare
tipo di macchine (auto-poietiche), che si distinguono da altre
(etero-poietiche) per la loro capacità non tanto di autoregolazione, quanto di
autoproduzione dei componenti che le specifica, e i componenti non sono parti (oggetti
o elementi fisici), ma PROCESSI.
Da questa definizione di “essere vivente”, si estrinseca il
concetto più ampio di “cognizione”. La
cognizione è il PROCESSO del vivere. A questo punto si crea un
cortocircuito inevitabile tra teoria della conoscenza, teoria della scienza
(epistemologia), e la scienza biologica stessa. Tanto che Maturana arriverà a
parlare di “Biologia della conoscenza”.
La sfida è rivelare le basi del processo di apprendimento
umano da una prospettiva biologica. La risposta viene dalla cibernetica del
secondo ordine (in cui un sistema è considerato non in sé stesso, ma come
facente parte di un sistema di ordine SUPERIORE), cioè la scienza che si occupa
dello studio delle relazioni dell’organizzazione che devono mantenere i
componenti di un sistema, per esistere autonomamente entro un sistema SUPERIORE
in cui l’OSSERVATORE è un elemento costitutivo: ”decisi – scrive Maturana – di
prendere in considerazione quali procedimenti dovevano avvenire entro
l’organismo durante la cognizione, considerando in questo modo la stessa
cognizione come un fenomeno biologico”.
Nello stesso lavoro comincia a sviluppare le implicazioni
che questo approccio comporta nei fenomeni sociali, nella coscienza e nella
lingua.
Come detto, il risultato di tutte queste idee si condensa in
una conclusione affatto innovativa, per cui vita e cognizione sono la stessa cosa: Vivere è conoscere.
Evoluzione per deriva naturale: La varietà dei viventi e la loro storia filetica è semplicemente la
conseguenza deterministica del processo autopoietico, quindi dell’accoppiamento
strutturale che esso comporta, e quindi dell’intersezione di più autopoiesi.
Maturana (e Varela) reinterpretano quindi non solo il concetto di Evoluzione,
ma anche il concetto di “filogenesi”.
La teoria autopoietica produce ricadute anche nell’ambito
gnoseologico, ovvero nella teoria della conoscenza. Inizialmente produce
evidenza sperimentale che corrobora l’idea secondo cui la realtà è una costruzione consensuale della comunità o contesto in
cui il soggetto agisce (attraverso le sperimentazioni sulla fisiologia
della visione). La nozione di “oggettività”, a questo punto, deve essere
sostituita da quella di “oggettività tra parentesi”, e quella di “oggettivismo”
con quella di “costruttivismo”. Alcuni critici tentano di ridurre il
costruttivismo a una forma sofisticata di relativismo soggettivo (la realtà
dipende dall’osservatore), o idealismo di sorta (la realtà è una costruzione in
qualche modo arbitraria). In realtà il costruttivismo di Maturana non ha nulla
a che vedere con nessun idealismo o relativismo precedenti. Non si tratta di
una confutazione dell’oggettività della conoscenza umana. Al contrario si
tratta di inquadrare l’oggettività nel suo contesto di origine, sottraendola
alla vecchia metafisica oggettivista. Il contesto d’origine non è nient’altro
che l’origine della conoscenza, dunque l’accoppiamento strutturale (structural
coupling) del vivente, una nozione decisiva nella teoria autopoietica. Poiché la conoscenza è il vivente stesso,
l’oggettività non è che il particolare modo di vivere dell’essere umano in
quanto entità biologica. Da questo ricomprensione della relazione tra
scienza e conoscenza, Maturana riclassifica
anche le sue ricerche, col nome di “epistemologia sperimentale”. Essa si
condensa nella tesi per cui la realtà è un’esperienza dell’osservatore che
spiega – per così dire – a sé stesso l’esperienza del “sé stesso” da quella del
“non sé stesso”:” Il sé nasce linguisticamente nella ricorsività
linguistica che costruisce l’osservatore come entità spiegandone il
funzionamento entro un dominio di distinzioni consensuali. L’autocoscienza nasce linguistamente nella ricorsività linguistica che
costruisce la distinzione del sé come entità quando spiega il funzionamento
dell’osservatore che, in un dominio consensuale di distinzioni, distingue il se
da altre entità. Dunque la realtà sorge insieme con l’autocoscienza
linguisticamente come spiegazione della distinzione tra sé e non-sé nella
prassi dell’osservatore. Il sé, l’autocoscienza e la realtà esistono nel
linguaggio come spiegazione dell’esperienza immediata dell’osservatore.”
Le sue tesi hanno costretto la comunità scientifica a un
ripensamento della vecchia idea: la scienza non ha bisogno del presupposto di
una realtà oggettiva (ciò che egli chiama ontologia
dell’osservatore). Tutto ciò che è
detto è detto da un osservatore ad un altro che può essere lo stesso.
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