Insegnare la democrazia: istruzioni per l’uso

 

Insegnare la democrazia: istruzioni per l’uso

Gianfranco Pasquino, Professore emerito di Scienza politica nell'Università di Bologna, ha scritto un articolo pubblicato dal quotidiano DOMANI oggi 9 agosto 2021 nel quale individua nella mancanza dell’insegnamento della democrazia ai giovani, il pericolo dell’affermazione di partiti che rappresentano “una possente ricostruzione storica delle modalità di affermazione dell'ordine politico, alcune grandi sfide antidemocratiche. Sono sfide politiche. Istituzionali, ma soprattutto culturali.”

Sono d’accordo con il Prof. Pasquino sulla necessità ed urgenza di fare in modo che i giovani apprendano la democrazia. A questa enunciazione però il prof. Pasquino non fa seguire una descrizione di come questa educazione alla democrazia debba esser fatta.

Il Prof. Pasquino da per scontata l’esistenza di adulti che praticano alla democrazia che avrebbero la sola responsabilità di non insegnarla ai giovani. Dalle mie osservazioni e dai miei studi non emerge l’esistenza di partiti e uomini e donne di potere, che qui e ora, praticano la democrazia.

Sempre dalle mie osservazioni e studi sono giunto alla conclusione che il fondamento biologico della convivenza è l'amore, non la competitività. L'amore è l'impronta che ci fa legare insieme. "Siamo esseri biologicamente amorevoli come caratteristica della nostra storia evolutiva".

La prima riflessione che voglio proporre al Prof. Pasquino e a tutti quelli che leggono questo mio scritto è quella relativa al fatto che, in quanto esseri viventi, tendiamo tutti a conservare qualcosa; siamo conservatori. Il problema è sapere cosa vogliamo far rimanere esattamente com’è adesso. E in questo momento della storia umana in cui tutto indica che stiamo chiudendo una grande tappa della civiltà, la questione è sapere cosa conserviamo tra tutto ciò che abbiamo ricevuto e costruito.

Personalmente desidero preservare il nostro desiderio di vivere in comunità, di costruire il nostro destino insieme alla nostra famiglia, agli amici e ai vicini. Forse lo vogliamo tutti, o forse no, dovremmo riflettere su questo.

Sempre dalle mie osservazioni e dai miei studi, ho preso atto che, allo stesso tempo, gli esseri umani sono esseri di trasformazione. Per Maturana, l'educazione è il campo della trasformazione nella convivenza. La trasformazione è qualcosa di più complesso del cambiamento. La trasformazione contiene un momento di conservazione (già indicato) e un altro di cambiamento. È una metamorfosi. Tra il nuovo e il vecchio, conserviamo qualcosa di prezioso dal vecchio e illuminiamo nuove possibilità dal nuovo che ci visita.

La prima trasformazione è che, se ci rendiamo conto di questo desiderio conservatore di mantenere viva la comunità con le persone con cui abbiamo stretti legami, dobbiamo prendere atto del fatto che tutto questo non può più essere compreso e quindi interiorizzato in termini locali. Per comprenderlo dobbiamo pensare in termini di specie umana. «Siamo una sola umanità», ripete con insistenza papa Francesco. È tempo di capire noi stessi e agire come specie. Lo capivamo da bambini quando giocavamo per le strade. Nel momento in cui una persona gridava “sono salvo!”, diceva anche che "per me e per tutti i miei compagni". La questione è capire oggi che questi compagni sono il resto dell'umanità con cui configuro ciò che siamo: la specie umana. Quindi, se promuoviamo la sobrietà nei consumi, nel modo di mangiare, di spendere o di utilizzare i mezzi privati, lo facciamo per noi stessi... e per tutti i nostri concittadini. Prima trasformazione.

Per arrivare a capire che viviamo in un campo di gioco globale e interdipendente, è necessario fermarsi a riflettere. L'ultimo libro di Humberto Maturana si intitola The Reflexive Revolution . Ciò che è rivoluzionario oggi non è fare tante cose, ma fermarsi ad ascoltare ciò che ci sta accadendo come umanità, soprattutto dopo aver vissuto gli anni della pandemia, e agire di conseguenza. La rivoluzione educativa non sta nella sovrabbondanza dei media, ma nel sostenere alcuni scopi educativi che forse diamo per scontati. Questa è la seconda trasformazione che rimane ancora in attesa perché inattuata.

Riflettere è connettersi con il meglio di noi stessi, tracciare un filo di connessione con la nostra profondità vitale. Dal profondo della vita spezzata e dell'umanità ferita e consapevoli della sua finitezza e fragilità, ascoltiamo le lezioni apprese durante questo periodo di pandemia. Lezioni che in ambito educativo passano attraverso l'aggiornamento di alcune delle questioni chiave di ogni educatore, se abbiamo o meno capacità decisionale nell'istituzione in cui operiamo. Che tipo di persona stiamo educando? A quale modello di società stiamo educando? Prima di rispondere riflettiamo e fermiamoci; riflettiamo, prima, e poi condividiamo la risposta.

Da Maturana ho imparato che educare è vivere insieme. E in tempi di intolleranza e di confronto cainita, la fragile diversità di cui siamo parte come esseri umani, ci pone davanti allo specchio in cui ci riconosciamo, creando spazi di convivenza nella scuola, ampliando quegli spazi nella misura in cui in essi crescono riconoscimento, fiducia e collaborazione. «L'educatore o l'educatrice è quella persona che assume il compito di configurare uno spazio di convivenza dove gli altri si trasformano con lui o lei». E allo stesso modo studiare è vivere insieme. In modo che "lo studente si trasformi nella convivenza con l'insegnante".

Questo ci ricorda che gli esseri umani sono, biologicamente, esseri di trasformazione aperti alle molteplici possibilità che la realtà che abitiamo risveglia in noi.

Buona riflessione

TRENT'ANNI DOPO LA PROFEZIA DI FUKUYAMA
Orban, Trump e Vox La democrazia va protetta con l'impegno pedagogico
GIANFRANCO PASQUINO accademico dei Lincei,
Ouando nel 1993 Fukuyama pubblicò il suo libro “La fine della storia e l'ultimo uomo”, nel quale, a beneficio di chi non l'ha mai letto, ricorderò che annunciava la vittoria definitiva delle liberaldemocrazie, delle visioni Ideali e degli stili di vita sul comunismo, non pensava certamente ai problemi che quelle liberaldemocrazie avrebbero dovuto affrontare. Intratteneva una visione non ingenua ma relativamente ottimista. Era consapevole della presenza del fondamentalismo, oggi, forse direbbe fondamentalismi al plurale, meno attento alla dinamica politico-culturale interna delle Liberaldemocrazie. Anche se, contrariamente a troppe affermazioni di male informati profeti di sventure sulla crisi/morte delle democrazie. nessuna è crollata tranne quella del Venezuela già su piedi d'argilla, mentre Orban spinge nell'illiberalismo l'Ungheria. Oggi vediamo insieme all'autore di una possente ricostruzione storica delle modalità di affermazione dell'ordine politico, alcune grandi sfide antidemocratiche. Sono sfide politiche. Istituzionali, ma soprattutto culturali. Il caso italiano ne offre un esempio. Ascolto critiche incentrate sulla inadeguatezza, addirittura mancanza della classe dirigente, un argomento che mi pare degno di approfondimenti a tutto campo senza preconcetti. Sento anche da ambienti che si considerano vicini alla sinistra (ex apologeti del nazista Carl Schmitt) proposte di democrazia decidente (attendo inviti agli autoritarismi dialoganti). Qualcuno, più decisionista di altri, anticipa addirittura quanto Giorgia Meloni dovrebbe proporre come riforma costituzionale. Infine vedo pullulare in regimi democratici che hanno riscosso grandi e duraturi successi liste, partiti, idee di destra che sembravano non avere più seguito e neppure cittadinanza. I 'Veri Finlandesi? i "Democratici Svedesi'? in due grandi democrazie a lungo governate con benefici diffusi per tutti da partiti socialdemocratici sono entrati nei rispettivi parlamenti e addirittura sono indispensabili per la coalizione di governo. Fuori dal nazismo e fuori dal franchismo. Germania e Spagna hanno dato vita e sostanza a democrazie di successo. Eppure, In Germania Alternative fur Deutschland ha molti voti e dà rappresentanza politica a molti elettoti. In Spagna non è ancora escluso che Vox che tanto piace a Giorgia Meloni, riesca a diventare determinante per la formazione del prossimo governa. Mi inquieto al solo pensiero che Donald Trump, che tutti i sondaggi danno molto competitivo, finisca per tornare alla Casa Bianca con conseguenze che sarebbero devastanti per tutte le liberaldemocrazie esistenti e per coloro che vorrebbero crearne nei loro paesi. Quale fattore può spiegare casi che sembrano così diversi fra Ioro, con molti americani che non hanno mai smesso di considerarsi "eccezionali"? Chiaro che nessuna spiegazione mono fattoriale è mai totalmente adeguata e convincente. Tuttavia. sono giunto alla individuazione dl un fattore predominante. In tempi diversi e con modi diversi i governanti democratici, compiaciuti dei loro successi politici, istituzionali, economici hanno cessato qualsiasi attività dl insegnamento della politica democratica, dei principi e dei valori della società aperta. Anzi. proprio in nome della libertà di competizione politica e culturale non hanno saputo/voluto opporre le loro idee a quelle in parte comuni in parte specifiche alle singole esperienze storiche che venivano espresse in maniera talora folcloristica talora anche violenta dalle destre. Soltanto l'impegno pedagogico culturale, qui e ora senza speciose neutralità, sulla superiorità dei valori universali democratici può salvare le democrazie realmente esistenti, la democrazia che abbiamo e quella che vorremmo.

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