NELLA GUERRA PER LA CONQUISTA DEL POTERE NON SI FANNO ACCORDI E NON SI FANNO PRIGIONIERI

 

NELLA GUERRA PER LA CONQUISTA DEL POTERE NON SI FANNO ACCORDI E NON SI FANNO PRIGIONIERI

GIORGIA SERUGHETTI Ricercatrice a tempo determinato dell'Università degli Studi MILANO BICOCCA Settore scientifico disciplinare: FILOSOFIA POLITICA ha scritto un articolo pubblicato dal quotidiano DOMANI di oggi 11 agosto 2023 nel quale denuncia:

“[….]Dove però il legame con la verità si fa incerto e precario le democrazie si fanno fragili. Perché, senza un accordo su alcuni fatti fondamentali, che riguardino la storia o il presente, ciò che resta è un fluttuare di percezioni divergenti e memorie frammentate. Che rendono i cittadini e le cittadine più impotenti di fronte al potere.”

In effetti ciò che accade sempre, o per meglio dire da quando ho memoria, tra chi fa la GUERRA DELLE ELEZIONI PER LA CONQUISTA DEL POTERE, è proprio la assenza di un accordo su alcuni fatti fondamentali, che riguardino la storia o il presente.

Per spiegare il modo in cui raggiungere l’accordo, riporto la mia esperienza del giugno 2022 a San Cesario di Lecce.

Nel mio paesello bello, nei tre mesi precedenti alle elezioni comunali del 12 giugno 2022, ho potuto distinguere diversi comportamenti delle cittadine e dei cittadini che si sono relazionati con gli altri all’interno dei movimenti.

Tra questi c’è il mio comportamento che mi fatto GODERE delle iniziative, incontri e conversazioni dei tre mesi di impegno in vista delle elezioni comunali, provando benessere e che ho continuato a relazionarmi per il solo piacere di stare insieme alle altre persone.

Io ho vissuto in tal modo le circostanze provando il desiderio, che continuo a provare, del benessere dell’incontrarsi, del conversare insieme.

Per questo ho proposto agli altri di mettere su una sede, stabilire degli incontri finalizzati esclusivamente alle conversazioni collaborative da cui SAREBBERO EMERSI accordi sulle iniziative da portare avanti sino all’estate del 2025, quando ci saranno le prossime elezioni comunali.

Avendo vissuto le due culture praticandole da bambino, ho desiderato la cultura materna avendo lo sguardo rivolto a ciò che ci caratterizza come esseri umani e ci differenzia dalle altre specie, ovvero la riflessione e il linguaggio.

Questa mia scelta è conseguenza della nostra biologia e della nostra cultura. La riflessione e il linguaggio hanno la loro origine nella convivenza, nel contatto con altri esseri e il piacere e benessere che provo avendo scelto tale modalità di convivenza sociale è determinato dall’evidenza scientifica che ci fa osservare che, in conseguenza della convivenza, avviene la trasformazione personale.

Io come persona di cultura materna ho un’emozione che mi informa che è la tranquillità che ci sia abbondanza di tutto per tutti.

Purtroppo siccome il gruppo che si riuniva con me, invece di chiedere il voto ai cittadini con il proposito chiaro di accettare la loro decisione, qualunque essa fosse stata, è accaduto che costoro, GIUNTI ULTIMI e conseguentemente vinti alle elezioni, non abbiano avuto più piacere di incontrarsi per il piacere di incontrarsi.

La guerra delle elezioni a San Cesario di Lecce sta continuando, come se fossimo in una lunga e infinita CAMPAGNA ELETTORALE (meglio dire guerra elettorale).

Io naturalmente non mi sono fatto coinvolgere ed ho continuato a praticare la CULTURA DELLA COLLABORAZIONE.

Tutti gli altri hanno continuato a praticare la nostra cultura patriarcale della competizione che prevede che I VINCITORI detengano SALDAMENTE IN MANO IL POTERE delegittimando ed escludedendo i perdenti.

I vinti a loro volta tentano di strappare dalle mani il potere ai vincitori delegittimandoli.

Prof.ssa GIORGIA SERUGHETTI non le sembra che queste persone che reciprocamente si delegittimano siano impossibilitate a raggiungere un accordo su alcuni fatti fondamentali, che riguardino la storia o il presente?

La domanda è retorica.

MUTATIS MUTANDIS non le sembra che la sua richiesta rivolta ai prescelti del Parlamento della Repubblica possa essere agita esclusivamente se tutti i prescelti decideranno di desiderare di abbandonare la nostra cultura patriarcale della competizione?

Buona riflessione

DAL CAMBIAMENTO CLIMATICO AL 2 AGOSTO
La destra e i fatti alternativi
La strategia del dubbio inquina la democrazia
GIORGIA SERUGHETTI filosofa
Nel 2017, all'indomani dell'insediamento diDonald Trump alla Casa Bianca, la consigliera del presidente Kellyanne Conway lanciò nell'arena politica l'espressione «fatti alternativi». Che è un ossimoro, perché alternative sono le interpretazioni, non i fatti. Eppure la visione che vi è sottesa ha fatto scuola ben oltre gli Stati Uniti e la parabola trumpiana, divenendo un viatico per la moltiplicazione di versioni fantasiose della realtà da parte di leader e partiti populisti.
Anche in Italia, è in questa cultura post-fattuale, più che in sistematici propositi revisionisti o negazionisti, che sembrano trovare spiegazione i continui tentativi della destra di inquinare la storia, destabilizzare la memoria comune, screditare la scienza. Instillare il dubbio, inassenza di evidenze capaci di corroborare una verità alternativa, altro non è che un tentativo di subordinare la realtà —i fatti — al potere della maggioranza, finendo per minare la possibilità stessa di distinguere il vero dal falso.
«L'unica mia certezza è il dubbio», ha scritto Marcello De Angelis a proposito della «ricerca della verità»sulla strage di Bologna, in quello che avrebbe dovuto essere un post di pubbliche scuse per il «testo non ponderato» scritto pochi giorni prima. Nel primo post, scritto all'indomani della commemorazione del 2 agosto, l'esponente di Fratellid'Italia e responsabile della comunicazione della Regione Lazio esprimeva, in realtà, «assoluta certezza» in merito all'innocenza di Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, già condannati in via definitiva.
Ma ciò che conta non è la giravolta linguistica: è essere riuscito a produrre un'incrinatura, destinata con ogni probabilità a trasformarsi in una crepa, nella memoria pubblica - quella di cui il presidente della Repubblica, accusato non troppo
velatamente di «mentire» - si fa espresso interprete.
«assoluta
Pochi giorni prima, Matteo Salvini, ministro delle Infrastrutture ha fatto, da parte sua, pubblica dichiarazione di scetticismo in condannati in merito al cambiamento climatico.
Anche questa, implicitamente, una risposta alla «sorpresa» espressa da Sergio Mattarella dinnanzi alle discussioni sulla fondatezza dei rischi, sul grado di preoccupazione che è giusto avere, specialmente dopo l'allarme lanciato dalle Nazioni Unite sull'«ebollizione» globale.
Si potrebbe continuare, ricostruire la serie di affermazioni dubitanti, mascherate da “libere opinioni”, che esponenti della maggioranza hanno espresso in merito a verità “ufficiali”, nei dieci mesi trascorsidall'insediamento del governo Meloni. Sono abbastanza da far pensare a una strategia, un agire volto a infragilire i criteri ei processi attraverso cui i fatti sono accertati, inscritti nella memoria comune,utilizzati in modo affidabile per plasmare le credenze sulla realtà
Se la differenza tra fatti e opinioni è resa irriconoscibile, se ognuno è libero di considerare vero tutto ciò che “sente” come vero, ogni affermazione, per quanto infondata, può assumere pari dignità nel discorso pubblico. E può ispirare e giustificare cattive politiche, se conta sulla forza dei numeri e sul sostegno di chi governa.
Dove però il legame con la verità si fa incerto e precario le democrazie si fanno fragili. Perché, senza un accordo su alcuni fatti fondamentali, che riguardino la storia o il presente, ciò che resta è un fluttuare di percezioni divergenti e memorie frammentate. Che rendono i cittadini e le cittadine più impotenti di fronte al potere

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