Gentile Signora Concita De Gregorio
Gentile Signora Concita De Gregorio,
ho appena finito di leggere il vostro articolo sul
quotidiano “La Repubblica” di oggi 6 agosto 2023. Sono emozionato. Quel
bambino, Sebastian, il suo viaggio, Lei così intima, tutta presa da questo
stare con se stessa, in questo viaggio dentro di se, che poi è l’unico viaggio
possibile.
Per fare un passo, c’è bisogno di non pensarci, di farlo e
basta, come quando si fa qualcos’altro, come ad esempio lavare i piatti.
Si viaggia in interi Universi Mondi che si aprono davanti
agli occhi, mentre e mani continuano a frugare in quell’acqua e sapone.
E’ stato bello leggere le sue parole, è stato emozionante
Buon viaggio Signora Concita
Antonio Bruno
Il giardino e la musica
di Concita De Gregorio
e cose accadono quando non sai
ancora di essere pronto. Ma sei
già pronto, ed è per questo che
accadono. Tutto sembra senza
senso, cerchi di darti delle
spiegazioni. Vai avanti e
continui a ripeterti che non c’è
alcuna valida ragione per vivere quel vuoto. Ti
aggrappi al passato e tenti disperatamente di
riviverlo. Ciò che hai già vissuto ti sembra l’unica
cosa giusta fatta nella vita”. È Sebastian che
parla. Siamo a marzo del 1700. Nessuna ragione
per vivere il vuoto. Johann Sebastian ha 15 anni,
nel 1700. È un adolescente famoso a scuola per il
suo orecchio prodigioso: sa riconoscere le note
di un fruscio di foglie, di una risata. È
immensamente infelice.
Parte per un viaggio di trecento chilometri a
piedi, con un amico: le foreste nel cuore della
Germania. È Bach prima di essere Bach.
Qualsiasi cosa poteva succedere di lui allora,
anche niente. Ho letto “Sebastian” di Cesare
Picco (Rizzoli) con grandissima emozione. Picco
è un pianista, improvvisatore e compositore
formidabile. Ha raccontato in un romanzo il
viaggio di Sebastian e Georg, due ragazzini
compagni di scuola al liceo di Ohrdruf. Hanno
camminato per quindici giorni e ha definito,
quel cammino, il loro futuro.
Ho studiato Bach disperatamente, dieci ore al
giorno – da ragazzina. Ancora oggi, se chiudo gli
occhi, so suonare la sua musica sul tavolo, la
sento nella testa. Sono stati i miei quindici anni.
Poi non sono stata pianista, la vita fa dei giri. Che
bella storia, ha scritto Picco. Parla di campi e
boschi, anche. Quest’estate resto a casa, per
tante ragioni: resto a togliere le erbacce e a
curare un piccolo giardino. Mi auguro che anche
voi possiate curare il vostro. Ascoltate molta
musica, se potete. A presto.
Scrivete a concita@repubblica.it
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