La costruzione delle case dei sancesariani

 La costruzione delle case dei sancesariani



di Antonio Bruno Ferro
E’ tutto orgoglioso quando mi dice che ha iniziato a lavorare nella distilleria nuova del Commendatore Pistilli. “Quella in fondo a Via Umberto ” mi dice per farmi capire di quale distilleria stesse parlando.
“C’era un forno grandissimo e tutta una serie di condutture in rame, quella distilleria modernissima per quei tempi, era un sogno” mi parla con gli occhi che gli brillano di questa esperienza tanto gratificante per lui. Poi mi dice che grazie a quel lavoro lo chiamarono le Officine Brera che gli offrivano un trattamento economico che lui nemmeno si sognava di poter mai avere. Glielo andò a dire a suo padre che lo maltrattò e gli impose di rinunciare a quell’offerta, che anche se a lui pareva tanto allettante, non lo era affatto per suo padre in quanto avrebbe allontanato il figlio da San Cesario di Lecce.
Poi il Commendatore Pistilli chiuse la sua attività di distillazione e le relative distillerie e il nostro concittadino iniziò una nuova vita e un nuovo lavoro perché erano gli anni dell’edilizia.
Costruiva le case delle persone e mi racconta che alla fine del suo lavoro, un cliente nostro concittadino oltre ai soldi gli diete una 1.100 Fiat che poi lui vendette perché all’epoca aveva già un automobile che era una Giardinetta.

Ha costruito le case dei sancesariani e quando arrivò la crisi andò a lavorare a Venezia costruendo le case sui pali di fondazione. E’ orgoglioso e lo racconta a tutti di questa avventura a Venezia e, chi lo ascolta è incredulo, perché nella nostra terra quando si scava, prima o poi si arriva a un banco di calcarenite in affioramento oppure in assenza si dispongono i conci di calcarenite nelle trincee di fondazione.

Ma il nostro concittadino continua ilo suo racconto che lo vede protagonista di un fondazioni a solaio rovescio, sulla sabbia.
E adesso?
Adesso ha chiuso l’impresa ed è in pensione. Va a pescare oppure a fare passeggiate e di sera viene qui, si accomoda su un sedile di Via Angelo Russo e comincia a raccontare di “quella volta li” che lo cacciarono da un lavoro, della sua reazione violenta al punto da richiedere l’intervento di pacificatori.
Quante storie in piazza, quanti anni di esperienza che non aspettano altro che di essere raccontati, perché rappresentano Mondi, uno diverso dall’altro, uno più bello dell’altro.
Antonio Bruno Ferro


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