Rosso bandiera a San Cesario di Lecce

 Rosso bandiera a San Cesario di Lecce



di Antonio Bruno Ferro

Allu paise ranne è gennaio del 1923 e un cavamonti (nnu zzoccatore) è morto di malattia. I compagni della Lega dei cavamonti sono tutti vicino a casa sua. La moglie in lacrime ed i figli. Dio! come avrebbe fatto quella donna a dare da mangiare ai suoi figli.

Poi arriva il prete con il capitolo. Prega e distribuisce incenso. Poteva essere chiunque di loro al posto del compagno morto. Il lavoro nelle cave ti riempie i polmoni di polvere e ti uccide, se non ti uccide prima per qualche mossa falsa o per un piede in fallo precipitando nel fondo della tajata (cava).

Sono tutti li vicino a casa del compagno morto e arriva la loro bandiera, ROSSA abbrunita a lutto. E vanno verso la chiesa, dietro alla bara, in silenzio.

I fascisti che li osservano, che guardano quella bandiera rossa e non il lutto che la imbrunisce che è nero, come le loro camice.

Cesarino che ha visto tutto corre al Municipio. Arriva e chiede di parlare con il Sindaco, subito!

Gli dice della bandiera rossa, gli descrive le facce dei fascisti.

Il Cav. Francesco Pascali Sindaco di San Cesario di Lecce, si infila in fretta il cappotto e corre in Piazza. I compagni del cavamonti sono tutti vicino alla Chiesa, stretti intorno alla loro bandiera. Di fronte i fascisti.

C’è tensione nell’aria.

Il Cav. Pascali attraversa la schiera dei fascisti e si dirige al Capo Lega. Gli parla. Poi si infila la mano in tasca e in fretta gli dà qualcosa.

L’usciere da lì a poco arriva con il tricolore, c’è il rosso nel tricolore.

Prende la bandiera rossa e scappa a palazzo Marulli.

Di rosso in questa storia c’è solo il colore nelle due bandiere. Non c’è sangue in questa storia, non c’è il sangue dei nostri concittadini.

Non c’è sangue grazie a un uomo. Un nostro concittadino che fa il Sindaco e si prende cura dei cittadini della sua Comunità.

Antonio Bruno Ferro



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