I castelli dimenticati: Presicce e Acquarica, la vera eredità dei Normanni in Terra d’Otranto
I castelli dimenticati: Presicce e Acquarica, la vera eredità dei Normanni in Terra d’Otranto
di Antonio Bruno
«Il Sud non
ha bisogno di miti, ma di memoria.» Questa frase – che potrebbe essere incisa
sul portale di ogni castello dell’Italia meridionale – introduce una verità
tanto semplice quanto dimenticata: la storia, anche quella più remota e
nascosta, ci riguarda da vicino. In Terra d’Otranto, culla di culture e
crocevia di imperi, i castelli normanni non sono soltanto ruderi da cartolina,
ma testimoni silenziosi di una civiltà colta, pragmatica, strategicamente
geniale. Eppure, fino a poco tempo fa, si negava addirittura la loro esistenza.
Il mito da sfatare
Per anni si è ripetuto – a torto – che i Normanni non abbiano lasciato tracce significative nel Salento. Una narrazione sbrigativa e superficiale, smentita dai numeri: sotto il regno di Guglielmo il Buono, tra il 1166 e il 1189, si contavano almeno un centinaio di castelli nella sola Terra d’Otranto. Oggi di molti di essi restano solo toponimi, linee d’ombra nei documenti o pietre inglobate in strutture posteriori. Ma lo studio dei resti superstiti ci restituisce una realtà ben diversa: i Normanni fortificavano, e lo facevano con metodo.
Presicce: il cuore della strategia normanna
Il castello
di Presicce non è solo un gioiello d’architettura militare, ma un esempio
concreto di come i Normanni sapessero leggere il territorio. Il mastio
centrale, un parallelepipedo di 10x12 metri alto quasi venti, è la prima
affermazione di potere. Attorno, un perimetro murario di 50x40 metri con
quattro torri angolari, oggi trasformate ma leggibili nella loro struttura
originaria. Le torri, un tempo dotate di solai lignei, sono oggi coperte da
volte a botte, segno delle modifiche rinascimentali.
Presicce
sorge in una vallata soggetta ad allagamenti: scelta bizzarra? Tutt’altro. I
Normanni sapevano usare l’acqua come barriera difensiva naturale, e lo dimostra
il fossato ancora parzialmente visibile a est e nord. Il controllo delle vie
tra Lecce e Leuca dava alla fortezza un ruolo strategico, rafforzato da torri
di vedetta come quella cilindrica del giardino Cesi, risalente all’XI secolo.
Una storia scritta sulle pietre
I secoli
hanno trasformato il castello di Presicce. Dalle famiglie feudali dei De
Specula e Barrile, passando per gli Orsini-Del Balzo e i Gonzaga, fino ai De
Liguoro e ai Duchi di Paternò, il castello ha accolto biblioteche, pinacoteche
e giardini pensili. Ma non tutto fu fasto: nel 1615 esplose la rivolta dei
“mascherani” contro i Bartilotti, segno del malcontento popolare verso il
potere baronale. Eppure, tra santi come Alfonso Maria De Liguoro e tiranni come
Carlo Francesco Bartilotti (ucciso nel 1655), resta un’evidenza: la pietra
racconta più di quanto i libri osino ammettere.
Acquarica: il laboratorio della fortificazione
Il castello
di Acquarica del Capo rappresenta un passaggio fondamentale nella storia
dell’architettura militare meridionale. La pianta quadrata, le quattro torri
angolari, il torrione terrapienato del XV secolo con basamento tronco-conico e
casamatta per colubrine, testimoniano la transizione dalle torri medievali ai
bastioni adatti all’artiglieria. Siamo alle soglie dell’età moderna, e qui si
sperimentano soluzioni che precorrono le innovazioni dei Farnese e dei Medici.
L’attribuzione
di queste innovazioni a Giovanni Antonio Orsini colloca il Salento al centro
del dibattito fortificatorio europeo. Non più periferia, ma laboratorio. Non
più margine, ma avanguardia.
Feudi, stemmi, rivoluzioni
Anche
Acquarica ha conosciuto il passaggio di grandi casate: dai Bonsecolo ai
Guarino, dagli Orsini ai d’Ayerbo d’Aragona, fino ai Zunica. La vendita del
castello nel 1447 per 110 once d’oro è una testimonianza economica ma anche
simbolica: il potere si misura in oro e in pietra. Oggi restano stemmi, archi
ciechi, memorie scolpite. E un grande rimpianto: nel XIX secolo il castello fu
adattato a magazzino per il tabacco. Così si cancella una civiltà.
La lezione dei castelli
I castelli
di Presicce e Acquarica non sono rovine; sono libri aperti. Parlano di strategia,
di architettura, di conflitti sociali. Di come l’acqua, la posizione e la
pietra potessero essere strumenti di dominio. Ma anche di bellezza. Il
Rinascimento portò giardini pensili e veroni, il Settecento aggiunse
biblioteche. Eppure la matrice normanna resta: concreta, essenziale, possente.
Conclusione
I Normanni
non si limitarono a conquistare il Sud: lo organizzarono, lo fortificarono, lo
reinventarono. Oggi tocca a noi riconoscerne il valore e preservarne la
memoria. Perché la storia, quando è dimenticata, non scompare: semplicemente
smette di parlare.
Bibliografia essenziale
- Violante, C. (1977). Il
Regno normanno d’Italia meridionale e la sua organizzazione feudale.
Laterza.
- Licinio, R. (2005). Castelli
e fortificazioni nel Mezzogiorno normanno-svevo. Dedalo.
- Gravili, A. (2014). Castelli
del Salento: architettura e storia tra Medioevo e Rinascimento.
Congedo Editore.
- Ricci, R. (2009). Le
fortificazioni del Mezzogiorno: dalla torre alla bastionatura.
Edizioni Scientifiche Italiane.
- Archivio di Stato di Lecce,
Fondo Feudale, Vol. Acquarica/Presicce (XII–XIX sec.).
Perché anche
tra le pietre più mute, la storia grida ancora.
Commenti
Posta un commento