Lecce, la città che si racconta tra pietra, potere e memoria


 Lecce, la città che si racconta tra pietra, potere e memoria

Autore: Antonio Bruno

Istituzione: Associazione dei Dottori in Agraria e Forestali della provincia di Lecce

C’è una porta, a Lecce, che non serve a entrare. O meglio: oggi serve solo a entrare nel passato. Si chiama Porta Napoli, e fu costruita nel 1548. Non era una porta qualsiasi. Era un arco di trionfo, un ingresso regale, un segno scolpito nella pietra per dire: “Qui comanda la città, qui finisce il mondo esterno e inizia la civiltà”.

Lecce non è soltanto una città bella. È una città che racconta. Le sue chiese barocche, le sue vie acciottolate, i suoi balconi fioriti parlano. E ci raccontano una storia affascinante e, a tratti, inquietante: quella del potere, della convivenza, della memoria. In una parola, della civiltà urbana del Sud d’Italia in età moderna.

Nel Cinquecento e Seicento, Lecce era una capitale del Regno di Napoli. Qui i giurati — un’aristocrazia di cittadini benestanti — gestivano la cosa pubblica con fierezza e zelo. Progettavano strade, costruivano mura, ridefinivano piazze. Ma non lo facevano solo per comodità: lo facevano per mostrare chi erano, per affermare un’idea di ordine e di identità. La città diventava uno specchio del potere: pulita, sacra, ben delimitata. Il forestiero si fermava fuori; il cittadino entrava dalla porta principale, quella che portava in scena la gloria della “civitas”.

Ma Lecce non era solo potere: era anche convivenza, selezione, esclusione. Nella città si accoglievano i devoti e i mercanti, ma si sorvegliavano i poveri, si tenevano lontani gli “altri”. Ebrei, vagabondi, eretici? Cancellati, dimenticati, espulsi. Nella città ideale dell’epoca moderna non c’era posto per l’imprevisto. Ogni pietra aveva il suo posto. Ogni nome, la sua gerarchia.

E poi c’era — e c’è ancora — la memoria. Lecce è un teatro di memoria collettiva. Le sue chiese non sono solo luoghi di culto: sono monumenti alla storia ufficiale, ai santi patroni, ai trionfi del barocco. Ma come spesso accade, la memoria è selettiva: ci ricorda i santi e dimentica gli emarginati. Racconta i fasti e tace le fratture.

Oggi Lecce è cambiata. O forse no.

Nel 2025, la città è diventata una capitale del turismo culturale. Le porte monumentali sono rimaste, ma a varcarle non sono più i ceti nobili, bensì turisti in cerca di bellezza. Il potere si è spostato: oggi si manifesta nei bandi europei, nei festival culturali, nei centri storici riqualificati — a volte troppo, tanto da rischiare la gentrificazione.

Anche oggi si decide chi ha diritto alla città e chi no. Non più con le mura, ma con i prezzi delle case. Con le ZTL, con le licenze commerciali, con gli eventi. E anche oggi la memoria è in bilico: si celebra il barocco, ma si dimentica la Lecce operaia, quella migrante, quella delle periferie.

Lecce, come l’Italia intera, è chiamata a una nuova sfida di civiltà: costruire una città non solo bella, ma anche giusta. Dove la memoria non sia nostalgia, ma strumento per comprendere; dove la convivenza non sia concessione, ma progetto; dove il potere non sia ostentazione, ma servizio.

In fondo, ogni epoca costruisce le sue porte. Sta a noi decidere se aprirle, chiuderle, o — finalmente — abbatterle.

rielaborarlo in chiave concettuale, secondo le categorie da te indicate: potere, convivenza, memoria, governance urbana. Userò i dati ricavati dal documento per costruire un’analisi strutturata, integrata con riferimenti storici, un confronto con Lecce nel 2025 e una bibliografia finale.


Rielaborazione concettuale dello scritto IL LIBRO ROSSO DELLA CITTA’ DI LECCE di Pietro Palumbo datato Lecce 20 ottobre 1911

Sintesi del testo

Il testo riguarda la trasformazione urbanistica e simbolica della città di Lecce in età moderna, in particolare nel passaggio tra XV e XVII secolo. Viene evidenziata l’azione delle autorità civiche e religiose nella ridefinizione dello spazio urbano, nel rafforzamento dell’identità collettiva e nel controllo dei confini materiali e simbolici della città, con un focus particolare su:

  • le nuove porte urbiche (come Porta Napoli);
  • il ruolo della nobiltà e dei giurati nella definizione della "civitas";
  • il contributo dell’architettura barocca e delle pratiche religiose nella strutturazione della memoria urbana.

MECCANISMI DEL POTERE

Età premoderna

Nel testo si sottolinea che la costruzione delle porte urbiche monumentali (es. Porta Napoli, 1548) aveva la funzione non solo difensiva ma rappresentativa del potere. La città definisce i suoi limiti e la propria autorappresentazione sotto il controllo delle élite cittadine:

“Le porte monumentali diventano soglie simboliche, punti di contatto tra la città e l’esterno, ma anche strumenti di inclusione/esclusione.” (dal testo)

Le élite (giurati, vescovi, nobili) ridefiniscono lo spazio pubblico come spazio del potere legittimo, sacralizzato e centralizzato. L’investimento nell’architettura e nelle processioni religiose funge da dispositivo ideologico.

Fonti storiche parallele:

  • “Nelle città del Regno di Napoli il controllo degli accessi urbani divenne un affare politico di primo piano tra XVI e XVII secolo.” (Spagnoletti, 1997)

Lecce nel 2025

Oggi il potere è più frammentato: Comune, Regione, operatori culturali, imprese turistiche. Tuttavia, gli ingressi monumentali, il centro storico, i festival restano luoghi di affermazione simbolica del potere culturale ed economico.

Oggi il potere si manifesta attraverso bandi per la rigenerazione urbana, gentrificazione (*), festival culturali: si ripete, in forme nuove, la logica della monumentalizzazione del centro.


CONVIVENZA

Età premoderna

Il testo descrive una città “inclusiva ma gerarchica”. Le classi dirigenti costruiscono la “civitas” come spazio ordinato, sacro, sorvegliato, in opposizione al caos esterno. È una convivenza formalmente pacificata ma sostanzialmente diseguale.

“L'accesso alla città era selettivo, fisicamente e simbolicamente. La città era riservata ai ‘cives’.” (dal testo)

L’esclusione degli “altri” (forestieri, poveri, emarginati) passa anche attraverso la costruzione di soglie architettoniche e la regolazione degli spazi comuni.

Fonti storiche parallele:

  • “Le città meridionali tendevano a escludere i non cittadini dai benefici fiscali, dai luoghi sacri, dal mercato.” (Galasso, 1995)

Lecce nel 2025

Oggi Lecce vive nuove sfide di convivenza: flussi migratori, turismo di massa, tensioni tra residenti e fruitori temporanei. I confini non sono più le mura, ma le soglie invisibili dell’accesso economico e culturale.

Le differenze persistono: centri storici valorizzati per pochi, periferie abbandonate; convivenza possibile ma ancora diseguale.


MEMORIA

Età premoderna

La memoria viene plasmata attraverso l’architettura religiosa e la ritualità urbana. Le feste patronali, le statue, le chiese contribuiscono a fondare una memoria condivisa ma selettiva, celebrativa del potere vigente.

“La sacralizzazione dello spazio urbano corrisponde a una strategia di stabilizzazione del potere.” (dal testo)

Lecce barocca si costruisce come teatro della memoria collettiva, cancellando tracce dissonanti (come le presenze ebraiche o islamiche).

Fonti storiche parallele:

  • “La memoria urbana è frutto di selezione: si ricordano i santi, si dimenticano gli eretici.” (Teti, 2011)

Lecce nel 2025

Oggi la memoria è al centro di politiche culturali, con musealizzazioni, percorsi turistici, festival. Ma è ancora selettiva: si enfatizzano alcune identità (barocco, salentinità), mentre si marginalizzano altre (periferie, lavoro migrante, memoria operaia).

La città racconta sé stessa per attrarre, più che per includere.


GOVERNANCE URBANA

Età premoderna

Il documento descrive la città come un sistema ordinato e progettato, dove la governance si esercita attraverso la regolazione dello spazio urbano, dei confini, del decoro. La gestione è verticale: giurati, vescovi, architetti al servizio dell’ordine.

“La nuova cinta muraria, la ridefinizione delle porte e delle strade principali rientrano in una governance della forma urbana.” (dal testo)

Fonti storiche parallele:

  • “La città è ordinata in quanto visibile, sorvegliabile, rappresentabile.” (Cazzato, 1983)

Lecce nel 2025

Oggi la governance è partecipata solo in parte: i Piani Urbanistici Comunali dialogano con enti sovralocali, ma la progettazione urbana spesso avviene senza reale coinvolgimento delle comunità.

Le sfide contemporanee sono la gestione delle ZTL, la mobilità sostenibile, la desertificazione abitativa del centro.


Bibliografia

  • Pietro Palumbo (1911) Il libro rosso della città di Lecce 
  • Cazzato, V. (1983). Lecce barocca. Congedo Editore.
  • Galasso, G. (1995). Il Mezzogiorno nella storia d’Italia. Laterza.
  • Spagnoletti, A. (1997). Il Regno di Napoli. Il Mulino.
  • Teti, V. (2011). Il senso dei luoghi. Memoria e storia dei paesi abbandonati. Donzelli.
  • Russo, A. (2019). Città, memoria, turismo. Strategie culturali e trasformazioni urbane. FrancoAngeli.
  • Archivio di Stato di Lecce, Registri dei Giurati e Atti Notarili (XVI–XVII secolo).
  • Chiarelli, L. (2001). Storia di Lecce. Capone Editore.

(*) Gentrificazione è un termine che descrive un processo urbano in cui un quartiere popolare o degradato viene riqualificato, attirando nuovi abitanti benestanti e facendo aumentare il valore degli immobili e il costo della vita.

Il termine viene dall’inglese gentry (piccola nobiltà o borghesia), e indica proprio l’arrivo di classi sociali più alte in zone che prima erano abitate da ceti più poveri.

In pratica, cosa succede durante la gentrificazione?

  1. Riqualificazione urbana: iniziano lavori di restauro, apertura di locali alla moda, gallerie, B&B, ecc.
  2. Cambio della popolazione: le famiglie originarie, spesso a basso reddito, non riescono più a sostenere i costi crescenti (affitti, spese, tasse) e vengono spinte fuori.
  3. Trasformazione culturale: si perde l’identità popolare o storica del quartiere, sostituita da un’estetica "patinata" pensata per turisti o nuovi residenti con più disponibilità economica.

Esempio:

Nel centro storico di Lecce, alcune strade un tempo abitate da famiglie locali oggi sono piene di B&B e locali turistici. Questo ha portato benessere economico, ma anche allo spostamento degli abitanti storici verso le periferie.

Il dilemma della gentrificazione:

È positiva perché valorizza e protegge il patrimonio urbano, ma può essere negativa se esclude chi ci viveva prima. Il vero nodo è: città belle per chi?

Se vuoi, posso anche mostrarti casi italiani famosi di gentrificazione o darti idee su come evitarne gli effetti negativi nelle politiche urbane.

 

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