Ottorino Forcignanò, Festa te San Cisariu Ranne edizione Pro Loco Tre Casali San Cesario di Lecce












PRO LOCO TRE CASALI"
SAN CESARIO DI LECCE
Festa te San Cisariu Ranne
di Ottorino Forcignanò


Era la quarta domenica di luglio del 1724 quando dal Palazzo Ducale la preziosa reliquia del Santo Protettore fu traslata alla Chiesa Madre di San Ce­sario. Essa, consistente in una porzione di osso del braccio del Santo, era stata ottenuta da don Ettore Marulli dei duchi di San Cesario per gentile concessi­one dei Padri Abati del Monastero Benedettino di Lucca. Da allora, dopo quasi trecento anni, il paese festeggia con immutata solennità il Protettore di cui porta il nome.
Ancora adesso, nel linguaggio popolare la festa di luglio si identifica con l'ag­gettivo "nume" (grande) per distinguerla dalle altre in onore dello stesso Santo, dette rispettivamente, del "Sindaco" nella seconda domenica di novem­bre e quelle ormai non più celebrate del "Patrocinio" e delle "traici forare" (questa in ricordo dello scampato terremoto del 20 febbraio del 1743). E' doveroso menzionare quali pregevoli testimonianze della grande devozione dei sancesariani per il loro protettore sia il prezioso altare seicentesco a Lui dedicato - e da poco magnificamente riportato all'antico splendore - sia il suo busto ligneo, (ora al Museo Diocesano) commissionato a Nicola Fumo, eccel­lente scultore napoletano, nonchè il busto in argento di ottima fattura. Degne di nota, inoltre, le Concessioni della Sacra Congregazione dei Riti per le cele­brazioni liturgiche in onore del Santo.
Insomma, e religiosamente e civilmente, i sancesariani si sono sempre spesi I molto per la riuscita dei festeggiamenti in onore del Patrono.
Tra le memorie della mia adolescenza, ho ancora nitido il ricordo della Chiesa Madre affollata di fedeli per la novena in preparazione alla festa. Si cantava compieta dopo il tramonto del sole, ciò per consentire la partecipazione di un maggior numero possibile di fedeli molto impegnati sino a quell'ora nei lavori estivi. Le lunghe giornate della stagione, infatti, consentivano sia l'opportu­nità di allestire la dispensa per l'inverno (legumi secchi, fichi secchi, marmel­late, salse ecc), sia il rinnovo dei materassi con la battitura e pulizia della lana o del cambio delle foglie di granturco, sia la tinteggiatura delle case fatta rig­orosamente con la calce, con il bianco per gli interni e i tenui colori pastello per gli esterni delle abitazioni provviste di intonaco.

La festa finalmente si apriva il sabato con la caratteristica ed imponente pro­cessione che richiamava non soltanto i concittadini, ma anche numerosi fedeli della città e dei paesi vicini. Ho ancora vivo il ricordo di una di quelle ultime processioni. All'ora convenuta dalla chiesa madre, fra il suono delle campane e della banda, si snodava la solenne processione. L'apertura toccava sempre alla confraternita di Sant'Antonio, con le statue di San Luigi Gonzaga e Sant'Antortio. Seguiva la statua di San Rocco accompagnata dalla numerosa confraternita. Quella dell'Addolorata portava invece la statua di Santa Rita. A seguire le statue di San Gabriele e del Cuore di Maria per la confraternita dei SS. Cuori. Ultima quella dell'Immacolata, con le statue di S.t'Agnese e della Vergine. Per ultime invece erano sempre quelle di San Giuseppe Patriarca e della Madonna del Carmine dal sontuoso vestito seicentesco, dei duchi Marulli, purtroppo irrimediabilmente perduta dopo il drammatico incendio degli armi '70. Chiudevano la processione la Croce capitolare con il clero , la Reliquia e la statua in argento di S. Cesario. Le statue, i colori dei camici e mantelline delle confraternita, gli stendardi, le insegne, l'incedere degli autor­evoli priori con il proprio bastone, la partecipazione corale del popolo tras­mettevano il palpabile omaggio al protettore. Indimenticabile manifestazione) Poi le riforme consiliari indussero l'Autorità religiosa, sul finire degli anni 60 del secolo scorso, a consentire la processione con la sola statua del Santo Pro­tettore, ciò tra gli inevitabili mugugni dei sancesariani. Tuttavia, proprio tra quei malumori, mi fu raccontato che dietro la Statua del Santo si portava un tempo anche il Pallio di colore rosso, che in piazza per i giorni della festa si intronizzava il vecchio busto del Fumo, sostituito poi da un'altra statua in car­tapesta, ricoverata di notte nella Cappella Palatina. E, il lunedì sera, a con­clusione della festa, si faceva un'ulteriore processione, la suggestiva Ntarciata, con la sola luce, appunto, delle torce.
Particolare non secondario da ricordare è che, prima dell'avvento dell'elettric­ità, l'illuminazione era garantita dalla flebile luce colorata dei lumini ad olio.
Caratteristiche le pietanze preparate in onore del Santo in quei giorni, come la Cuijunara, saporito stufato di castrato di apellone, oggi un po' in disuso. E se durante la festa si vendevano scapece, mustazzoli, cupeta e nuceddhre nelle case si preparavano "li nfocacatti", altro dolcetto tipico di San Cesario.
Le inevitabili rivalità dei paesi vicini avevano sempre ironizzato sulla ghiot­toneria di cozze picchme dei sancesariani. Si rideva, infatti, del basso campa­nile sproporzionato rispetto all'altezza della chiesa spettegolando che il capo­mastro lo aveva demolito pur di non lasciarsi sfuggire u 

Non poteva mancare quindi anche l'ironia sulla festa e sulla solenne proces­sione con l'inunancabile riferimento alle lumache:
San Cisariu od chiuddu e na cozza, San Cisariu purtamu in carrozza! San Cisariu ddu tiammene à sciutu? Cozze piccinne cuiennu anderàl San Cisariu cu li onori
San Cisariu cra li pasolil
(San Cesario una chiocciola e mia lumaca/San Cesario portiamo in carroz­za/San Cesario dove diamine è andato?/Andrà raccogliendo cozze piccin­nei/ San Cesario con gli onori/ San Cesario con i fagioli.)
E sempre i forestieri raccontavano di risse furibonde fra loro e i sancesari­ani dopo la festa, risse invece sempre smentite da questi ultimi.
Il grande Tito Schipa scelse proprio la festa di San Cesario come sceneggia­tura per la registrazione di due canzoni in dialetto leccese:
"Quando te lai la facce" e "Lu pulece".
Il grande tenore immagina di venire, con tre amici, da Lecce a San Cesario per la festa del Protettore »cu lu trainun . Sono in ritardo e sperano almeno di poter vedere i fuochi e di poter comprare la scapece e le nuceddhre. E du­rante il tragitto cantano. Ed ecco finalmente il paese di San Cesario: " Uarda lu campanaru te San CisariuI Stasira ete la festa ranne a Sali Cisariul Te la cuijunarar( cerca su You Tube ).
Nel 1971 la signora Luigia Caiaffa, allora di 77 anni, mi recitò una canzone dialettale su San Cesario, lunga ben 381 endecasillabi, parlandomi della Rel­iquia e dei Marulli come se la Reliquia del Santo fosse appena giunta in paese:
Viva Mandli cu lu sou spiandoreí Nobili cavalieri te ranne fare
Ca cu la soa ccellenza e sou valore La Reliquia noi fice capitare.
An cela ibbe grazia, an terra onore, felicemente li giorni menareí

Cujunara

Ingredienti:
Su gr.500 di agnellone castrato, senza osso e grassi occorrono gr. 500 di patate, gr.700 di zucchine , 3 cipolle e 100 gr di pecorino grattugiato. Procedimento:
Si affettano sottilmente le cipolle, si taglia la carne a dadini consistenti , si ta­gliano a rondelle le patate e le zucchine. Si unge la pentola con un velo di olio extravergine di oliva e procedendo a strati ( "ssettare scennu patu patu")si dispongono la cipolla, le patate e la zucchina " tantu te castratu te agnellone senza uessu e tantu te patate" Si condisce con olio e sale (e peper­oncino per chi lo gradisce). Si procede quindi con gli strati fino a completa­mento degli ingredienti. Facendo attenzione di coprire con un filo d'acqua, si mette sul fuoco con una retina spargifiamme cuocendo a recipiente coperto per un'ora e mezza. Oppure nel forno.
Si serve con la spolverata di pecorino.
Nfocacatti
Ingredienti:
1 kg di farina, 100 gr di olio extravergine, 300 gr di zucchero, 30 gr di am­moniaca per dolci, 3 uova, 2 o 3 bustine di vanillina, buccia grattugiata di un arancia e di un limone, latte q.b.
per la glassa: 1kg di zucchero 3 dl di acqua.
Procedimento :
Dopo aver impastato gli ingredienti formare delle palline modellate a forma di cupolette. Adagiarle su una teglia distanziandole tra di loro e cuocere in forno a 170 gradi finchè non assumeranno un colore dorato. Raffreddarle e in seguito passarle nella glassa.
Adagiarle, quindi, su un vassoio ricoperto di carta forno e attendere che si as­ciughino.

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