PERCHE' NON CI COMPORTIAMO TUTTI ALLO STESSO MODO RISPETTO ALLE CIRCOSTANZE

Lo sguardo verso l'esterno alla ricerca della realtà come qualcosa di oggettivo, al di fuori di noi, è la causa delle pretese di una esistenza sociale che corrisponda alla esistenza di chi pretende che tutti siano identici al suo modo di vivere.
Le conseguenze sono terribili.
UNA SOLA REALTA' - UN SOLO COMPORTAMENTO ADEGUATO 



CONOSCENZA, OVVERO CONDOTTA ADEGUATA
di Francesco Varanini
Questo testo è un brano del capitolo di un libro che sto scrivendo. O forse meglio, di un testo che sto scrivendo. Il libro come oggetto chiuso è ormai superato.
Qualsiasi commento è ben accetto.
Vari anni fa, sotto il titolo, Autopoiesi, mi ero scritto questa poesia: “Io macchina tra macchine/ sopravviverò/ alla faccia tua/ e del mondo.// Solo in me mi specchio/ ed il mio mondo/ finirà con me./”.(1)
Non ho mai trovati questi particolarmente buoni, ma ora mi paiono anche evidentemente imprecisi. Se non altro, correggerei così: “Io macchina tra macchine/ sopravviverò/ alla faccia tua/ e del tuo mondo.// Solo in me mi specchio/ ed il mio mondo/ finirà con me./”. Perché, se prendiamo per buona il punto di vista di Maturana e Varela, ogni organismo è un mondo, auto-organizzato, chiuso, proteso alla propria sopravvivenza.
Siamo abituati a guardare i sistemi viventi dal punto di vista dell'adattamento, dell’evoluzione, dello sviluppo, della differenziazione, sempre in funzione di un ambiente esterno nel quale l'organismo vive immerso. Siamo abituati a guardare gli organismi viventi come sistemi aperti definiti da un ambiente. Siamo abituati a credere che la vita dell'organismo dipenda da un input e da un output, da uno scambio di informazioni tra organismo e ambiente.
Ma Maturana e Varela ci invitano a cambiare il modo di vedere. Se vogliamo intendere cosa è la vita, prima di guardare alle interazioni tra organismo e ambiente, si deve guardare all'organismo in sé.
Maturana, avendo in mente quel passo del Don Quijote nel quale il cavaliere dalla triste figura si interroga su pro e contro della via delle armi (praxis) e via delle letras (poiesis), conia così l'espressione autopoiesi: “una parola senza storia, una parola che poteva direttamente significare ciò che aveva luogo nelle dinamiche dell’autonomia propria dei sistemi viventi”.(2)
Le nozioni di scopo e di funzione ci portano fuori strada. L'adattamento all'ambiente non è la fonte della vita, è una conseguenza dell'auto-organizzazione dell'organismo. Ogni sistema vivente ha una organizzazione sua propria.
Gli organismi, così intesi, sono macchine omeostatiche: che mantengono costante, o in una gamma limitata di valori, qualche loro variabile. Macchina che continuamente generano e specificano la propria organizzazione.
Non sono particolarmente interessato alla diatriba che separa chi intende l'autopoiesi in grado di descrivere esclusivamente i sistemi biologici, e chi invece pensa si possano intendere come autopoietici anche i sistemi sociali. Per illuminare la mia riflessione sulla conoscenza di una luce che trovo efficace, non ho bisogno di seguire la ricerca di sottili distinzioni che ha incancrenito la relazione tra Maturana e Varela, e ha portato a fiumi di inchiostro e chili di pagine stampate. Considero vano questo accanimento nel commento. Non a caso sia Maturana che Varela ci ricordano come sia vana la stessa ricerca scientifica, quando si allontana da ciò che la persona ritiene, nella sua vita quotidiana, dotato di senso.
Mi bastano perciò le lucide pagine dell'Introduzione scritta da Maturana per Autopoiesis and Cognition. Forse anzi basta Biology of Cognition. (3) O basta la narrazione che trovo nel libro che ho letto ora, Del ser al hacer. (4)
Il ricercatore mette un verme di fronte alla salamandra. Quando la salamandra fa scattare la lingua verso il verme, siamo abituati a pensare che “l'oggetto esterno è processato dal cervello della salamandra come una informazione riguardante posizione e forma”. Ma tutto il processo si svolge invece, dice Maturana, all'interno del sistema-salamandra. “La salamandra correla le attività del sistema nervoso che portano al movimento e al lancio della lingua con le attività di un determinato settore della retina”. A partire da questa correlazione, la salamandra muove la lingua in un certo modo. “Anche se all'osservatore sembra che la salamandra miri ad un verme nel mondo esterno, la correlazione che si realizza è interna”.
“Come accade allora che, in generale, un verme si trova effettivamente nel luogo esatto verso il quale punta la lingua della salamandra? La spiegazione sta nel fatto che la salamandra e il verme formano parte di una storia comune, di un processo evolutivo che ha portato a una relazione di equilibrio molto raffinato di coordinamento e di adattamento reciproco, di accoppiamento strutturale tra organismo e ambiente”. (5)
Dunque organismi fondamentalmente autonomi, auto-organizzati, chiusi in se stessi, interagiscono tra di loro. “Interazioni ricorrenti e ricorsive producono un accoppiamento strutturale”. Con questo concetto, continua Maturana, “designo una storia di cambiamenti strutturali reciproci che rende possibile il sorgere di un dominio condiviso”. “Si da un accoppiamento strutturale quando le strutture dei due sistemi -strutturalmente plastici- si modificano in conseguenza di interazioni ricorrenti, senza che per questo si distrugga l'identità dei sistemi interagenti”.(6)
Così -come quella salamandra e quel lombrico- interagiscono, muovendosi in un dominio comune, anche osservatore e oggetto di indagine. “In principio sta l'esperienza della separazione, che si trasforma nella comprensione dell'essere intimamente legati”.(7) Anche osservatore e oggetto di indagine sono due mondi, accoppiati strutturalmente. Collassa qui la tradizionale opposizione tra un mondo e il soggetto conoscente. “Non esiste possibilità di vedere dell'esterno quello che si vuole spiegare”. (8) Non esiste, epistemologicamente, la possibilità di una visione super partes. Per Maturana: “tutto ciò che è detto è detto da un osservatore”.
E' così che sia affaccia alla mia mente una sintetica definizione di ciò che intendo per conoscenza. La penso così, ma non riuscivo a dirlo. Lo dice ora per me Maturana.
La conoscenza, ci dice Maturana, “non è la rappresentazione di una realtà data a priori, non è un procedimento di calcolo basato sulle condizioni del mondo esterno. Quando un animale o un essere umano si comporta in modo adeguato e coerente con le circostanze specifiche, o quando un osservatore arriva alla conclusione che sta percependo una condotta adeguata in una situazione da lui osservata, allora questo osservatore dice che questo animale o questa persona conosce; dice che ha conoscenza. Dunque la conoscenza è la condotta considerata adeguata da un osservatore in un determinato dominio”. (9)
Se guardo alla conoscenza 'chiusa dentro' un contenitore: un libro, un data base, mi trovo ad osservare che una conoscenza imbalsamata, ben misera cosa. Non è in realtà conoscenza.Nessun libro, nessuna enciclopedia può contenere la conoscenza. La conoscenza -frutto di accoppiamenti strutturali in continuo divenire- sfugge ad ogni tentativo di contenimento. La conoscenza che serve a me non è la conoscenza che serve a te. La conoscenza che emerge in questo istante e in questo luogo è diversa da ogni altra conoscenza. La conoscenza è una emergenza che emerge in modo differente sotto lo sguardo di ogni diverso osservatore.
Ora, scrivendo con un word processor, utilizzando il web come fonte infinita, schiacciando tasti ed osservando il testo che emerge sullo schermo, costruisco istante dopo istante conoscenza adeguata alla situazione.
Non posso non notare il salto di qualità conseguente all'accoppiamento strutturale, all'interazione ricorrente e ricorsiva tra persona e computer connesso alla Rete. Persona intesa come soggetto teso verso il sapere. Computer inteso come macchina in grado di incrementare, tendendo all'infinito, la capacità umana di creare conoscenza.
Introduco qui non a caso il sapere. Di fronte a possibilità senza confini, avendo rinunciato ad affidare il controllo del proprio pensiero a strutture date a priori, essendo di fatto libero di pensare al di là da vincoli imposti dalle limitate parole di di un libro, dai confini di una biblioteca o di un Mainframe, essendo così libero e solo, entità autopoietica che pensa a partire da se stessa immersa in un mondo privo di fondamenti, posto nelle condizioni di interpretare: leggere oltre l'apparente univocità del codice, l'uomo non può che fare appello alla propria saggezza.
Sapere: dietro sta la radice indeuropea sap-: idea di succo -una sorta di originario nutrimento, e quindi sapore. Di qui il verbo latino sapere: avere sapore, essere savio, avere senno.
Se accetto che i mondi non sono retti da una qualche organizzazione data dall'esterno, definita e garantita da una qualche autorità; se accetto non esiste, epistemologicamente, la possibilità di una visione super partes, non posso far altro che ricorrere alla mia saggezza – che ha a che fare, in fondo, con il senso del limite. In ogni istante cerco la conoscenza adeguata, che è allo stesso tempo la conoscenza più utile in quell'istante spaziotemporale e la conoscenza che le mie povere capacità mi permettono di raggiungere.
La conoscenza è succo vitale, Food For Though, cibo per la mente. E sovviene, sempre a proposito del limite, la duplicità di senso implicita in gift, 'dono' o 'veleno': ciò che per me è dono, per altri potrà essere veleno.
Nell'idea di ecologia -penso a Bateson- convivono sia il riferimento alla 'rete che connette', sia l'idea della saggia autolimitazione. E' una ricerca dell'equilibrio sull'orlo del caos.
1 - Sta in Francesco Varanini, T'adoriam budget divino. Critica della ragione aziendale, Sperling & Kupfer, 1984.
2 - Humberto Maturana, & Francisco Varela, Autopoiesis and Cognition. The Realization of the Living, Dordrecht, Holland: D. Reidel Publishing Company, 1980; tr. it. Autopoiesi e cognizione. La realizzazione del vivente,Venezia, Marsilio, 1985, p. 30.
3 - Humberto R. Maturana, “Biology of Cognition”, Biological Computer Laboratory Research Report BCL 9.0.,Urbana IL: University of Illinois, 1970. Sta in Humberto Maturana, & Francisco Varela, Autopoiesis and Cognition, op. cit.
4 - Humberto Maturana Romesín, Bernhard Pörksen, Vom Sein zum Tun. Die Ursprünge der Biologie des Erkennens,
Carl Auer, Heidelberg, 2002; cit. dalla trad. spagnola Del ser al hacer. Los orígenes de la biología del conocer, Granica: Juan Carlos Sáez, Buenos Aires, 2008.
5- Ibid., p. 69.
6 - Ibid., p. 101.
7 - Ibid., p. 40.
8 - Ibid., p. 36.
9 - Ibid., p. 80.

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