Fidarsi è bene e non cercare le certezze è meglio

 Non sono d’accordo con quanto scritto dalla Professoressa GIORGIA SERUGHETTI nel articolo pubblicato sul quotidiano DOMANI di oggi 4 gennaio 2022 e spiego qui di seguito perché non sono d’accordo con lei.

"La sofferenza dell'uomo non è dovuta a mancanza di certezze, ma a mancanza di fiducia" Humberto Maturana

Noi tutti in viviamo la nostra vita come esseri proiettati nel futuro, e come tali non facciamo altro che tracciare la nostra strada mentre camminiamo. Determiniamo il prossimo passo che faremo sulla base di ipotesi basate sulle nostre convinzioni ed esperienze, nonché sui nostri sogni e aspirazioni. Ed è per questo che ciò che ci accade va SEMPRE oltre le nostre certezze.

Quando perdiamo la fiducia nella natura che ci circonda e nella quale siamo immersi, nell'universo, in noi stessi, in definitiva nella strepitosa realtà naturale che ci permette la vita, allora iniziamo a rivendicare certezze.

Lo rivendichiamo chiedendolo AL POTERE che alla stregua DI UN DIO dovrebbe darci le certezze che sono dentro di noi.

Ma è impossibile andare verso nuovi orizzonti se non ci fidiamo oltre le nostre certezze. E se non ci fidiamo, vogliamo controllare ciò che verrà, quindi ripetiamo solo il passato. E rimaniamo intrappolati in una scatola stretta che è il bisogno di controllo.

Quello che intendo quando affermo la necessità e l’urgenza di vivere nella collaborazione per la realizzazione di un PROGETTO COMUNE è proprio LA RESPONSABILITA’ CHE HANNO TUTTI I PRESCELTI di accompagnare i cittadini nel ripristinare quella fiducia primordiale. È questa restituzione che armonizza l'interno con l'esterno, generando nuovi legami e coerenza. È allora che i nostri sogni e scopi diventano possibili.

Buona riflessione

COVID E NUOVE PAURE La destra non sa dare risposte all'incertezza
GIORGIA SERUGHETTI filosofa
Se c'è una lezione che la pandemia ci ha impartito è che le nostre vite sono governate dall'incertezza. In questo passaggio d'anno, mentre la minaccia di nuove varianti riprende a dominare i palinsesti informativi e la paura di ricadere nell'emergenza avanza, è proprio il sentimento di incertezza a riaffacciarsi prepotente sia a causa dell'imprevedibilità dei comportamenti del virus, sia per l'impossibilità di anticiparne gli effetti sulle relazioni interpersonali, sugli stili di vita, sulle prospettive di benessere economico e sociale. La paura del contagio torna inoltre in un quadro afflitto da crisi molteplici la guerra in Ucraina di cui non si intravede la fine, l'inflazione che aggredisce i salari, la stretta energetica, il cambiamento climatico. Si tratta di altrettante minacce che accrescono nelle persone il senso di vulnerabilità, trasformandola in ansia e vissuto di impotenza, soprattutto in assenza di reti efficaci di sicurezza sociale e di un impegno serio della politica. Se infatti il disordine globale, la precarietà economica, il disorientamento cognitivo fanno dell'incertezza la tonalità emotiva dominante, la possibilità di mitigarla sembra dipendere dalla capacità dei decisori pubblici di offrire prospettive credibili di protezione dai rischi, anche attraverso visioni capaci di affrontarne le cause, oltre che gli effetti. Il governo italiano promette di muoversi in questa direzione? Non è questa al momento l'impressione. Non solo perché è guidato dalle forze politiche più ostili alle misure di contenimento del contagio da Covid-19, o meno impegnate nella transizione ecologica, ma anche perché ha appena varato una manovra finanziaria che riserva poca o nessuna attenzione proprio alla difesa delle infrastrutture sociali che sono necessarie a sostenere la vita, soprattutto delle persone più fragili.
La sanità, il welfare, la scuola le articolazioni di un sistema pubblico che si prende cura dei bisogni vitali, e lo fa in base a principi universalistici, sono state poste in secondo piano da una politica di bilancio che — fatta eccezione per gli interventi contro il caro energia — sembra orientata in modo prioritario a contenere la spesa sociale, ridurre il peso fiscale su redditi medio-alti, punire i poveri, favorire gli evasori.La risposta della destra di governo al senso di crescente insicurezza è offerta, invece, sul piano identitario: la certezza di confini e gerarchie sociali, la chiusura nel "noi", il conforto di uomini o donne "forti". Si va dal pugno duro contro le Ong al sovranismo linguistico, dai modelli di educazione autoritaria alla famiglia di mamma e papà.
La strada intrapresa non guarda alle ragioni profonde dell'incertezza, ma offre una semplice illusione di protezione. E additando sempre nuovi nemici, non fa che alimentare la paura
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