giovani di Ultima generazione e tutti i movimenti ambientalisti hanno sin ora FALLITO proprio perché non sanno che ciò che è in gioco è una dinamica emotiva, non ne sono consapevoli

 


Nell’articolo che segue, pubblicato sul quotidiano DOMANI di oggi 8 gennaio 2023, FABRIZIO SINISI conclude la sua conversazione così:
“Per quanto possa essere sbagliato o disdicevole ricordarlo, la questione ambientalista è a una svolta o pone sé stessa nei termini di una guerra interna, o è destinata a diventare una branca dell'intrattenimento culturale.”

È noto a tutti che la guerra interna è un conflitto armato di vaste proporzioni, nel quale le parti belligeranti sono principalmente costituite da persone appartenenti alla stessa popolazione e quindi interna ad uno stesso Stato o Paese, divise tipicamente in fazioni avverse.

Non so molto delle conversazioni dei giovani oggi, ma io, nella mia giovinezza, ho vissuto un momento storico in cui eravamo tutti preoccupati per il cambiamento culturale.

La preoccupazione era: come parteciperemo al cambiamento della cultura, al cambiamento del mondo in cui viviamo, che è sotto i nostri occhi e genera tanta miseria e tanta sofferenza, per vivere invece in un'altra cultura più armoniosa, una cultura che non neghi la nostra umanità? E questo era un momento storico in cui l'Unione Sovietica comunista era la grande speranza perché era emerso uno scopo etico. Era un tentativo di creare una cultura giusta, una giusta convivenza, un mondo umano, anche se c'era molta opposizione e c'erano scritti che parlavano della sua fallacia, che il comunismo dell’Unione Sovietica non era davvero quello che si supponeva fosse, oppure si diceva che la promessa o l'intenzione erano state violate.

Ho vissuto in uno spazio con la domanda del cambiamento culturale: come posso cambiare la cultura? Cosa si deve fare? Deve essere attraverso la guerra? Il cambiamento culturale richiede l'eliminazione di coloro che la pensano diversamente?

Quindi, di fronte a questo, allo stesso tempo, ci siamo tutti resi conto che 51 anni di attività del Partito della democrazia cristiana, ispirato dal Papa e dalle schiere clericali. in Italia non hanno cambiato l’Italia. Cioè, nel 1992 Partito della democrazia cristiana perde il potere e ciò che appare è, una schiera di Partiti non identica a quella che si formo quando si è conclusa la guerra civile italiana nota come resistenza, ma con le stesse domande, la stessa situazione, lo stesso atteggiamento nei confronti della vita, come se nulla fosse accaduto.

Ma cosa deve succedere perché una cultura cambi?

Nei 15 anni di cammino neocatecumenale ho letto la Bibbia, in quel cammino di iniziazione cristiana durato 15 anni abbiamo approfondito tutti i libri delle sacre scritture come le chiamo noi cattolici, mi ha fatto riflettere la storia del popolo ebraico che va dall’Egitto alla terra promessa: Mosè arriva e arriva alla frontiera, manda degli esploratori e loro al ritorno riferiscono ciò che hanno visto ovvero che si tratta di una terra meravigliosa, dove scorrono latte e miele e che però hanno osservato che tale territorio è popolato da giganti. Questa circostanza li condanna a vagare quarant'anni nel deserto. Dopo quarant’anni gli esploratori tornano in quella terra e dicono che hanno potuto osservare che si tratta di una terra meravigliosa, dove scorrono latte e miele e che la stessa hanno notato sia abitata da uomini normali. Questa storia mi ha molto sorpreso: questi uomini di questa meravigliosa terra, come hanno fatto a rimpicciolirsi, se prima erano giganti e quarant'anni dopo erano uomini normali?

Che cosa è successo in quel territorio?

Questa era una domanda che continuava a girarmi in testa. E, naturalmente, quello che è successo non è che la dimensione degli abitanti sia cambiata. Era cambiato il popolo ebreo che entrò in Palestina: cambiò l'atteggiamento vitale degli ebrei. C'è stato un cambiamento culturale.

Come avviene il cambiamento culturale?

Nella mia riflessione sulle prime ho pensato che affinché si determini un cambiamento culturale bisogna passare quarant'anni nel deserto.

Ma la cosa è più complessa di così.

Alla fine, quando ho letto le conversazioni di Humberto Maturana ho rivolto la mia attenzione alla questione delle emozioni.

E questo è il cuore di questo problema.

Maturana scrive: "La vita umana, come tutta la vita animale, è vissuta nel flusso emotivo che costituisce in ogni momento lo scenario di base da cui nascono le nostre azioni. Inoltre, penso che siano le nostre emozioni, e non la nostra ragione, a determinare in ogni momento ciò che facciamo o non facciamo".

Per me questa evidenza che deriva dalla lettura dell’astrazione di Maturana fu una liberazione perché è stata un'espansione della mia comprensione.

Il fatto che agiamo dall'emozione non nega la ragione, ma permette di rendersi conto che la ragione si basa su premesse fondamentali, la cui accettazione non è razionale ma è emotiva, appartiene all'emozione.

Ecco io ho potuto osservare e accertare che l'emozione e l'emozionarsi sono fondamentali nell'organizzazione del mio vivere, nello spazio che io vivo, di conseguenza perché ci sia un cambiamento culturale, ci deve essere un cambiamento emotivo.

E questo è il grande tema di questo mio scritto relativo alla questione dei cambiamenti climatici. Nella mia vita ho sempre chiara questa evidenza scientifica di Maturana che mi porta SEMPRE a riflettere per divenire consapevole di quale emozione sia alla base dei miei comportamenti.

Quale emozione è la premessa al comportamento che continua a utilizzare le fonti energetiche fossili che porteranno alla distruzione del nostro pianeta?

I giovani di Ultima generazione e tutti i movimenti ambientalisti hanno sin ora FALLITO proprio perché non sanno che ciò che è in gioco è una dinamica emotiva, non ne sono consapevoli e si OSTINANO CON LE ARGOMENTAZIONI RAZIONALI ED ORA CHIEDENDO DI IMPORRE AGLI ALTRI CON LA FORZA E INCOCANDO LA GUERRA INTERNA.

La guerra interna evocata da FABRIZIO SINISI è altamente probabile che determini lo stesso fallimento che si determino ad esempio nell’Unione Sovietica. Ricordiamo tutti che quando si verificò la rivoluzione russa, c'era uno scopo etico, c'era una forza d'azione nella convinzione che ciò che si voleva fare fosse valido. Il ragionamento, alla fine, c'è ma non è stato quello che ha convinto, quello che ha convinto è stata l'ispirazione etica, è stato lo scopo etico.

Ma quello scopo etico che fece muovere le persone, a un certo punto venne distorto da un argomento razionale su come avrebbe dovuto essere fatto.

Decisero che quello scopo etico doveva essere messo in atto, doveva essere fatto attraverso una dittatura: La dittatura del proletariato.

E quell'argomentazione razionale cambia l'emotività delle persone, cambia il loro stato emotivo perché dallo scopo etico si passa alla richiesta di forzare l'altro e si finisce con ciò che poi è accaduto e che è tutt’oggi sotto gli occhi di tutti: la completa negazione dello scopo iniziale.

Buona riflessione

SIMBOLI E SOSTANZA
La lotta ambientalista è arrivata a un bivio
FABRIZIO SINISI drammaturgo
Se la vernice al Senato è stata un tentativo di raccogliere l'invito che. qualche mese fa Andreas Malm faceva ai militanti ecologisti (abbandonare il dogma della non-violenza e abbracciare la lotta), viene il sospetto che ci sia un errore di fondo e cioè che si stia prendendo per violenza quello che è invece teatrale, che si scambino le provocazioni per azioni.
Cosa vogliono, i ragazzi con la vernice?
Lanciare un segnale di allarme.
Cosa poi effettivamente accade?
Quanto di meno allarmante possa esserci: una bolla di conversazione dove per quarantotto ore qualcuno dice che hanno fatto bene e qualcun altro finge di scandalizzarsi (mentre peraltro, i protagonisti subiscono conseguenze legali serissime).
Va così fin dal primo barattolo di zuppa lanciato contro un quadro. Sono mesi che ambientalisti e media s'inseguono in un circolo vizioso dovei primi si prodigano per stupire i secondi che, a loro volta, li invitano a inventarsi qualcos'altro quando una provocazione ha smesso di fare notizia: un cerchio che, a volte, tra i funerali di un papa e un libro del principe Harry, finisce col sembrare più una categoria d'intrattenimento che una battaglia in atto.
Si ha l'impressione che certi gesti puntino più alla rappresentazione della realtà che alla realtà stessa e che volendo sensibilizzare l'opinione pubblica, si finisca -più o meno involontariamente - a flirtare con i suoi salotti.
Può sembrare assurdo, ma non c'è proprio più alcun bisogno di sensibilizzare nessuno sulla catastrofe ecologica. Sono anni che - in buona o in cattiva fede - ne parlano tutti: scrittori, registi, giornalisti, organizzatori di festival.
Anche le mie zie pugliesi, diploma di terza media e nessuna simpatia per Greta Thunberg. escono in questo gennaio oscenamente caldo e sanno che è un disastro e che noi c'entriamo.
Tutti sanno.
Anche i politici - soprattutto i politici - sanno. Il problema è casomai, esattamente come con l'animalismo, è che per cambiare le cose il sapere non basta.
La fase della sensibilizzazione è finita.
II problema non è (più) il sapere, ma il potere.
Un potere che, a un necessario ripensamento dei mezzi di produzione, oppone interessi a cui certi gesti mediatici riescono solo ad animare l'Instagram.
Non stupisce che, quando a ottobre alcuni ambientalisti hanno compiuto un raid contro quaranta suv nel quartiere Crocetta di Torino, se ne sia parlato infinitamente meno di quanto si parli ora della vernice al Senato.
Per quanto possa essere sbagliato o disdicevole ricordarlo, la questione ambientalista è a una svolta o pone sé stessa nei termini di una guerra interna, o è destinata a diventare una branca dell'intrattenimento culturale.
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