Il Conte di Montecristo ( Le Comte de Monte-Cristo )


 Il Conte di Montecristo

( Le Comte de Monte-Cristo )

di Antonio Bruno
La vendetta nasce spesso da un torto che ci brucia dentro, un’ingiustizia che percepiamo come insopportabile. Guardando Edmond Dantès ne Il Conte di Montecristo, la sua determinazione nel voler distruggere chi lo ha tradito mi ha fatto riflettere su quanto possa essere potente, ma al contempo distruttivo, questo sentimento. Mi ha riportato alla memoria un episodio personale: una volta meditai e portai a termine una vendetta che credevo giustificata. Eppure, quando la ottenni, non trovai la soddisfazione che avevo immaginato, ma un vuoto profondo. Mi vergognai di ciò che avevo fatto, e quel vuoto mi fece capire quanto fosse inutile continuare a dare spazio e potere al torto subito.
Non fu il perdono a salvarmi, ma la capacità di lasciar andare, di dimenticare. Dimenticare non significa negare ciò che è accaduto, ma rifiutare di dare al passato la possibilità di definire il presente. La vendetta, infatti, ci tiene legati a ciò che è stato, ci costringe a rivivere il dolore, alimentando continuamente la ferita. È una prigione emotiva in cui ci rinchiudiamo da soli, come accade a Dantès, il cui desiderio di vendetta diventa il fulcro della sua esistenza, impedendogli di vivere pienamente.
La scienza spiega che la vendetta può attivare nel cervello una momentanea sensazione di piacere, legata alla ricompensa immediata. Tuttavia, come dimostrano studi psicologici, questo sollievo è effimero e spesso lascia dietro di sé emozioni negative, come il rimpianto o un senso di vuoto. Dimenticare il torto subito, invece, ci permette di liberarci dal peso emotivo che ci vincola a chi ci ha fatto del male. È un atto di autodeterminazione, un modo per riprenderci il controllo della nostra vita.
Quando capii che il male poteva raggiungermi solo se ero io a dargli questo potere, iniziai a vedere le cose con occhi diversi. Non dimentico per debolezza, ma per scegliere di non essere più schiavo di quel dolore. È una scelta che non richiede di giustificare il torto, ma di smettere di alimentarlo. In questo senso, dimenticare non è un atto passivo, ma una decisione consapevole di lasciare che il passato rimanga al suo posto, senza invadere il presente.
Edmond Dantès non riesce a dimenticare, e per questo rimane prigioniero del suo desiderio di vendetta. La sua storia ci insegna che il vero potere non è quello di colpire chi ci ha fatto del male, ma di impedire che quel male continui a governarci. Solo dimenticando possiamo liberare lo spazio necessario per andare avanti, per riscoprire noi stessi e ricominciare a vivere.
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