SPEGNERSI

 


Se fin dalla primissima infanzia hai dovuto calmarti senza che nessuno ti aiutasse, hai imparato che un modo per affrontare le situazioni complesse, che per te sono motivo d’angoscia, è quello di spegnerti. Spegnersi, non addormentarsi. È una pratica comune e barbara, che si basa sulla credenza che i bambini si possano calmare da soli e a un certo punto addirittura si addormentino, ma il cervello dei neonati NON funziona così. per affrontare le situazioni complesse, che per te sono motivo d’angoscia, è quello di spegnerti anche in senso metaforico, magari non mettendo mai i tuoi bisogni davanti a quelli dell’altro, in una relazione.

 

 

Se invece i tuoi genitori sono sempre venuti in tuo soccorso, hai magari imparato che le tue necessità e i tuoi bisogni sono importanti, che puoi averne, che contano, che la tua voce, quando si fa sentire, ha il diritto di essere ascoltata.

 

C’era un tempo in cui il tuo pianto si spegneva nel vuoto, come un fuoco che si consuma sotto la pioggia. Hai imparato presto che calmarsi da soli è come camminare scalzi su una strada di spine: si va avanti, ma il cuore si lacera. Nessuno ti ha preso in braccio quando il mondo ti sembrava troppo grande, nessuno ti ha insegnato che un abbraccio può essere un rifugio e non un peso. Così, hai scoperto il modo più silenzioso per sopravvivere: spegnerti. Non dormire, no. Spegnerti. Come una lampada che decide di non illuminare più una stanza che non la guarda.

È una pratica brutale, questa, quella di pensare che i bambini possano calmarsi da soli, che possano smettere di piangere e addirittura addormentarsi senza calore. Ma il cervello di un neonato non funziona così: si spegne per non bruciare, si spegne per non urlare più nel vuoto. E così hai imparato a spegnerti anche dentro, a mettere i tuoi bisogni in un cassetto chiuso, per paura che qualcuno li trovi e li ignori.

Ora, nei legami, ti ritrovi a fare lo stesso: lasciare che gli altri brillino, mentre tu ti abbassi al minimo, come una candela che non osa competere con il sole. Ma non sei nato per spegnerti, non sei nato per essere il silenzio che ascolta. Sei nato per essere il respiro, l'urlo, la luce che non si scusa mai per esserci.

Hai imparato presto
che il silenzio non consola,
che il vuoto non risponde
e che il buio non abbraccia.

Ti spegnevi,
non dormivi,
eri come un cielo senza luna
che aspetta una notte meno fredda.

Ti dicevano che bastava aspettare,
che il pianto si sarebbe arreso,
che il sonno sarebbe venuto
come un ospite gentile,
ma il tuo cuore sapeva già:
calmarsi da soli
è un mestiere crudele.

Così hai spento anche il cuore,
hai imparato a piegarlo,
a metterlo dietro,
sempre un passo dopo
il bisogno dell’altro,
sempre un passo lontano da te.

E oggi,
nelle mani che tieni,
nei legami che vivi,
sei quella luce fioca
che illumina appena
per non disturbare.

Ma tu non sei nato per spegnerti,
tu sei il fuoco che danza,
sei il lampo che rompe il silenzio,
sei il sole che non chiede mai scusa.

 

Commenti

Post popolari in questo blog

SANITA' E ISTRUZIONE PUBBLICA

La democrazia a San Cesario è possibile

LA PESCA CHE MAMMA REGALA A PAPA’: IL MIO PUNTO DI VISTA DI BAMBINO