“Le sardine che siamo”


 “Le sardine che siamo”

Ci sono date che restano come fiammelle accese nel tempo, piccole braci che, anche dopo anni, non si spengono. Il 15 dicembre 2019, a Lecce, c'era un'idea che si stringeva nelle piazze, un nome leggero e paradossale: sardine. Un modo di stare, di essere, di dire “ci siamo”. Sardine, come in una scatola, vicine, unite, a sfidare la solitudine delle mura domestiche e il peso delle abitudini.

Quella sera non ero solo, eravamo tanti. Tanti occhi, tante mani, tanti motivi diversi. Ma un’unica emozione, palpabile, che serpeggiava in quella piazza: così com’è, non ci piace. Era una dichiarazione silenziosa e rumorosa insieme, un grido senza eco, fatto di volti che parlavano, anche senza dire troppo. E ci piacque stare lì, così, stretti ma liberi, ad ascoltare chi per un attimo prese parola e poi scomparve, come una meteora tornata nell’ombra.

Cinque anni sono passati. Cinque anni di assenze, di ritorni, di speranze sopite e risvegli improvvisi. Non ci siamo più ritrovati, non in quella forma. E, onestamente, non posso dire che ciò che vedo oggi mi piaccia. Il mondo è ancora stretto, ma in modi diversi: stretto da chiusure, da muri invisibili, da silenzi assordanti.

Io, però, sono fortunato. Ho trovato riparo in conversazioni, in incontri che nascono da nulla e diventano tutto. Parole che si intrecciano e, come fiumi, creano spontanei accordi: naturali, vitali, pieni. È una ricchezza inestimabile, una linfa per l’anima. Ma quando mi volto verso il resto, verso il grande spazio che abitiamo insieme, non posso fare a meno di sentirlo: il disagio.

Dentro ognuno di noi, forse, vive ancora una sardina. Una sardina insoddisfatta, inquieta, che sa che così non va, che non può bastare. Non è nostalgia, è qualcosa di più sottile e profondo: è una fame di cambiamento, di bellezza, di senso. Una sardina che non si arrende, che non si lascia inscatolare.

Forse è questo che ci resta, a cinque anni da quella sera: un’eco di strettezza e libertà, il desiderio di dire ancora, in modi nuovi e antichi, che non ci piace. Ma che insieme, forse, potrebbe piacerci.

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