La copertura in ferro del mercato delle erbe di Giorgio Estrafallaces e Claudia Piccinno
La copertura in ferro del mercato delle erbe
di Giorgio Estrafallaces e Claudia Piccinno
Architettura e tecnologie
Il campo delle coperture in ferro presenta una vasta e varia gamma di
tipologie edilizie che si affermano pienamente nella seconda metà
dell’Ottocento: gallerie pubbliche, stazioni ferroviarie, tribune per impianti
sportivi, sale per esposizioni, mercati coperti, serre botaniche. In questo
periodo l’architettura si affida alla scienza ed alla tecnica delle costruzioni
associando finalità estetiche ed esigenze di stabilità delle strutture. L’Art
Nouveau fece propri questi motivi legati all’uso delle nuove tecnologie
esprimendo uno stile affrancato da derivazioni storicistiche, ma caratterizzato
dall’ostentazione di decorazioni floreali e dal gusto esotico, finendo così con
l’assumere nel tempo un’accezione negativa, decadente, kitsch. In questi anni,
dopo l’Unità d’Italia ma soprattutto sul finire del secolo, Lecce conobbe un
periodo di vivissimi fermenti urbanistici con espansioni insediative al di
fuori delle mura ed un grande attivismo nella realizzazione di opere pubbliche.
È in questo clima di grandi trasformazioni che la vicenda della tettoia ha
inizio.
La storia del mercato coperto
La storia del mercato coperto comincia in un lontano giorno di tanti anni fa
– si era nel 1896 – quando l’Amministrazione comunale del tempo decise di dotare
la città di una tettoia per il mercato della frutta e delle erbe, assicurando
così alla cittadinanza un importante servizio collettivo dal carattere
permanente. L’iniziativa di costruire il mercato coperto fu presa dalla Giunta
comunale allo scopo di “riparare i poveri rivenditori di erbe e frutta dalla
pioggia, dal freddo dell’inverno e dal sole nell’estate” e per offrire alla
cittadinanza condizioni di vendita più igieniche. Mentre il commercio di carne
e pesce avveniva infatti in idonee costruzioni situate in Piazza delle Erbe, il
mercato ortofrutticolo si svolgeva in mezzo al fango ed alla polvere delle vie
del centro, con grave disagio dei venditori e con grave pregiudizio per la
salute della popolazione.
Le vicende
L'idea di costruire un mercato coperto non era nuova, considerazioni
igieniche ma anche sociali ne giustificavano l'esecuzione: "i nostri
operai hanno bisogno di lavorare, visto che il nostro Paese non ha altro
commercio, altra vita se non quella che le procuriamo noi stessi."
L'avvocato Falco, Sindaco al tempo della città, commissionò nel 1895 alla Ditta
Stangolini e De Ninno di Roma - rappresentata dal Sig. Giacomo Gridi -
l'elaborazione di un apposito progetto. Il costo presunto dell'opera si
aggirava intorno alle 300.000 lire, pagabili in 40 rate trimestrali,
posticipate con titoli cedibili e senza interessi. Il progetto prevedeva la
costruzione di "una tettoia a sistema rigido a graticcio inglese", di
serbatoi di lamina di ferro della capacità complessiva di 15 mc, di una pompa
aspirante con motore a vapore della forza di 2 cavalli. Il progetto però non si
concretizzò: la Giunta non ritenne opportuno sottoporlo alla votazione del
Consiglio comunale (Il Lavoro, 16. 5. 1985). Passate le elezioni comunali, il
problema del mercato coperto fu riproposto con determinazione
dall'Amministrazione Pellegrino. Si cominciò con l'acquisto dell'area
occorrente alla costruzione del mercato deliberato nella seduta del Consiglio
comunale del 6 novembre. Le trattative allacciate dal Comune con il Ministero
delle Finanze per la cessione del suolo compreso tra i bastioni della cortina
sud del cinquecentesco Castello di Carlo V, di proprietà del Regio Demanio,
furono non prive di difficoltà e incomprensioni e si risolsero favorevolmente per
il Comune che acquistò l'area al modico prezzo di 712 lire, pagabili in tre
esercizi finanziari. Un vero affare, soprattutto inatteso per le esaurite casse
comunali: una precedente perizia ordinata dal Sindaco Giuseppe Pellegrino aveva
stimato un costo dell'area ben più elevato. La convenienza del prezzo era tale
"da non ammettere alcuna discussione". Un ulteriore vantaggio per il
Comune venne da un equivoco sorto con l'Intendenza di Finanza che attribuiva le
712 lire chieste dal Demanio all'intera superficie dei fossati circondanti il
Castello e non alla sola area della cortina sud sovrapposta all'antico fossato,
come nelle intenzioni degli amministratori comunali. Il Comune quindi finì con
l'acquistare per la stessa cifra l'intera proprietà dei fossati, il cui
colmamento era stato ultimato alla fine del 1872. Alla rettifica della delibera
consiliare nella seduta straordinaria del 28 gennaio 1897, fece seguito la
cessione con formale atto pubblico dell'area in oggetto al Comune e la stipula
del relativo atto contrattuale con l'Amministrazione militare proprietaria del
Castello. La realizzazione del progetto aveva visto in passato l'opposizione
della Direzione Territoriale del Genio Militare di Bari, poiché le strutture
della tettoia inficiavano il valore storico del Castello. Ma dopo
l'autorizzazione del Ministero delle Finanze all'appoggio della tettoia del 26
agosto 1896, anche il Ministero della Guerra, nell'ottobre dello stesso anno,
si espresse favorevolmente all'esecuzione del progetto. Il 18.11.1896 il
Consiglio comunale deliberava finalmente la costruzione del mercato coperto per
una spesa presunta di 75.723 lire, suddivisa in vari esercizi finanziari:
10.000 nel bilancio 1898, 10.000 nel 1899, 16.000 nel 1901, 20.000 nel 1902 e
20.000 nel 1903. Le controverse vicende del mercato coperto tuttavia erano ben
lungi dall'aver fine. Da ultimo, anche il Corpo Reale del Genio Civile,
nell'esame del progetto, ebbe ad obiettare sui requisiti igienici del mercato.
In una lettera al Prefetto del 29.12.1896, il Genio Civile manifestava la
preoccupazione che "la proposta copertura metallica (...) renderebbe (il
mercato) vieppù insalubre a causa della sua esposizione" e proponeva
alcune modifiche alla struttura per migliorarne la ventilazione, distaccando la
nuova opera dalla cortina del Castello. Al Genio Civile inoltre, sembrava
opportuno coprire le falde della tettoia con tegole marsigliesi. La risposta
del Sindaco non si fece attendere e, in una nota al Prefetto del 30.12.1896,
sostenne che la scelta della copertura in lastre di zinco rispondeva a semplici
esigenze economiche, comportando le tegole marsigliesi una maggiore spesa di
16-19.000 lire che si trovava inopportuno fare. Risolte le controversie col
nulla-osta prefettizio, la costruzione della tettoia per il mercato coperto fu
infine deliberata dalla Giunta Comunale nella seduta del 6 marzo 1897. Il Sig.
Vito Reale assunse l'appalto alle condizioni del Capitolato (deliberato alla
fine del 1896) purché l'affidamento fosse avvenuto a trattativa privata e con la
massima urgenza, dovendo egli recarsi in altra città. Iniziata a costruire sul
finire dell'anno 1897, su progetto dell'ing. Pasquale Ruggieri, la "piazza
coperta", come fu ribattezzata dai leccesi per la sua estensione (circa
1600 mq), fu inaugurata appena un anno dopo, il 5 dicembre 1898, con una
solenne cerimonia alla quale partecipò in massa la cittadinanza festante che
improvvisò perfino un'entusiasta manifestazione sotto casa del Sindaco.
"Tutti i venditori avevano l'aspetto giocondo manifestando la propria
contentezza per un'opera attuata a loro beneficio". La costruzione del
mercato coperto incontrò non solo il favore dei venditori e dei cittadini, ma
anche quello della stampa: "l'opera è veramente bella" scrisse
qualche giorno più tardi Il Messaggero Salentino, stigmatizzando però il costo
eccessivo della struttura; "il mercato coperto, diciamolo senza reticenze,
è un'opera che merita plauso". Nella seduta del 2.12.1898, il Consiglio
comunale aveva già espresso all'unanimità il proprio ringraziamento all'ing.
Pasquale Ruggieri "per l'opera gratuita prestata per il progetto del
mercato coperto, il quale ha riscosso unanimi applausi".
La struttura
L'impianto
planimentrico del mercato coperto presentava una pianta rettangolare
all'interno della quale, sul fronte verso via Marconi (già via Vito Fazzi)
lungo ben 80.54 mt, era intessuta una maglia regolare di 32 colonne in ghisa
poste su doppia fila ad un interasse di 5.00 mt in senso trasversale e di 4.40
mt longitudinale. Lo spazio interno risultava suddiviso in navate: una larga mt
15.50 l'altra, soli 4.40. Le colonne sul fronte a sud si avanzavano dal filo
dei bastioni di circa 7 mt e sorreggevano da un lato la copertura a tetto
realizzata con capriate in ferro tipo Polenceau e orditura in tavolato. L'altro
appoggio delle capriate era costituito invece da 14 mensole in pietra
aggettanti dalla cortina muraria del Castello.
La
copertura, a tre ordini di falde, raggiungeva nel punto più alto, lungo la
linea di colmo, un'altezza di mt 12.50 per poi discendere ai 4,80 del tratto a
sbalzo su via Fazzi. Le falde della copertura principale convogliavano le acque
meteoriche in un canale di gronda zincato che correva lungo la fiancata in
appoggio al Castello per poi scaricarle in 5 grosse pluviali, mentre quelle
inclinate a diedro della parte di copertura a sbalzo, incanalavano le acque di
displuvio entro le colonne stesse per il successivo smaltimento.
L'illuminazione
naturale e la ventilazione erano favorite dalla presenza di una prima copertura
rialzata di 1,50 mt sulla copertura principale. Tre grossi lampioni lungo
l'asse trasversale della navata centrale ed altri sorretti da mensole applicate
alle colonne in ghisa più interne, assicuravano l'illuminazione artificiale con
energia elettrica.
La
pavimentazione del piazzale venne realizzata utilizzando in parte pietrini di
cemento ed in parte un battuto di cemento bocciardato. Nell'esecuzione delle
opere furono impiegati materiali della migliore qualità in commercio, così come
previsto dal Capitolato di appalto approvato nella seduta consiliare del
1.12.1896.
Al fine di
preservare meglio le strutture metalliche si dipinsero travi e colonne con tre
mani di vernice ad olio: due al minio ed una a finire, di altro colore. Il
progetto Ruggieri prevedeva ancora la realizzazione di un serbatoio di acqua in
ferro, di una cisterna e di una pompa con corpo in bronzo per l'esaurimento
d'acqua con portata di 2+3 litri al minuto secondo.
I lavori di
costruzione erano appena cominciati che si pensò già di modificare il progetto
approvato con la costruzione di ben due cisterne per la raccolta delle acque
piovane e di un pavimento sopraelevato dal piano stradale. Tali proposte furono
in parte accolte. Il 10.07.1897 il Consiglio Comunale deliberò una spesa
suppletiva di lire 12000 per eseguire varianti al progetto iniziale necessarie
per "la costruzione di un gran scavo terraneo per raccolta e conservazione
delle acque della tettoia del mercato; la formazione di una fogna di
differimento delle acque di lavaggio, la regolarizzazione del piano del
pavimento del mercato in rapporto a quello stradale in pendenza, mercè la
costruzione di un basamento con larga gradinata".
La
convenzione suppletiva annullava rispetto al progetto approvato in origine le
opere relative alla cisterna e parte di quelle per la fondazione della fila
delle colonne alte. Tale fondazione infatti fu ricavata impostando i basamenti
sul muro longitudinale più interno del nuovo cisternone creando però non pochi
problemi esecutivi.
Lo scavo del
nuovo cisternone fu eseguito al costo di lire 1,80 centesimi al m², mentre i
riporti di terra con materiale proveniente dagli scavi furono pagati 35
centesimi al m². All'interno del cisternone l'intonaco fu realizzato in tre
strati: il primo con malta di calce e sabbia con arricciatura di cocciopesto,
il secondo con malta di calce e pozzolana, il terzo con malta di cemento.
Le
difficoltà incontrate dall'Impresa nell'eseguire i lavori a regola d'arte
costrinsero la Giunta Comunale a chiedere la sospensione dei lavori e a
nominare poi una Commissione costituita dagli ingg. Ayroldi, Franco e dal col.
Rizzo, incaricata della verifica dell'avanzamento dei lavori.
Nella
volumetria esterna la presenza di palmette in ferro scandiva il perimetro
dell'imponente copertura, coronando le falde di un sobrio ornamento.
All'interno questo motivo stilistico si eclissava e l'intera configurazione era
affidata all'effetto delle capriate, delle travi sagomate, dei travetti della
copertura, ossia unicamente al repertorio formale offerto dagli elementi della
nuova tecnologia. L'organizzazione dello spazio interno nel progetto primitivo
prevedeva la realizzazione di 100 banchi in marmo per la vendita, separati da
camminamenti per il pubblico mentre agli estremi, in contiguità quindi con gli
angoli dei bastioni, erano previsti 2 uffici P. V., il dazio e la Vigilanza
sanitaria.
Non essendo
previsto un apposito servizio notturno di guardiania, i rivenditori erano
costretti a dispendiosi trasporti giornalieri della merce. Il prezzo di affitto
dei banchi era "un po' elevato per i poveri rivenditori di verdura e di
castagne".
Il progetto
(per quanto è stato possibile accertare) non prevedeva alcuna specifica
differenziazione fra le zone espositive, che quindi potevano trovarsi
all'interno di questo involucro senza spessore flessibile collocazione.
Successivamente
però il mercato assunse un carattere promiscuo con la vendita al pubblico di
prodotti di vario genere e sotto la tettoia trovarono sistemazione 21 panche
per la vendita del pesce, 2 per i frutti di mare, 81 per la frutta e la
verdura, un frigorifero per la vendita del pesce congelato e ancora 25 chioschi
in muratura e 12 in ferro per la vendita di generi alimentari. Murature di
tamponamento furono erette sul lato libero della tettoia, lungo il perimetro
del basamento sopraelevato, con brevi interruzioni in corrispondenza delle
gradinate di accesso. La tettoia finì dunque col perdere quel caratteristico
rapporto interno-esterno che l'aveva contraddistinta.
Nel tempo la
tettoia fu oggetto di periodici interventi di manutenzione. Il 15 novembre 1920
la Giunta deliberò "di riparare urgentemente la tettoia con una spesa
presuntiva di lire 19000" e qualche mese più tardi, il 15.2.1921 la
dipintura delle parti in ferro della tettoia. Altri lavori concernenti la
riparazione e la pulizia della tettoia furono eseguiti nel 1931.
In questi
anni gli interventi sulle strutture del mercato coperto, oltre ad assolvere
alle necessarie esigenze manutentive, avevano soprattutto finalità sociali. Le
Amministrazioni del tempo infatti agevolavano gli appaltatori che impiegavano
in tali lavorazioni operai disoccupati, offrendo loro una possibilità di
lavoro, sia pure temporanea.
Con gli anni
'80, sotto il peso di polemiche e insistenti campagne di stampa, la tettoia fu
rimossa dalla sua sede e il mercato spostato in Piazza Libertini. L'11.3.1982
il Consiglio Comunale deliberò la sistemazione a verde dell'area occupata dal
mercato. La tettoia fu smontata e scaricata nei depositi comunali in attesa
della nuova sistemazione.
Conclusioni
La tettoia,
importante testimonianza di quel legame tra architettura ed ingegneria che
caratterizzò la fine del secolo, rappresenta un'opera emblematica nel suo
genere, sia perché riflette il linguaggio architettonico dell'epoca, sia perché
simboleggiava la storicità del suo tempo: il progresso tecnologico, il
commercio di beni di consumo, l'innovazione. Involucro senza spessore, la
tettoia è espressione di un patrimonio di memorie e di tradizioni cittadine da
recuperare e valorizzare.
Inserita tra
i bastioni della cortina sud del Castello di Carlo V, la tettoia suscitò
tuttavia ben presto le risentite proteste di quanti vedevano inficiato dalle
strutture metalliche il valore storico e artistico del Castello. In tanti
vedevano il legame tra la tettoia e il sito come un affronto al monumentale
Castello di Carlo V, un vero "pugno nell'occhio di una città che si reputa
moderna e sensibile al progresso". Un legame, per costoro, da recidere
radicalmente per liberare i bastioni da quel discutibile "coso"
architettonico.
Anche il
mercato non ebbe sorte migliore: col tempo fu oggetto di aspre contestazioni
per la fatiscenza delle strutture, ma soprattutto per i problemi di igiene
legati al suo utilizzo.
Fin dalla
costruzione del mercato coperto dunque, le polemiche si sono succedute,
ripetute e vibranti e ancor oggi, sebbene tanti mutamenti siano intervenuti,
sono ben lungi dall'aver fine.
Il
controverso rapporto tra la tettoia e il suo sito originario, elemento generatore
delle forme, coacervo di storie, di avvenimenti, di memorie, continua a
dividere - nonostante gli eventi - tecnici e studiosi.
BIBLIOGRAFIA
· Cfr. lettera
del Sindaco al Preletto in data 30.12.1896 Archivio di Stato Lecce. Prefettura,
4 versamento
· Il Lavw,
28.4.1885
· Lat Provincia
di Lecce, 19.5.1895.
· Il Lavoro, 28.
4. 1885
· Estratto
delibera del Consiglio comunale di Lecce in data 6.11. 1896 nel quale si fa
menzione della nota del 26.8. 1896 n 78799 del Ministero delle Finanze col
quale si autorizzava la concessione, tesercizi del Bilancio comunale del 1897,
1898, 1899) Archivio di Stato Lecce, Prefettura, serie Il
· Estratto
delibera Consiglio comunale di Lecce in data 28.1.1897 con nota del 6.1.1897 n.
79 della Regia Intendenza di Finanza. Archivio di Stato Lecce, Prefettura,
serie II
· Ax Vx Leve e
il mo Castello, p. 16.
· Gazzetta delle
Puglie, 21.11.1895.
· Archivio di
Stato Lecce, Prefettura, serie II
· Gazzetta delle
Puglie, 11.12.1898
· La Provincia
di Lecce del 11.12.1898
· Gazzetta delle
Puglie, 11.12.1898
· Capitolato di
appalto deliberato il 1.12.1896. Archivio di Stato Lecce. Prefettura, serie II
· Art. 17 del
Capitolato, Archivio di Stato Lecce. Prefettura, serie I
· Seduta del
Consiglio comunale del 14.5.1897, Archivio di Stato Lecce, Prefettura, 4
versamento
· Archivio di
Stato Lecce, Prefettura, 4° versamento
· Convenzione
suppletiva tra il Comune di Lecce nella persona del Sindaco Pellegrino ed il
Sig. Vito Reale del 10.7.1897, Archivio di Stato Lecce, Prefettura, 4 versamento.
Capitolato di appalto. Archivio di Stato di Lecce, Prefettura, serie II.
· Corriere
Meridionale del 12.5.1898.
· La Provincia
di Lecce, 11.12.1898.
· Archivio di
Stato Lecce, Prefettura, 5° versamento.
· Atto di
sottomissione in data 7.10.1931 dell'appaltatore Urso Francesco. Archivio di
Stato Lecce, Prefettura, 8° versamento
· La Provincia
di Lecce, 15.9.1921 n. 34, considera "vandalismo antipatriottico e
incivile ingombrare i fianchi del vecchio castello", [al Castello furono
addossate le strutture del Politeama "Principe di Napoli" costruito
da Donato Greco tra 1882-1884 (su un'area ceduta gratuitamente dal Regio
Demanio) ed inaugurato il 15.11.1884. Anni dopo, sul lato di Via Regia Udienza,
gli sarebbero state affiancate anche quelle del Teatro "San Carlino"
inaugurato il 15.2.1908]
· Lo Gazzetta del Mezzogiorno, 8 dicembre 1972, p. 16. De Fusco, Storia dell'architettura contemporanea. Roma 1981.
Commenti
Posta un commento