Una riflessione per finire il 2024 ed iniziare il 2025
Una riflessione per finire il 2024 ed iniziare il 2025
La felicità, diceva il dottor Maturana, è come un puzzle fatto di mille
pezzi. Ognuno di noi è un frammento, unico, speciale, con i suoi colori e le
sue forme, a volte spigoloso, altre volte perfettamente arrotondato.
Quando discutiamo, quando non ci capiamo, è come se i nostri pezzi non si
incastrassero. Ci intestardiamo, cerchiamo di forzare il nostro angolo per
farlo combaciare, ma non ci riusciamo. Ed è lì che sbagliamo: cerchiamo di
spiegare il nostro pezzo, ma non ci soffermiamo a guardare quello dell’altro.
Maturana ci invita a fare una magia. Una magia che lui chiama amore.
È come una lente speciale che ci permette di vedere oltre i contorni, di
osservare i colori del pezzo di chi abbiamo davanti, di immaginare come si
possa incastrare al nostro per creare un disegno più grande.
Perché alla fine, la felicità non sta nei nostri pezzi separati, ma nella
bellezza del puzzle intero. Sta nel riconoscere che, anche se un pezzo ci
sembra diverso, strano, magari troppo piccolo o troppo grande, ha un ruolo
importante nel completare l’immagine del mondo.
Quindi, la prossima volta che il tuo pezzo fatica a incastrarsi con quello
di qualcun altro, fermati. Guarda. Ascolta. Usa la lente magica dell’amore. Non
si tratta di cambiare forma, ma di accettare quella degli altri e costruire
insieme qualcosa di straordinario.
Ecco, forse è questa la condizione della felicità: non forzare mai il
puzzle, ma imparare a vedere il disegno nascosto tra i pezzi.
“Se sappiamo che il nostro mondo è sempre il mondo che portiamo con noi
insieme agli altri, ogni volta che ci troviamo in contraddizione o opposizione
con un altro essere umano con il quale vorremmo convivere, la nostra attitudine
non può essere quella di affermare ciò che vediamo dal nostro punto di vista,
ma di apprezzare che il nostro punto di vista è il risultato di un
accoppiamento strutturale in un dominio esperienziale altrettanto valido quanto
quello del nostro avversario, anche se il suo ci sembra meno desiderabile.
Quello che ci si adatta, quindi, è la ricerca di una prospettiva più ampia,
di un dominio esperienziale in cui l'altro abbia anche spazio e in cui possiamo
costruire un mondo con lui.
Quello che la biologia ci sta mostrando, se abbiamo ragione in tutto ciò
che abbiamo detto in questo libro, è che l'unicità dell'essere umano, il suo
patrimonio esclusivo, risiede in questo, nel dare vita a un accoppiamento
strutturale sociale in cui il linguaggio svolge un duplice ruolo: da un lato,
quello di generare le regolarità proprie dell'accoppiamento strutturale sociale
umano, che include, tra gli altri, il fenomeno delle identità personali di
ciascuno; e, d'altro canto, quello di costituire la dinamica ricorsiva
dell'accoppiamento strutturale sociale che produce la riflessività che dà luogo
all'atto di guardare con una prospettiva più ampia, all'atto di uscire da ciò
che fino a quel momento era invisibile o immutabile, permettendo di vedere che
come esseri umani abbiamo solo il mondo che creiamo con gli altri.
A questo atto di ampliare il nostro dominio conoscitivo riflessivo, che
implica sempre un'esperienza nuova, possiamo arrivare sia perché ragioniamo in quella
direzione, sia perché qualche circostanza ci porta a guardare l'altro come un
pari, in un atto che chiamiamo comunemente amore. Ma ancor di più, questo ci
permette di rendersi conto che l'amore, o se non vogliamo usare una parola così
forte, l'accettazione dell'altro accanto a noi nella convivenza, è il
fondamento biologico del fenomeno sociale: senza amore, senza accettazione
dell'altro accanto a noi, non c'è socializzazione, e senza socializzazione non
c'è umanità.
Qualsiasi cosa distrugga o limiti l'accettazione dell'altro accanto a noi,
dalla competizione al possesso della verità, passando per la certezza
ideologica, distrugge o limita il fenomeno sociale, e quindi l'umanità, perché
distrugge il processo biologico che lo genera.
Non illudiamoci, qui non stiamo moralizzando, questa non è una predica
sull'amore, stiamo solo evidenziando il fatto che biologicamente, senza amore,
senza accettazione dell'altro, non c'è fenomeno sociale, e che se si convive
ancora, si vive ipocritamente nell'indifferenza o nella negazione attiva.”
Humberto Maturana Romecin
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