Gentile Prof. Palmisano, mi farebbe piacere sapere da dove lei trae tale certezza




Gentile Prof. Palmisano,
non avevo idea di chi lei fosse prima della lettura del suo intervento sul Corriere del Mezzogiorno di oggi 4 aprile 2020. Quindi mi hanno colpito le sue parole che, almeno sino a quando non ho preso informazioni, erano quelle di uno sconosciuto. Ho provato stupore e meraviglia perché lei nel suo scritto dà per certo che il Covid 19, l’esperienza che stiamo facendo della pandemia, ci abbia fatto decidere di abbandonare la cultura della competizione rappresentata anche dal neoliberismo economico. Non so che cosa le dia questa certezza, ma non posso che essere d’accordo con lei sull’auspicio dell’abbandono di tale cultura perché è mia opinione che NON SIA UMANA. Ed è questa la ragione per cui le scrivo. Mi farebbe piacere sapere da dove lei trae tale certezza.
Con la più viva cordialità
Antonio Bruno Ferro

Segue la parte del suo scritto sul Corriere del Mezzogiorno di oggi 4 aprile 2020 che mi trova in completo accordo con lei:


La realtà va duramente, ma finalmente, da un’altra parte e ci sta dimostrando che il mondo necessita più di limiti che di spazi di libero mercato. Limiti interessanti, come quello tra ciò che è giusto e ciò che non lo è. Alcuni esempi: nella sanità è giusto mettere in discussione l’esistente come sta facendo d’imperio Michele Emiliano in questa fase, non è giusto pensare che la sanità specialistica debba rispondere ad esigenze più accademiche che sociali; in agricoltura è giusto favorire con il prossimo Psr una transizione biologica di prossimità (cooperativa e di consorzio), non è più giusto favorire le tendenze oligopolistiche di un mercato intossicato da interessi lontani dai piccoli produttori e dai consumatori pugliesi; nell’innovazione e nell’editoria, è giusto pensare di soccorrere e costruire testate e piattaforme per diffondere informazione (anche sul web) che promuovano intersezioni tra territori per abbattere le fake, non è giusto sostenere con denaro pubblico piattaforme private ricche di falsità e con basi in altri Paesi od in paradisi fiscali; nella ricerca è giusto investire denaro pubblico per trattenere i cervelli migliori al servizio dei distretti produttivi (anche favorendo lo sviluppo di enti di ricerca privati), non è più giusto investire su una ricerca che resti solo al servizio delle stratificazioni universitarie.
In breve, è giusto sostenere un’economia che si costruisce negli spazi della società, non è più giusta un’economia che muove guerra alle società locali.

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