Non si può competere per collaborare, è una contraddizione in termini


Collaborare invece di competere

Ho letto un commento di Fabio Palma che ho adattato togliendo la parola competizione dal contesto in cui si spiega la collaborazione. Le due modalità relazionali sono alternative perché conseguenza di due culture presenti nell’esperienza umana. Se tali culture vengono seguite contemporaneamente, così come accade oggi nella stragrande maggioranza, se non nella quasi totalità delle esperienze umane occidentali, la contraddizione che si genera all’interno delle persone genera problemi di ogni tipo che si possono sintetizzare in un generale malessere sino a giungere alla malattia. Ma vi lascio alla lettura del commento da me adattato:

- il comportamento di tutti i sistemi evolutivi, cioè dei sistemi che interagiscono con l’ambiente esterno (biologici, sociali, culturali), è comprensibile soltanto utilizzando la logica cibernetica, non quella lineare.
- fra ‘relazioni di volontà’ e ‘relazioni naturali’ sussiste (come fra onda e particella) un nesso di corrispondenza.
La volontà è tutto, perché sintesi di cognizione ed emozione, dove la cognizione ci consente di capire come stanno le cose e l’emozione ci dà l’energia, la spinta ideale, che motiva il nostro agire.
Nell’ottica socio-costruzionista, nella cibernetica di 2° ordine e nella M.Q. il sistema osservato è comprensivo del sistema osservante (come Godel aveva già rilevato); la nostra rappresentazione della ‘realtà’, e quindi la direzione ed il modo con cui interveniamo su essa, dipendono dalle nostre esperienze e conoscenze, dal nostro sistema di convinzioni e valori e dalle nostre emozioni. (L’integrità del circolo percezione-cognizione-azione dipende dalla possibilità che nessuno di questi tre atti funzionalizzi a sé gli altri due).
Per quanto riguarda la distinzione fra dialettica e dialogica, la dialettica vede le identità alla luce delle differenze per cui l’operatore ‘disgiunzione’ prevale su quello di congiunzione, mentre la dialogica vede le differenze alla luce dell’identità, cioè fa leva su ciò che unisce piuttosto che su ciò che divide.
Ma questo non significa negare valore alla dialettica, il cui ruolo complementare è irrinunciabile, ma concepirla all'interno di una cornice dialogica, e non l’inverso.
Sul piano sociale e politico questo comporta un rovesciamento di prospettiva: anziché cooperare per essere più competitivi e vincere la concorrenza, finalizzare le proprie energie verso una maggiore cooperazione, cioè riuscire sempre di più ad integrare le differenze, cognitive ed umane, entro una prospettiva globale complessivamente unitaria e coerente.

Fabio Palma aveva concluso il suo commento in maniera diversa:
Sul piano sociale e politico questo comporta un rovesciamento di prospettiva: anziché cooperare per essere più competitivi e vincere la concorrenza, competere a chi è più cooperativo, cioè a chi più riesce ad integrare le differenze, cognitive ed umane, entro una prospettiva globale complessivamente unitaria e coerente.
La parola competizione presuppone una cultura che esclude e quindi se messa in relazione con la parola cooperazione crea un corto circuito che genera fraintendimenti e confusione. Non si può competere per collaborare, è una contraddizione in termini che genera un messaggio contraddittorio e quindi non chiarisce l’alternativa tra le due culture che, ripeto, in questo momento storico, vengono agite contemporaneamente pur essendo alternative generando gravi problemi sociali e  personali in quanto secondo la mia opinione la competizione non è un comportamento umano.

Antonio Bruno Ferro

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