Storia del marchio di biciclette Forcignanò di Primalda Forcignanò

10/06/2016

 

Storia del marchio di biciclette
Forcignanò

di Primalda Forcignanò


La vita di mio padre, Amedeo Forcignanò, è strettamente legata alla prima guerra mondiale: 3 agosto 1914 – 4 novembre 1918, Austria e Germania da una parte, Serbia, Russia e Francia dall’altra.
La rivalità ed i contrasti tra queste potenze erano insanabili.
La scintilla che fece scoppiare la guerra fu l’uccisione di Francesco Ferdinando, erede al trono d’Austria, da parte di uno studente serbo. Il modo di condurre una guerra si era trasformato: milioni di uomini vivono e combattono nelle pieghe del terreno sotto la pioggia e il gelo. L’Italia dichiarò guerra all’Austria il 24 maggio 1915 e dure battaglie furono combattute sul Carso e sull’Isonzo.
I tre fratelli Forcignanò furono chiamati alle armi ed Amedeo entrò a far parte del Corpo dei bersaglieri con la diviso grigio-verde ed il cappello piumato.
L’offensiva dell’esercito italiano logora, certamente, l’esercito austriaco, ma costa un presso troppo elevato di vite umane e sul Carso perdono la vita due dei fratelli Forcignanò, i cui nomi figurano sul monumento dei caduti in guerra di S. Cesario di Lecce. Amedeo rimane solo. Finita la guerra, prese la via del ritorno dalla vecchia madre. Senza denaro, lacero, contuso, con una divisa che cadeva a brandelli, le piume al cappello, ormai al vento.
Tornato a casa, si prese la testa tra le mani e cominciò a pensare come ricominciare. L’idea gli venne dalle squadre di giovani che, all’alba, uscivano di casa per recarsi, a piedi, per lavorare nelle cave per l’estrazione e la quadratura della pietra. Assente la tecnologia si poteva contare solo sulla forza dei muscoli. Trovare un mezzo di trasporto economico, pratico, semplice, che aiutasse i giovani a raggiungere il posto di lavoro fu il suo primo impegno. Quale poteva essere? La bicicletta.
Il problema più pesante era trovare il denaro necessario. Ad Amedeo non rimase che rovistare tra i ferri vecchi. Prese l’utilizzabile, costruì con le sue mani un telaio che dipinse verde – oliva, comprò a rate due copertoni e due camere d’aria dalla soc. Michelin. Nasceva la prima bicicletta Forcignanò che espose al pubblico. Fu una fiammata. Le biciclette, in breve, si moltiplicano, gareggiano con le più grandi marche del momento: Bianchi e Legnano, partono per tutte le città italiane, valicano i confini, vengono spedite in Africa Orientale ad Addis Abeba, a Tirana, in Francia, per lidi sconosciuti.
Amedeo non si ferma: forma, a sue spese, una squadra ciclistica dove gareggiano Binda e Girardengo che si contendono la vittoria sulle strade e che le ragazze coprono di fiori.
Chiamò Girardengo il suo secondo figlio in omaggio al più grande corridore di tutti i tempi. Continuò a lavorare fino alla fine dei suoi giorni, visse e operò per quell’ideale.
Chiuse gli occhi per sempre raccomandando ai suoi figli la grandezza del suo nome.
Io, figlia primogenita, trovai in soffitta una biciletta verde-oliva ed una lacrima mi rigò il viso senza piangere. Con gli anni lo sviluppo dei motori e delle macchine divenne pauroso ma, la biciletta, da sempre indiscussa protagonista della nostra vita continua il suo canto di giovinezza in una tradizione senza fine.
Il Comune di S. Cesario, riconoscente, dette il nome dell’illustre cittadino ad una strada e ad una Piazza del Paese perché negli anni il nome di Amedeo Forcignanò rimanga tra quelli degli eroi.

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