Un solo grido di battaglia: CONSUMARE!





Un solo grido di battaglia: CONSUMARE!
Il senatore Renzi scrive di decisioni politiche di questo governo al fine di ottenere più soldi. Soldi da far arrivare davvero in tasca al ceto medio basso, perché è il ceto medio basso che spende e spande quando si vede le tasche piene di questi soldi.
È il neo liberismo! È la cultura della competizione, della concorrenza, del libero mercato. Come dite? Che persino Calenda si è accorto che questa cultura non è umana?
Si, va bene, è un pentito. Ma c’è chi ancora legittimamente ripropone il neo liberismo perché se si comprano più prodotti o case o automobili ci sarà più gente che dovrà lavorare per produrre e quindi ripartirà l’economia. Pensate: ci sarà la CRESCITA CHE DA LA FELICITA’!!!!!
Ha uno solo grido di battaglia la cultura della competizione: CONSUMARE, CONSUMARE, CONSUMARE.
Questo è nostro il vero problema, ovvero abbiamo un problema culturale.
All’interno di questa cultura tutto ciò che ostacola IL VERBO CONSUMARE è sacrificabile. Tutto, anche la salute dei vecchi che, si sa, consumano poco e niente e i soldi della pensione li distribuiscono a figli e nipoti sino a quando sono in salute, e invece vengono consegnati alle badanti rumene quando loro, poveri vecchi cominciano ad avere problemi di salute.
Non è umano. Tutto questo non è umano.
E non ho scritto dei poveracci che stanno in Cina ed India che producono per l’Occidente neo liberista che è il solo ad avere i soldi per onorare IL VERBO CONSUMARE.
E non ho scritto dei DAZI di Trump e degli USA che hanno deciso che i cinesi, gli indiani e le industrie alimentari italiane devono smetterla di vendere i loro prodotti alla RICCA AMERICA DEL VERBO CONSUMARE; perché gli americani devono urlare quel verbo solo ai produttori americani.
E non ho scritto del resto del Mondo che consuma poco o nulla al punto che parte di questa umanità, molto semplicemente, muore.
Ma secondo la cultura della competizione tutto ciò di cui non ho scritto è sacrificabile.
Tra qualche giorno alla Leopolda si discuterà orgogliosamente di tutto questo in maniera da ottenere di sacrificare tutto quanto ho scritto prima e, magari anche qualche cosa altra, per ottenere che il GRIDO DI BATTAGLIA DELLA CULTURA DELLA COMPETIZIONE CONTINUI A RIMBALZARE COME UN ECO IN TUTTO L’OCCIDENTE: CONSUMARE, CONSUMARE, CONSUMARE.

Antonio Bruno Ferro 
LA LETTERA del senatore Matteo Renzi pubblicata dal Corriere della sera del 4 ottobre 2019
«Troppa spesa, si riparta da lì»
«Caro Direttore, diminuire le tasse sul lavoro è la priorità ribadita a parole da tutti i leader politici e da tutti i commentatori economici.
Tutti possono permettersi di dire che va abbassato il cuneo fiscale». continua a pagina 2
di Matteo Renzi
SEGUE DALLA PRIMA
Ma pochi, pochissimi, possono
dire di averlo fatto davvero.
Perché con le parole sono
bravi tutti, ma quando si
tratta di passare ai fatti le cose
cambiano.
Il governo che ho avuto
l’onore di presiedere costituisce
una felice eccezione. Nel
triennio 2015-2017, figlio delle
nostre leggi di bilancio
2014-2016, la riduzione del cuneo
è stata di oltre 22 miliardi
di euro l’anno comprensiva
dell’operazione 80 euro, dell’Irap
costo del lavoro e della
decontribuzione prevista dal
Jobs act. Ventidue miliardi,
non spiccioli. E non è un caso
se le recenti revisioni dell’Istat
dimostrano come questo triennio
sia quello con i risultati
più positivi per la nostra economia
dall’avvento della zona
euro.
Se abbassi davvero le tasse
agli imprenditori, questi assumono.
Se metti davvero soldi in tasca
al ceto medio basso, questo
spende.
Il triennio 2015-2017 dimostra
che sì, si può fare.
Ma non è pensabile che per
diminuire il cuneo si voglia
aumentare l’Iva. Aumentare
l’Iva per 7 miliardi in cambio
di una riduzione del cuneo fiscale
per 2.5 miliardi di euro
non è un affare: è un autogol.
E bene hanno fatto i nostri
rappresentanti a opporsi con
tutte le loro forze.
La prima battaglia di Italia
viva è stata contro l’aumento
dell’Iva. Ed è stata una battaglia
vinta grazie all’ottimo lavoro
di Teresa Bellanova e Luigi
Marattin e al supporto di
molte associazioni di categoria.
Aumentare l’Iva oggi sarebbe
stata una follia, sia sul
piano politico regalando un
immeritato assist al senatore
Salvini, sia sul piano economico
colpendo i consumi.
L’esperienza del governo guidato
dall’onorevole Letta ricorda
a tutti noi come aumentare
l’Iva in un momento di
stagnazione economica indebolisca
profondamente i consumi:
era l’ottobre del 2013
quando l’esecutivo decise l’ultimo
aumento. E per mesi
l’Italia ne ha pagato le conseguenze.
Diverso è un ragionamento
sul breve medio periodo, che
Italia viva propone a tutti gli
alleati di governo e proporrà
con maggiore chiarezza alla
prossima Leopolda di metà
ottobre. Noi vogliamo ritornare
a crescere dopo la devastante
fase negativa del governo
populista. E per farlo pensiamo
che la vera priorità sia
sbloccare il pacchetto da 36
miliardi di euro di investimenti
pubblici tenuto fermo
dai lacci della burocrazia e
dell’inconcludenza politica.
Ma vogliamo e dobbiamo incidere
anche sul piano della
spesa individuando due grandi
priorità sulle quali lavorare.
La prima è la spesa per beni
e servizi. Stupisce che non ne
parli nessuno. Nel triennio
del nostro governo, lo stanziamento
per beni e servizi si
è attestato tra i 134 e 136 miliardi
di euro. Nei tre anni
successivi la voce di spesa per
beni e servizi schizza rispettivamente
a 140, 146, 150 miliardi
di euro. L’aumento della
spesa per beni e servizi da
quando noi abbiamo lasciato
Palazzo Chigi è ingiustificabile
anche alla luce dell’ottimo
lavoro fatto dall’onorevole
Gutgeld: perché nessuno si
domanda come mai la spesa
per beni e servizi sia cresciuta
di quasi un punto percentuale
di Pil? Se tornassimo a spendere
per beni e servizi quello
che spendevamo con il nostro
governo avremmo magicamente
servita sul piatto una
cifra per il cuneo fiscale degna
di questo nome. Non gli
spiccioli proposti quest’anno.
La seconda riguarda gli interessi
sul debito. Dopo la
tempesta salviniana l’Italia ha
bisogno di quiete, di una pax
romana che metta in sicurezza
un Paese oberato da un debito
monstre. Oggi gli interessi
sul debito sono bassi, molto
bassi. Ma nel resto d’Europa
sono addirittura negativi. Il
che costituisce una ghiotta
occasione. Va rimodulato il
debito, non le aliquote Iva. E
rimodulare il nostro debito significa
cogliere l’occasione
dei tassi bassi per allungare la
scadenza spendendo meno e
mettendo in sicurezza il Paese
per un paio di decenni. È
un’occasione che capita adesso
e che non ricapiterà a lungo.
Conoscendo l’intelligenza
e la sensibilità del ministro
Gualtieri sono certo che saprà
cogliere al volo questa occasione,
non solo per risparmiare
ogni anno almeno mezzo
punto di Pil ma anche per dare
tranquillità a tutte le istituzioni
del Paese.
Italia viva propone soluzioni
serie, non pasticci o giochi
delle tre carte.
Perché, caro direttore, questi
temi non vanno di moda e
tutti giocano a chi la spara più
grossa, ma la vera rivoluzione
è spendere meno in beni e
servizi, è rimodulare il debito,
è abbassare davvero le tasse.
Noi che lo abbiamo fatto in
passato siamo pronti a dare il
nostro contributo. Senza ansia
di visibilità, ma pronti al
confronto con tutti in sede accademica,
mediatica, culturale.
E soprattutto in sede politica.
Perché per sconfiggere il
populismo, ci vuole la politica.
Non gli slogan o i giochi
delle tre carte.

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