“PER MIGLIORARE LA SOCIETÀ” PIÙ CHE A “GENERARE REDDITIVITÀ"

 

“PER MIGLIORARE LA SOCIETÀ” PIÙ CHE A “GENERARE REDDITIVITÀ"

Enzo Risso docente di sociologia dei processi culturali e comunicativi, Direttore scientifico della società SWG di Trieste ha pubblicato alcuni dati che emergono dall’indagine mensile What worries the world? che realizza Ipsos global su 29 paesi, su un campione di 20.570 cavandone la riflessione che segue:

"L’affresco della società globale non è quello di un capitalismo dinamico, generatore di benessere, ma quello di una società arcigna che sta consumando le proprie risorse, il proprio capitale umano e sta accentuando divisioni, violenza, paure, insicurezze e tensioni. Un capitalismo malato che premia le classi abbienti e i furbetti, spremendo sempre di più il resto della società."

Anch’io osservo le distinzioni che sono contenute nella riflessione del Prof. Risso nella mia vita quotidiana, nei comportamenti che sono sotto i miei occhi e tutto ciò che osservo NON MI PIACE.

Devo però prendere le distanze da una distinzione di capitalismo che ha scritto il Prof. Risso e che io non ho potuto riscontrare nelle mie osservazioni, specificamente mi riferisco a quello che il Prof. Risso definisce CAPITALISMO DINAMICO, GENERATORE DI BENESSERE.

È grazie alla socializzazione e al contatto con gli altri che impariamo a parlare, a pensare, a camminare, a decidere cosa è bello e cosa è brutto, cosa è bene e cosa è male, a comportarci in un certo modo. Insomma, gli altri siamo noi. Si tratta dell’'inculturazione, cioè il modo in cui un individuo apprende e fa propri i modi di pensare e di agire, di sentire e di sognare, di comportarsi in qualsiasi modo e di rispettare le regole imposte dal gruppo a cui appartiene.

Per Immanuel Wallerstein (*), ciò che mantiene in vita il capitalismo è l’incessante accumulazione di capitale. Il giorno in cui non ci sarà più un’accumulazione incessante di capitale, quel giorno non ci sarà più capitalismo.

Nel sistema capitalista, le persone e le aziende accumulano capitale per accumulare altro capitale in un processo continuo e incessante.

Esistono meccanismi strutturali che premiano coloro che hanno la motivazione adeguata per l’incessante accumulazione di capitale e puniscono coloro che non ce l’hanno. Non tutti coloro che avviano un’impresa nel capitalismo raccolgono i frutti dei loro sforzi, poiché se lo facessero, l’offerta di prodotti e servizi sarebbe infinita, i prezzi ridicoli e i profitti quasi pari a zero. Ma chi è motivato e raggiunge il successo diventa più ricco, e può accumulare capitali incessantemente.

Perché esista il capitalismo sono essenziali due elementi: la divisione del lavoro e lo stretto rapporto tra produttori economici e responsabili della politica. Un altro elemento essenziale sono i mercati che attirano come calamite fornitori e richiedenti e determinano le decisioni di Stati, imprese, famiglie, classi sociali e gruppi di status.

Il libero mercato è solo un mitoun’ideologia, una restrizione, ma non una realtà. La concorrenza perfetta presuppone un’informazione totale sui costi di produzione e un numero enorme di acquirenti e venditori, nonché un flusso illimitato di tutti i fattori di produzione. In tali circostanze, si verificherebbe una contrattazione che renderebbe il profitto minimo. Invece della concorrenza perfetta, i produttori cercano un monopolio, che quasi sempre diventa un quasi monopolio, che consente loro di avere un ampio margine di profitto. Il sistema politico collabora con la regolamentazione di brevetti e marchi, barriere tariffarie, sussidi statali e benefici fiscali. Gli stati forti esercitano il potere per impedire agli stati deboli di imporre misure antiprotezionistiche (Wallerstein, 2005).

Tutto ciò premesso mi chiedo e vi chiedo:

Quale sarà l’andamento che prenderanno le dinamiche del sistema sociale nella sfera economica?

Lo spirito del capitalismo rimarrà in vigore o sarà sostituito da uno spirito più collaborativo, non derivante da credenze religiose, i cui valori ruotano maggiormente attorno all’essere umano nel suo complesso?

L’egoismo e la perversità continueranno a essere l’asse dell’attività umana, oppure si aprirà uno spazio predominante alla compassione?

I progressi della scienza permeeranno l’educazione delle generazioni attuali e future, in modo tale da cambiare i miti del passato?

Larry Fink, amministratore delegato del fondo di investimento Blackrock, in una comunicazione agli azionisti, cita uno studio di Deloitte in cui viene chiesto ai lavoratori millennial quale dovrebbe essere lo scopo principale dell'impresa, ottenendo il 63% di preferenze nell’opzione che l’impresa debba essere impostata maggiormente nelle azioni “per migliorare la società” rispetto a quelle che servono a “generare redditività". In effetti, dice Fink, il mondo sta vivendo il più grande trasferimento di ricchezza della storia: 24 trilioni di dollari stanno passando dalla generazione dei baby boomer a quella dei millennial, e quest’ultima sembra avere uno spirito diverso che può incidere fortemente sulla società del momento. decenni a venire (Fink, 2019).

Dalle mie osservazioni il modello di impresa che dovrebbe essere strutturato per migliorare la società non può essere quello del capitalismo che come abbiamo visto ha come finalità L’ACCUMULO DEL CAPITALE. È mia opinione, anche alla luce delle conclusioni della indagine mensile What worries the world, che si debba iniziare una conversazione al fine di raggiungere gli accordi che definiscano il modo in cui gli esseri umani debbano comportarsi per migliorare la società. I prescelti hanno la responsabilità di iniziare questa conversazione.

Buona riflessione

(*) Immanuel Maurice Wallerstein è stato un sociologo, storico ed economista statunitense, noto per il suo sviluppo dell'approccio generale in sociologia che ha portato alla nascita del suo approccio al sistema-mondo
(**) Niklas Luhmann è stato un sociologo e filosofo tedesco. Uno dei maggiori esponenti della sociologia tedesca del XX secolo, Luhmann applicò alla società la teoria dei sistemi sociali, che ebbe un forte riscontro anche nel campo della filosofia.
CANNOCCHIALE
Il mondo alla deriva
Cresce la paura globale
per povertà e violenza
Preoccupa
sempre di più
l’inflazione,
ma cresce anche
la paura per
la criminalità
percepita come
in aumento,
così come quella
per le
disuguaglianze
ENZO RISSO
ricercatore
Le dinamiche dei fattori di
tensione globale e quelle
italiane hanno subito
alcune trasformazioni nel
corso dell’ultimo anno. Il
tema dei morsi
dell’inflazione resta, a livello globale, al
primo posto con il 38 per cento.
Un dato di nuovo in crescita rispetto al
periodo estivo di quest’anno (+1 per
cento), ma in rallentamento rispetto al
42 per cento di un anno fa. Il quadro
italiano è in controtendenza e non si
palesa alcun rallentamento del peso
inflattivo: il dato oscilla sempre
intorno al 33 per cento come
nell’autunno 2022. A livello globale
sono in crescita, invece, le
preoccupazioni per l’aumento della
violenza e della criminalità. Il tema è
salito al secondo posto nella classifica
delle tensioni, con un incremento di 6
punti percentuali rispetto all’autunno
2022. Nel nostro paese l’apprensione
sul tema è praticamente raddoppiata.
Si è passati dal 13 per cento del
settembre 2022 al 25 per cento di oggi.
Questi sono alcuni dati che emergono
dall’indagine mensile What worries the
world? che realizza Ipsos global su 29
paesi, su un campione di 20.570. Al
terzo posto, nella classifica mondiale
dei fattori che preoccupano le persone,
c’è l’aumento delle disuguaglianze e
della povertà (31 per cento).
A livello europeo svettano su questo
tema l’Olanda (42 per cento), l’Ungheria
(40 per cento), la Germania (37 per
cento), seguita dall’Italia (29 per cento)
e dalla Gran Bretagna (28 per cento).
Spagna (27), Belgio (26) e Francia (25)
chiudono questa graduatoria.
Differente è il quadro relativo alla
paura di perdere il lavoro. Qui a
svettare sono sempre l’Italia e la
Spagna (38 per cento) che si collocano
al terzo posto nella classifica globale,
superate solo dal Sudafrica (64 per
cento) e dall’India (39 per cento). Negli
altri paesi europei il dato è molto più
limitato e coinvolge al massimo un
sesto della popolazione, come in Belgio
(16 per cento), mentre in Gran Bretagna
è al 13 per cento, in Germania al 10
cento e in Francia al 9. Leggermente in
crescita, a livello globale, è l’attenzione
al tema della corruzione (26 per cento).
Rispetto allo scorso anno si nota un
aumento di due punti. I paesi europei
che guidano questa graduatoria sono
l’Ungheria (46 per cento) e la Polonia
(30 per cento). Seguono Spagna e Belgio
(rispettivamente al 20 e 19 per cento).
L’Italia e la Germania, con il loro 10 per
cento di preoccupazione, arrivano
dopo Gran Bretagna (16 per cento) e
Olanda (13 per cento) e sono superate
solo da Francia e Svezia, che fanno
registrare rispettivamente il 7 e il 5 per
cento di preoccupazione.
Crescono a livello globale le
preoccupazioni per i cambiamenti
climatici. Si è passati dal 16 per cento
del novembre dello scorso anno al 19 di
quest’anno. In cima alla classifica dei
livelli di tensione per i mutamenti del
clima troviamo Olanda e Italia (29 e 28
per cento), seguite dalla Germania e
dalla Gran Bretagna (27 per cento),
dalla Spagna (26 per cento) e dalla
Francia (24 per cento). Più bassi sono i
tassi di apprensione in Belgio (20 per
cento), in Svezia (18 per cento) e in
Polonia (17 per cento). Chiude
l’Ungheria con il suo 11 per cento.
In calo, invece, le apprensioni per la
guerra e i conflitti militari. Si è scesi dal
10 per cento dello scorso anno al 7 per
cento di settembre 2023. Maggiormente
preoccupati per i conflitti in corso sono
i tedeschi e gli svedesi (15 e 12 per
cento), seguiti dagli olandesi (10 per
cento). Inglesi, francesi e italiani sono
tutti con tassi inferiori al 10 per cento
(in Italia il 7 per cento).
Infine, la preoccupazione per il Covid.
Nonostante l’imperversare delle
molteplici varianti i livelli di tensione
su questa malattia sono molto bassi e
sono scesi globalmente dal 10 per cento
dello scorso anno al 4 per cento di
settembre 2023. Nel nostro paese c’è
una leggera crescita, rispetto a prima
dell’estate, del numero di persone che
avvertono il Covid come una minaccia
elevata: passano dal 12 per cento al 15.
Il quadro globale mostra una società
planetaria attraversata da faglie di
tensione simili, con accentuazioni
differenti da paese a paese.
Globalmente le grandi problematiche
sono: l’inflazione, la costante crescita
delle disuguaglianze sociali e
l’aumento della povertà, la crescita
della violenza nella società e l’aumento
del senso di insicurezza delle persone,
il permanere di livelli di corruzione e di
evasione, nonché la crisi del lavoro e la
paura della disoccupazione.
L’affresco della società globale non è
quello di un capitalismo dinamico,
generatore di benessere, ma quello di
una società arcigna che sta
consumando le proprie risorse, il
proprio capitale umano e sta
accentuando divisioni, violenza, paure,
insicurezze e tensioni. Un capitalismo
malato che premia le classi abbienti e i
furbetti, spremendo sempre di più il
resto della società.

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