Stare col fiato sul collo è violenza

 

Stare col fiato sul collo è violenza

Nadia Urbinati, titolare della cattedra di scienze politiche alla Columbia University di New York, ha scritto un articolo pubblicato sul quotidiano DOMANI oggi 12 settembre in cui dopo un ragionamento sul massimalismo conclude:

Chi vuole la democrazia “decidente” (plebiscitaria) pensa che il governo non debba sentire il fiato sul collo dell’opposizione, che debba poter fare liberamente quel che vuole fare per sottomettersi al loro giudizio alla fine del mandato. Tra un’elezione e l’altra c’è solo la maggioranza. Questa è una visione massimalista.

L'espressione utilizzata dalla Prof.ssa Urbinati "stare col fiato sul collo" significa:

1. criticare continuamente qualcuno.

2. fare pressioni continue su qualcuno.

Questo "stare col fiato sul collo" è quello che prevede la nostra cultura patriarcale della competizione che nel caso del potere, si concretizza nella guerra delle elezioni.

Ma a me questo comportamento non piace perché è un comportamento VIOLENTO.

A me piace che le persone a cui ho dato la responsabilità del governo dell’Italia, collaborino per rendere al mia vita PIENA DI BENESSERE.

Buona riflessione

Massimalista è il governo, non le forze che difendono l’ordine costituzionale
NADIA URBINATI
politologa
Elly Schlein ha fatto bene a ricordare alla Festa dell’Unità che chiamarsi democratici è impegnativo come la Costituzione
Strano tempo questo nel
quale un partito è
“massimalista” perché
prende sul serio le
promesse della
Costituzione. Il governo a
traino Fratelli d’Italia piccona
quotidianamente lo spirito e,
potendo, la lettera della Costituzione,
eppure per descriverlo mai lo si
definisce “massimalista”. L’opinione
accreditata rivela, direbbe J.S. Mill,
una concezione dogmatica: sa
sempre dove la verità si trovi senza
mai ricercarla. Indossa un paio
d’occhiali con una lente sola: un
occhio vede bene dove vuol vedere;
l’altro vede male comunque.
L’esito è una sguardo che strabico
verso chi governa, facendo della
“governabilità” un dogma: chi
governa ha comunque ragione (o
perché ci si crede o perché ci si
genuflette alla forza), e chi sta
all’opposizione tende ad avere
comunque torto, anche perché per
reazione si fa massimalista. Si
mostra qui una concezione
maggioritarista della democrazia
(l’aggettivo è “brutto” ma chiaro).
Come si sa, la democrazia è sia una
forma di governo sia un modo
d’essere della società e dell’agire
pubblico dei cittadini. La nostra
Costituzione tiene insieme entrambe
le prospettive. Per questo, si
concentra non solo su istituzioni e
procedure ma anche sulle condizioni
sociali e civili della cittadinanza e
sugli strumenti attraverso i quali si
esprime la cittadinanza.
Ed è così tanto attenta al buon
funzionamento delle regole del
gioco ha chiedere alla Repubblica di
impegnarsi a promuovere
l’eguaglianza di condizione e il
rispetto delle persone, affinché
quelle regole siano di tutti. Chi l’ha
scritta sapeva delle conseguenze
nefaste che discendono da un
società che calpesta libertà e dignità,
che risponde all’indigenza e
all’ingiustizia sociale con manette e
reclusione.
Lo spirito della Costituzione non
piace a tanti, a coloro che pensano
che quelle promesse siano troppo
radicali, anzi massimaliste; per
questo vogliono cambiare l’ordine
istituzionale.
Molto bene Elly Schlein ha detto nel
comizio alla Festa dell’Unità che
chiamarsi democratici è
impegnativo come la Costituzione.
Del resto, chi tra i democratici ha
tenuto un profilo basso su queste
promesse ha perso, con esiti pessimi
per il partito e il paese. A chi critica
di massimalismo l’opposizione viene
da chiedere se non critichi in effetti
il programma contenuto nella
Costituzione.
La storia delle democrazie è segnata
da una tensione permanente tra
ordine istituzionale e condizione
della società, senza che il gioco
politico si fermi mai in un qualche
punto o momento, anche perché le
buone decisioni di oggi possono
risultare inefficaci domani. Non è
quindi il potere della maggioranza
che qualifica la democrazia ma la
regola della maggioranza (che
prevede ovviamente
un’opposizione). Questa regola è
dura da digerire per chi pensa che
chi vince ha ragione e chi perde deve
evitare di stare distante dall’orbina
di chi vince per non essere
massimalista.
La Costituzione non disegna una
democrazia consensuale ma
neppure tratta la democrazia come
un meccanismo che regola il traffico
tra la maggioranza di oggi e quella di
domani, come se solo chi ha la
maggioranza sia protagonista. Ogni
governo deve sentire, mentre
governa, che il suo potere è limitato e
sempre a rischio.
Chi vuole la democrazia “decidente” (plebiscitaria) pensa che il governo non debba sentire il fiato sul collo dell’opposizione, che debba poter fare liberamente quel che vuole fare per sottomettersi al loro giudizio alla fine del mandato. Tra un’elezione e l’altra c’è solo la maggioranza. Questa è una visione massimalista.

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