L’allucinazione dell’invasione

 

L’allucinazione dell’invasione

Oggi 20 settembre 2023, ho letto l’articolo di Massimo Gramellini pubblicato sul quotidiano “Il Corriere della sera” e quello di Mattia Feltri pubblicato sul quotidiano “La Stampa”. Dopo la lettura, ci sono state due perturbazioni che mi hanno indotto a riflettere.

La prima perturbazione è la notizia che la Francia che issò in alto, affinché tutti li potessero vedere, i valori in cui credo, la Francia della libertà, uguaglianza e fraternità, quella Francia lì, ha schierato centoventi militari al confine di Ventimiglia per respingere le persone venute da lontano che desiderano andare in quel Paese.

La seconda perturbazione è che al Forum di Cernobbio è stato illustrato uno studio secondo cui l’ultimo italiano verrà al Mondo intorno al 2230 e morirà all’inizio del secolo successivo.

La perturbazione che è giunta da Cernobbio che indica la fine del cittadino italiano così come lo conosco io, quindi relativa ai cambiamenti identitari è in definitiva la spinosa questione della convivenza (cum-vivere), che il mondo globale rende urgente.

La perturbazione dei 120 soldati francesi al confine dell’Italiami ha fatto riflettere sugli esiti della globalizzazione che ha fatto sorgere barriere che si circostanziano in questa forma di esclusione.

La mia riflessione parte dall’osservazione dei nostri comportamenti in presenza delle persone che vengono da lontano.

I comportamenti di tutti noi sono la conseguenza del nostro modo di percepire queste persone. Da come ci muoviamo rispetto a loro è evidente il nostro considerarli come non-uomini. I campi profughi e i soldati armati alle frontiere riducono le persone venute da lontano a nuda vita, che come tale non ha diritto ad avere diritti.

I prescelti di ogni stato a questo punto, hanno la responsabilità di promuovere una conversazione finalizzata alla ricerca di nuove forme di governo ma anche di coesistenza, appartenenza e cittadinanza.

Ed ecco che per la conversazione che sto iniziando, la questione del confine diventa fondamentale, dal punto di vista di quali entità costituiscono la realtà (ontologico) e dal punto di vista delle nostre convinzioni oltre che del nostro comportamento pratico (etico).

Il confine è infatti spazio identitario, è ciò che delimita, e dunque sancisce, un’appartenenza, stabilisce il limite dell’umano, distingue ciò che è umano da ciò che non lo è.

Il confine ha tuttavia anche un suo carattere proprio, infatti non ha funzione descrittiva, ma consiste nel compiere un'azione vera e propria (carattere performativo) insieme alla proprietà e la funzione di trasformare processi e il fenomeno stesso (carattere trasformativo).

Confine, dunque cum-finis, è minima unità linguistica avente un significato autonomo (lessema) ed ha un significato denso, infatti è cerniera, chiusura che al contempo mette in relazione: è soglia di passaggio e tragitto.

Questo processo deve divenire patrimonio di tutta l’umanità, primi tra tutti noi che assistiamo all’arrivo nel nostro paese delle persone che vengono da lontano, fenomeno che ci terrorizza al punto di farci rimanere paralizzati e quindi pronti ad affidarci, legati mani e piedi, a salvatori della patria che ci difendano da viaggiatori che invece noi percepiamo come invasori.

Questa allucinazione di massa che si circostanzia nel sentirci INVASI è la causa di tutte le conseguenze definite “sovranismo”. Per tornare ad essere UMANI possiamo solo CONVERSARE, in tutti i luoghi e in tutti i laghi, come diceva il poeta.

Io lo sto facendo qui.

Buona riflessione

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