Perchè la violenza estrema? Perchè togliere la vita ad una persona, ad una donna ...
Perchè la violenza estrema? Perchè togliere la vita ad una persona, ad una donna ...
GIORGIA SERUGHETTI ricercatrice in Filosofia politica all'Università di Milano-Bicocca che si occupa di genere, teoria politica e migrazioni, ha scritto un articolo pubblicato dal quotidiano DOMANI oggi 25 settembre 2023 che descrivendo il fenomeno degli omicidi di tantissime donne giunge alla conclusione CHE SIANO I PRESCELTI CHE HANNO IL POTERE ADA AVERE LA RESPONSABILITA’ E L’ONERE DI:
“Trasformare in profondità i rapporti di potere tra i generi, scardinare un sistema che opprime le donne a livello economico, sociale, politico, culturale, è senz'altro un compito più impegnativo rispetto a promulgare leggi che aggiungano o aumentino le pene.”
In definitiva la Prof.ssa Serughetti ritiene che sia IL POTERE, scrivendo LA POLITICA, a dover intervenire per mettere fine all’uccisione delle donne.
Sono andato a cercare alcune delle definizioni della politica che si trovano nella letteratura:
BOBBIO: insieme di attività che hanno in qualche modo come termine di riferimento la polis, cioè lo stato.
URBANI: processo complesso mediante il quale, in una qualsiasi comunità umana, si formano le decisioni imperative che la guidano.
PASQUINO: la politica è l'attività che riguarda l'acquisizione, l'organizzazione, la distribuzione e l'esercizio del potere nell'ambito di uno Stato, ovvero fra gli Stati. Il potere è politico quando le sue decisioni possono essere fatte valere nei riguardi di ciascun componente di una collettività anche con il ricorso alla forza (Pasquino 1995).
Scrivo subito di non essere d’accordo con la Prof.ssa Serughetti perché IL POTERE, ovvero la politica, ha raccolto le indicazioni che provenivano dalla società, e specificamente dalle donne che si erano nel frattempo organizzate POLITICAMENTE nei movimenti femministi, e ha votato delle leggi che NON SONO SERVITE né a estinguere e tanto meno a limitare gli omicidi delle donne che vengono chiamati FEMMINICIDI.
C’è di più: ad avere oggi IL POTERE è una donna, specificamente la Signora Giorgia Meloni e dall’altra parte oltre a degli uomini, voglio dire all’opposizione, c’è la Signora Elly Schlein e non mi pare che la loro azione quotidiana abbia estinto o limitato i FEMMINICIDI.
Lo psichiatra Massimo fagioli scriveva:
“A mio parere, a monte c’è un’idea precisa e cioè che il delitto, l’assassinio fa parte della natura umana. C’è la vecchia idea non vecchia, ancora attuale, che l’uomo è per natura violento, assassino e distruttore. Idea che nasce da questa mostruosa fusione tra il dogma del peccato originale per cui l’uomo nasce cattivo perché siamo tutti figli di Caino e l’idea greca che sotto la ragione, cioè il pensiero della veglia e della coscienza, c’è l’animale, la bestia. Bestia che durante l’Illuminismo è diventata pazzia, mentre prima era solo animalità, mancata realizzazione umana.”
Io invece parto dal presupposto che le emozioni sono fondamentali per l'evoluzione di tutti gli esseri viventi, perché definiscono il corso delle loro azioni: dove sono, dove vanno, dove cercano il cibo, dove si riproducono, dove allevano i loro piccoli, dove depongono le uova, ecc. Bene, con gli umani c'è esattamente la stessa cosa. L'emozione, il flusso delle emozioni, sta definendo il luogo in cui avverranno le cose che faranno nella vita.
Se una persona si muove, per esempio, per frustrazione, questo definirà continuamente lo spazio relazionale in cui si trova e il corso che avrà la sua vita. Se vive per fiducia, seguirà un corso diverso. Quindi ciò che guida il flusso della vita individuale sono le emozioni e anche nella costituzione evolutiva. È l’emozione che si mantiene da una generazione all'altra nell'apprendimento dei bambini.
La violenza estrema, togliere la vita a una persona non è una denuncia, è omicidio è FEMMINICIDIO.
La denuncia CHE POTREBBE SOTTENDERE AI FENOMENI VIOLENTI ha a che fare con la dichiarazione che siamo un Paese democratico, ma non democratico allo stesso tempo, ma non è il caso del FEMMINICIDIO.
Il detto "l'occasione fa l’uomo ladro" non è reale, non è vero, perché il ladro è colui che crea l’occasione, è il ladro a creare l'opportunità.
Dobbiamo guardare a noi stessi e criticare la nostra mancanza di profondità e il nostro vuoto quando si tratta di pensare al modo in cui viviamo, qualcosa che non possiamo permetterci dio smettere di indagare.
Dobbiamo guardare a noi stessi e criticare la nostra ipocrisia quando parliamo di empatia, di compassione e interesse per gli altri, quando cerchiamo di imporre l’obiettività come un modo di forzare.
Voglio dire che la violenza presente nella nostra cultura e che si manifesta in tutto e non solo nel femminicidio, ha la funzione di sottomettere chi continua ad andare per la sua strada, sottomettere chi è libero, autonomo. E la violenza giunge all’atto estremo dell’omicidio o del femminicidio, quando la persona sia esso un maschio o una femmina, NON SI DECIDE A SOTTOMETTERSI.
È tutto qui?
Si è tutto qui!
Le leggi non riescono a proteggere chi vuole essere LIBERO o LIBERA! Se ne faccia una ragione la prof.ssa Serughetti. L’omicidio è una conseguenza della nostra cultura patriarcale della competizione. Non ha nulla a che fare con la nostra biologia.
Concluso con le bellissime parole dello Psichiatra Massimo Fagioli, che disse durante un incontro pubblico all’’università La Sapienza: “L’uomo nuovo che ammira e rispetta, accetta la donna creativa senza diventare religioso deve derivare dalla donna stessa; è la donna che mette al mondo (non in senso biologico) un uomo nuovo che riesce ad accettare la possibilità della donna di essere creativa. Se questo riuscissimo prima a pensarlo e poi a farlo, allora forse riusciremo anche a trovare la soluzione a certi disturbi …se la donna riesce a realizzare la sua identità e se l’uomo rispetta e aiuta la sua identità probabilmente la nascita degli esseri umani e il primo anno di vita può sviluppare un uomo diverso”.
Buona riflessione
IL COMMENTO "Femminicidio" in una parola, un fatto politico
GIORGIA SERUGHETTI filosofa
Ancora un femminicidio..»: quanto spesso ci capita di ascoltare queste parole in apertura di servizi del telegiornale? Troppo. Per la precisione almeno una volta ogni tre giorni. Questi sono I numeri, quando parliamo di donne uccise in ambito familiare da mariti. compagni o ex, padri, fratelli, parenti. E una lunga scia di sangue quella segnata dalla cronaca, in particolare in questa estate atroce in cui a perdere la vita, per mano di uomini incapaci di accoglierne e rispettarne la libertà, sono state anche ragazze minorenni o giovanissime. La parola femminicidio ", usata con macabra frequenza, è arrivata così ad abitare il nostro linguaggio quotidiano. Ed è avvenuto. questo, dopo anni di attivismo dei movimenti delle donne per cambiare la narrazione della violenza, per sostituire locuzioni come "delitto passionale", "raptus di follia" o "dramma della gelosia" con un termine capace di indicare, insieme al genere della vittima. anche la motivazione segnalando tutti i casi in cui le donne sono uccise in quanto donne". Come spesso accade però, la diffusione del termine rischia di semplificarne o banalizzarne il significato. Può essere utile allora andare a riscoprirne la storia e la complessità, perché dalle parole passa la possibilità di una lettura più adeguata del fenomeno, e di misure di prevenzione e contrasto all'altezza della sua gravità. La prima radice da riscoprire è quella che porta all'uso del termine femicie — femmicidlo — da parte del femminismo statunitense, fin dagli anni Settanta. In ambito criminologico, è stata Diana H. Russell la prima a usarlo, denunciando come l'uccisione di donne si radichi in una cultura sessista che propaga, promuove, giustifica, legittima la loro disumanizzazione in questo senso, l'autrice ha potuto parlare di una «politica» dell'ammazzare le donne. E il richiamo alla dimensione politica sembra ancora oggi prezioso, per contrastare la tendenza a derubricare questo tipo di violenza come un problema privato, estraneo al campo di interessi dell'azione pubblica. In realtà, tale è il peso dell'inazione, delle mancanze, degli errori commessi dagli attori che dovrebbero concorrere a prevenire la violenza e a evitarne gli esiti fatali che si può considerare ogni femminicidio come un fatto politico. L'altra radice di questo termine rimanda allo spagnolo feminicidia un concetto che ricomprende un'ampia gamma di comportamenti, che costituiscono altrettante forme di violenza esercitate sulle donne allo scopo di annientarne la soggettività sul piano psicologico, simbolico. economico e sociale. Ad averne promosso l'uso a livello mondiale sono stati soprattutto I movimenti femministi dell'America centrale e del sud. Per Marcela lagarde, antropologa messicana, si tratta di portare l'attenzione sulle numerose e diverse violazioni dei diritti delle donne commesse in ambito pubblico e privato —violenza fisica, psicologica sessuale, educativa, economica, patrimoniale, familiare, comunitaria, istituzionale — che, ponendo la donna in una condizione indifesa e di rischio, possono culminare con l'uccisione o il tentativo di uccisione della donna stessa, o in altre forme di morte violenta di donne e bambine». Adottando il termine "femminicidio". quindi, cogliamo il carattere non isolato, non episodico, dell'atto omicida, ma il suo radicamento all'interno di pratiche sociali misogine. Cogliamo, altresì, la dimensione collettiva per la responsabilità per il loro perpetuarsi. Si intende che la responsabilità penale è sempre individuale. Ma quando impariamo a leggere l'uccisione di una donna per motivi di genere come l'esito dl una storia di discriminazioni, come il prodotto di un ordine sociale e simbolico che costringe metà della popolazione in una posizione di subordinazione, allora diventa chiaro quanto insufficiente possa rivelarsi un'azione orientata solo ad assicurare alla giustizia gli autori degli atti di violenza estrema. Che è invece la risposta che tipicamente offre la politica, in particolare quella della destra law and order. Trasformare in profondità i rapporti di potere tra i generi, scardinare un sistema che opprime le donne a livello economico, sociale, politico, culturale, è senz'altro un compito più impegnativo rispetto a promulgare leggi che aggiungano o aumentino le pene. Ma se si vuole prendere sul serio la lettura del fenomeno che le parole femmicidio" e "femminicidio" portano con sé, non ci sono scorciatoie possibili.
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